I cancellati: discriminazione continua

18 mila persone alle quali sono stati tolti, nel 1992, i diritti di cittadinanza. Qualcuno si è spinto sino a definirla ‘pulizia etnica amministrativa’. Ed ora il governo sloveno pensa ad una legge costituzionale che di fatto neutralizzerebbe la possibilità di arrivare ad una soluzione non discriminatoria nei confronti di questi cittadini fantasma

21/12/2005, Franco Juri - Capodistria

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Cancellati, una manifestazione

Mentre Amnesty International e la Commissione lavoro e cultura dell’ONU lanciano un appello al governo sloveno e all’Unione Europea a favore dei diritti dei "cancellati" e del rispetto delle sentenze emesse in merito dalla Corte costituzionale slovena, Lubiana annuncia a sua volta una legge costituzionale che – se approvata – le neutralizzerà chiudendo di fatto la porta ad una soluzione non discriminatoria per le oltre 18 mila vittime della cancellazione dai registri dei residenti stabili avvenuta arbitrariamente e a loro insaputa nel 1992.

L’ annuncio è stato fatto dal governo la settimana scorsa ma il contenuto della legge, già inoltrata in parlamento, rimane per ora riservato. La legge sarà costituzionale e quindi per essere approvata avrà bisogno della maggioranza qualificata, pari a 60 voti sui 90 che compongono la camera di stato. Per il governo è una sfida che vale comunque la candela, visto che solamente con una legge costituzionale potranno essere evitati e quindi ridefiniti gli obblighi legali derivanti da due sentenze della Corte costituzionale che nel 1999 e nel 2003 avevano avallato il diritto di tutti i cancellati a veder regolarizzato il loro status con effetto retroattivo.

Il governo Janša conta su una maggioranza parlamentare di 49 seggi, ma il Partito nazionale sloveno (SNS) dell’ ultranazionalista Zmago Jelinčič, formalmente all’opposizione ma di fatto sostenitore del governo, e che dispone di 6 seggi, ha già annunciato il suo pieno appoggio alla legge. I mancanti 5 voti verranno cercati tra le file delle due minoranze (italiana e ungherese) nonchè tra i "pragmatici" dell’opposizione.

Il leader del Partito socialdemocratico (SD) Borut Pahor ha lasciato intendere a più riprese di essere disponibile ad un dialogo con il governo anche sul tema dei cancellati. Fu Pahor infatti tra i primi a sostenere pubblicamente alcune delle tesi discriminatorie governative e la sua tentazione di allearsi al leader della destra è molto forte. Janša conta quindi nell’aiuto del leader socialdemocratico, attualmente eurodeputato, per trovare qualche voto tra le file del suo gruppo parlamentare dove però finora ha prevalso un atteggiamento solidale con i cancellati.

Se la maggiornaza qualificata non fosse raggiungibile la legge semplicemente non si farebbe mentre i cancellati rimarrebbero comunque alla mercé della burocrazia e delle polizia.

Per quanto trapelato fino ad ora si sa che la legge costituzionale minimalizza drasticamente i doveri dell’amministrazione nei confronti dei cancellati, riconoscendo solo degli »[]i burocratici« individuali e quindi un generico diritto di ogni singolo interessato ad inoltrare domanda per il riconoscimento del proprio status. Caso per caso quindi, verificato dagli organi competenti del Ministero degli interni, ma con dei limiti decisivi. La regolarizzazione viene riconosciuta solo a coloro che già inoltrarono, dopo l’indipendenza, richiesta formale per il diritto di residenza ma che per vari motivi "formali" non ottennero alcuna risposta. Da questo diritto vengono esclusi automaticamente tutti coloro che furono impiegati o operarono nel quadro dell’ esercito federale jugoslavo e quanti, per diversi motivi, primo fra tutti la totale mancanza di informazione, non avanzarono richiesta formale per il mantenimento della residenza.

Il risarcimento a chi ottenesse i diritti tolti nel 1992 viene limitato a 200 mila talleri (8 mila euro). In pratica la nuova legge rappresenterebbe un annullamento in pieno delle decisioni dei giudici costituzionali che avevano constatato l’illegalità e l’arbitrio dell’atto con cui più di 18 mila jugoslavi residenti o persone non nate in Slovenia vennero cancellati dai registri di residenza perdendo ogni diritto sociale.

In effetti si trattò di una cancellazione di massa discriminatoria, avvenuta da un giorno all’altro in gran segreto, che alcuni definiscono persino come "pulizia etnica amministrativa". La risposta del governo è ora burocratica, individuale e altrettanto discriminatoria.

In merito alla questione Amnesty International ha di recente informato la commissione per le questioni sociali, lavorative e culturali dell’ONU, che a sua volta ha fatto appello ad una rapida e giusta soluzione a favore dei cancellati. Una lettera in tal senso è stata inviata da AI anche al presidente della Commissione Europea Jose Barroso e al commissario europeo Franco Frattini.
Ma come ormai di prassi anche questa volta da Bruxelles non ci sono state reazioni. Il governo Janša perciò non si scompone, convinto che dal versante europeo- tantomeno da quello conservatore – sul tema dei cancellati non ci saranno obiezioni. Probabilmente ha ragione.

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