I Balcani Occidentali a corto di democrazia

Secondo gli autori di un recente studio le democrazie dei Balcani sarebbero vittime della “stabilocrazia”. E l’Unione europea non può permettersi lo status quo e deve cambiare atteggiamento

06/04/2017, Cecilia Borrini -

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In centro a Belgrado - Jovan Marković/flickr

Nell’ultimo decennio il percorso verso la democrazia dei paesi dei Balcani Occidentali ha subito una forte ricaduta. Lo dicono indici internazionali come Bertelsmann Trasformation Index e l’Economist Democracy Index, secondo i quali nessun paese balcanico ha ottenuto il riconoscimento di democrazia stabile, fallendo dunque ancora a emanciparsi dalle categorie di "regime ibrido" e "democrazia imperfetta". A fronte di questo, il Balkans in Europe Policy Advisory Group (BiEPAG) propone ora un policy paper dal titolo "La crisi della democrazia nei Balcani occidentali. Autoritarismo e le stabilocrazia dell’UE".

Gli indici internazionali dediti alla misurazione della democrazia tengono principalmente conto di elementi di carattere puramente istituzionale e legale ma per comprendere al meglio lo stato della democrazia dei paesi dei Balcani – secondo gli autori dello studio – è necessario includere altri elementi di eguale rilevanza, vale a dire le pratiche politiche a stampo autocratico ed informale. Molti leader politici dei Balcani si muovono infatti all’interno di una fitta rete di interessi sostenuta da un sistema politico dominato dai partiti politici, forti poteri informali, reti clientelistiche e pratiche di controllo dei media. L’impatto di queste pratiche politiche sul livello di qualità della democrazia è profondamente negativo. Non a caso, secondo il Freedom House – Nations in Transit Report, i Balcani sono retrocessi a una situazione politica paragonabile a quella del 2004 o addirittura alcuni paesi non hanno registrato particolari progressi da allora.   

Responsabilità, per questa situazione di stallo, sono da imputarsi anche all’Unione Europea. Secondo gli autori del paper l’Ue, nonostante l’impegno preso al Summit Europeo di Salonicco del 2003 di avviare in modo decisivo un processo di allargamento verso i Balcani, si è lentamente allontanata dalla regione dando più attenzione ai contraccolpi della crisi economica avviatasi nel 2008 e alle sue molteplici crisi interne. Quello che ne è risultato è che non si è creata una relazione evidente tra processo di integrazione europea e processo di democratizzazione interna. La si dava per scontata date le promesse di stabilità e prosperità legate al percorso di riforme politiche necessarie per l’entrata nell’UE.

La democrazia nei Balcani è dunque caduta in una trappola. Nell’analisi del BiEPAG vengono identificati due particolari fattori interni di carattere istituzionale e personale che hanno concorso alla crisi della democrazia: l’incapacità delle istituzioni di consolidare la loro indipendenza e stabilità e l’arroganza del potere autocratico incarnato da figure che dominano la scena politica della regione. La discussione si allarga poi ad un piano geopolitico di più ampio respiro, in cui vengono osservate dinamiche di influenza politica che a loro modo contribuiscono a minare la democrazia nei Balcani. Negli ultimi anni, Russia e Turchia hanno rafforzato la loro influenza nella regione approfittando della debolezza dell’UE e con esse hanno portato un modello di autocrazia all’interno della quale sopravvivono istituzioni semi-democratiche, a cui si sono ispirati diversi autocrati dei Balcani. Di recente inoltre, si è aggiunto un ulteriore fenomeno di carattere geopolitico che ha influenzato profondamente la politica dell’area balcanica: l’attraversamento dei profughi della cosiddetta rotta balcanica, un fenomeno prontamente preso a pretesto dalle leadership balcaniche per spostare l’interesse politico altrove e rivendicare il proprio ruolo decisivo nel mantenimento della stabilità nella regione e in Europa.

Nell’analisi emerge infine un concetto che ben riassume, per gli autori, la situazione politica della regione: quello di "stabilocrazia". Un concetto che sta ad indicare la presenza di “democrazie deboli guidate da leader autocratici, che governano attraverso reti informali clientelistiche e rivendicano di offrire una stabilità regionale a favore dell’Occidente”.

Nel paper poi si rilevano i possibili rischi derivanti dal mantenimento dell’attuale status quo. Un primo rischio riguarda la possibile instabilità istituzionale legata al consolidamento dei poteri autocratici che, d’altra parte, non trova una soluzione nella deposizione di questi ultimi in quanto questo potrebbe generare ulteriore instabilità. Un secondo rischio riguarda le dinamiche geopolitiche di influenza nella regione da parte di attori esterni al processo di integrazione europea, i quali potrebbero contribuire all’innalzamento di tensioni regionali tra i paesi dei Balcani. Si pone poi l’accento sulla rinnovata minaccia di conflitto etnico come strumento per distrarre i cittadini e le cittadine dalla gestione autocratica del potere politico. Infine, come ultimo punto, viene sottolineato come l’Unione Europea rischia di perdere definitivamente credibilità e supporto nella regione, se questa situazione di stallo continuerà a prolungarsi nel tempo.

Nonostante ciò, viene puntualizzato come i cittadini e le cittadine dei paesi dei Balcani Occidentali guardano ancora all’UE come unica opzione possibile, anche se le speranze per un ingresso si vanno via via riducendo mentre aumenta un profondo sentimento di sfiducia nei confronti dei propri governi e istituzioni. Per questo gli autori sostengono la necessità della creazione di uno spazio politico alternativo organizzato da nuovi partiti politici o da movimenti sociali.

A fronte di questa situazione in cui autoritarismo e politica della stabilità si intrecciano tra loro viene raccomandata una più radicata azione di monitoraggio da parte dell’UE che consista nella produzione di report annuali sullo stato della democrazia e sullo stato di diritto nei paesi balcanici, sull’identificazione dei processi informali di gestione della politica, che comporti un sostegno alle forze democratiche attive nella società e una maggiore trasparenza del processo di integrazione. Inoltre si richiede maggiore rigidità nella valutazione dei criteri relativi alla democrazia e allo stato di diritto come condizioni necessarie all’entrata nell’UE. Trasformazioni essenziali che vengono considerate possibili solo se verranno aperti il più presto possibile per tutti i paesi dei Balcani Occidentali il Capitolo 23 su Sistema Giudiziario e Diritti Fondamentali e il Capitolo 24 su Giustizia, Libertà e Sicurezza.

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