I bulgari, un popolo in estinzione?

E’ sceso in campo addirittura il Presidente Parvanov. I ‘bulgari etnici’ farebbero pochi figli. Per alcuni a rischio la crescita economica, altri paventano invece l’avanzata inarrestabile della comunità turca e rom. In Bulgaria angoscia demografica

14/02/2006, Francesco Martino - Sofia

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I Bulgari diventano ogni anno di meno a causa di bassa natalità, alta mortalità e forte migrazione all’estero. Ultimamente alcune stime si sono spinte a delineare il pericolo che, in qualche decennio, i "bulgari etnici" potrebbero diventare una minoranza nel loro stesso paese, sopravanzati dalla minoranza turca e soprattutto da quella rom, i cui alti tassi di natalità vengono avvertiti da molti come una latente minaccia all’integrità dello stato.

Ad inizio gennaio il Presidente della Repubblica Georgi Parvanov ha convocato le principali cariche istituzionali del paese ad una riunione del Comitato Consultivo sulla Sicurezza Nazionale, dedicata interamente al tema.

"I dati sulla crisi demografica nel nostro paese sono molto più preoccupanti di quelli relativi ad altri paesi europei, e tale processo di crisi ha assunto ormai le vesti di un vero problema per la nostra sicurezza nazionale", ha dichiarato Parvanov all’apertura della riunione, aggiungendo poi che "la formulazione di una strategia demografica non può essere lasciata solo agli esperti, ma deve diventare oggetto di un’ampia discussione politica".

Alla fine della riunione il Presidente ha annunciato "una serie di misure urgenti", insistendo sul miglioramento delle condizioni sanitarie, sull’importanza del processo di istruzione e dando il via ai lavori per una strategia demografica a lungo termine, da preparare entro la fine dell’anno.

Ma i bulgari sono davvero un popolo in estinzione? La discussione è aperta, e non tutti sembrano essere preoccupati dalle catastrofiche previsioni che hanno riempito le pagine dei giornali.

Alcuni dati

Tre sono le principali cause della diminuzione della popolazione bulgara, che dal 1990 al 2004 è diminuita di 910mila unità, arrivando a contare oggi circa 7 milioni 700mila abitanti.

La prima è un accentuato calo del tasso di natalità. Dai 25,2 bambini ogni mille abitanti del 1950, siamo arrivati oggi a 9,6. Gli anni tra il 1989 e il 1997 hanno segnato un vero tracollo del numero di figli per donna, passato da 1,87 a 1,12. Questo dato non è però valido per tutte le comunità del paese. Se il numero di figli è diminuito gradualmente anche per le famiglie turche e quelle rom, questo rimane comunque nettamente più alto rispetto a quello dei "bulgari etnici".

La seconda causa risiede nella crescita del tasso di mortalità, che nel 2004 è arrivato a 14,2 decessi ogni mille abitanti, risultato che in Europa è superato soltanto dalle repubbliche ex-sovietiche. Oltre che all’invecchiamento della popolazione, questo è dovuto anche ad un preoccupante tasso di mortalità infantile, nettamente superiore a quello medio europeo.

L’ultima causa è da ricercare nel flusso migratorio che, dalla fine del regime comunista, ha portato quasi 700mila bulgari, tra cui moltissimi giovani con alto livello di istruzione, a lasciare il proprio paese in cerca di condizioni di vita migliori.

Secondo il rapporto 2004 dell’UNDP, l’Agenzia per lo sviluppo delle Nazioni Unite, "la Bulgaria è uno degli stati dell’Europa orientale con un evidente declino demografico".

Pareri contro

Se i dati sono condivisi, la loro interpretazione è invece soggetta ad interpretazioni anche molto contrastanti.

"Nel 2050, se non facciamo qualcosa per fermare questa tendenza, ci sarà un giovane ogni quattro anziani" ha dichiarato al quotidiano "Standart" il sociologo Mihail Mirchev, membro del neonato Consiglio consultivo per le questioni demografiche. "Diventiamo troppo pochi" ha aggiunto Mirchev, "e questa situazione porterà la nazione ad una crisi profonda e irreversibile".

Secondo i pessimisti, il calo della popolazione porterà alla crisi economica, visto che la popolazione in età lavorativa, numericamente ridotta e oberata dal peso delle vecchie generazioni, non sarà in grado di reggere la competizione mondiale.

C’è chi invece legge il cambiamento della struttura demografica del paese come un normale processo legato allo sviluppo economico e sociale, carico non solo di pericoli ma anche di sensibili miglioramenti nello standard di vita

"Non esiste nessuna crisi demografica, questo si chiama progresso", scrive in un lungo editoriale Svetla Kostadinova, membro dell’"Istituto per l’economia di mercato" . Secondo la Kostadinova il fenomeno della migrazione ormai si è ridotto, mentre le rimesse degli emigranti rappresentano un flusso di capitali verso il paese inferiore soltanto agli investimenti esteri diretti.

I catastrofisti, continua la Kostadinova, dimenticano che l’invecchiamento della popolazione è dovuto ad un processo positivo, l’allungamento della vita, e che alla base della diminuzione delle nascite c’è sia l’aumento dei giovani che studiano fino alla laurea che della percentuale delle donne nella popolazione lavorativa.

Una piccola nazione zigana?

Spesso, ai commenti angosciati sulla scomparsa dei bulgari, si sovrappongono i gridi d’allarme sull’avanzata numerica di turchi e rom. "Entro la metà del secolo", scrive Anton Ivanov sulla rivista "Geopolitica" "la comunità rom raggiungerà probabilmente il 30% della popolazione. Essendo una comunità che storicamente sopravvive offrendo servizi alla componente maggioritaria, questa sproporzione comporterà difficoltà sia ai bulgari che agli stessi rom".

Il pericolo è quello di diventare una "piccola nazione zigana", marginale e lontana dagli standard europei. " In molti centri la minoranza rom è già divenuta maggioranza", afferma ancora Mirchev, " e al posto di quartieri rom, nascono villaggi rom. Chiunque viaggi per la Bulgaria può rendersene conto facilmente".

Da alcune formazioni politiche, come i nazionalisti di Ataka, viene agitato lo spettro del Kosovo, come esempio di una "guerra demografica" che porta alla scomparsa di chi viene sopraffatto numericamente.

Questi allarmi, secondo il professor Atanas Atanasov, principale autore della "Strategia per lo sviluppo demografico della Bulgaria 2006-2020" pubblicata a inizio anno, sono però per lo meno eccessivi, specie nel breve-medio periodo.

Se è vero che i rom e i turchi fanno più figli dei bulgari, sostiene Atanasov, queste minoranze partono da una base numerica molto più piccola. Oggi, ogni cento nati in Bulgaria, il 74% sono piccoli bulgari, e la natalità è in diminuzione anche tra le comunità di minoranza.

C’è, infine, chi sostiene che Parvanov sia stato spinto a prendere l’iniziativa più per motivi elettorali che strategici. Dopo essersi assicurato il voto della minoranza turca alle prossime presidenziali, grazie all’appoggio al governo tripartito di cui uno dei cardini è il Movimento per le Libertà e i Diritti, Parvanov avrebbe deciso passare all’attacco sui temi "nazionali", per sottrarre voti proprio al leader di Ataka Volen Siderov, che fino ad oggi è l’unico ad aver accettato formalmente la sfida alla carica presidenziale.

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