I Balcani nella Giornata mondiale contro l’omofobia

Il 17 maggio del 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità cancellava l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali. In ricordo di quel giorno, dal 2007, l’Unione europea celebra la Giornata contro l’omofobia e la transfobia. Un’occasione per una panoramica sulla situazione nei Balcani

17/05/2012, Nicole Corritore -

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Gay Pride (Guillaume Paumier - Flickr)

"Ho chiesto il visto per emigrare in Canada, l’ho fatto un anno fa… forse è stato dopo l’ultima volta che mi hanno picchiato per strada o quando mi hanno impedito di presentare il mio spettacolo teatrale. (…) Perché non te l’ho detto? Perché tu non sei il "patetico finocchio" ridotto a fare il regista di matrimoni anziché di teatro! Ho la nausea… ho cominciato a odiare la terra in cui sono nato. Perché non posso camminare per strada, nemmeno un giorno, libero e orgoglioso!" (da Parada, film di Srđan Dragojević, 2011)

Oggi ricorre la Giornata contro l’omofobia e la transfobia – più conosciuta con l’acronimo IDAHO International Day Against Homophobia and Transphobia – promossa dal 2007 dall’Unione europea. La data corrisponde al giorno in cui, nel 1990, l’Organizzazione mondiale della sanità cancellava l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali del DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), strumento di diagnosi dei disturbi mentali in uso in tutto il mondo pubblicato negli anni ’50 dall’American Psychiatric Association (APA).

Il tema dell’omofobia nei Balcani viene affrontato nel film di Dragojević, uscito nelle sale l’anno scorso, riuscendo attraverso una tragicommedia a portare nei Balcani il suo messaggio in difesa dei diritti umani e specificatamente della popolazione LGBT. Un’iniziativa culturale che va nella direzione dei tentativi di cambiamento in corso nei Balcani, che presentano significative differenze da un Paese all’altro.

Serbia

In Serbia la situazione non è molto cambiata dal (mancato) Gay Pride del 5 ottobre 2011, vietato dal governo dopo che secondo le prove raccolte vi era il grave rischio di incidenti preparati dall’estrema destra. Le autorità hanno per lo meno dimostrato di recente di voler fare qualche passo avanti. Il Servizio per i diritti umani e i diritti delle minoranze presso il ministero per i Diritti umani, minoranze e autonomie locali ha deciso poche settimane fa di avviare i lavori per la redazione della Strategia nazionale per la lotta alle discriminazioni (NSBPD – Nacionalne strategije za borbu protiv diskriminacije).

Le associazioni serbe, come la rete GSA (Gej strejt alijansa), hanno accolto con molto favore l’iniziativa che prevede il diretto coinvolgimento della società civile serba nei diversi tavoli di discussione che il Servizio ha in programma di organizzare. La Strategia nazionale si occuperà di stilare programma di priorità, modalità di intervento e soluzione dei problemi esistenti sul piano della discriminazione di diverse fasce della popolazione, dunque non solo LGBT: donne, bambini, anziani, persone diversamente abili, migranti, persone appartenenti a minoranze nazionali o religiose.

Croazia

In Croazia il primo Gay Pride della città di Spalato, tenutosi l’anno scorso sotto lo slogan “Diverse famiglie, uguali diritti”, viene interrotto a causa delle violenze contro i manifestanti. Più di cento gli arrestati, diversi i feriti – anche tra i giornalisti – e la denuncia da parte degli organizzatori nei confronti della Polizia, accusata di non aver protetto i manifestanti.

Dopo qualche giorno, in occasione della decima edizione del Gay Pride di Zagabria, il presidente Ivo Josipović aveva fatto importanti dichiarazioni: “In questi brutti, terribili eventi accaduti a Spalato, non si tratta della questione se qualcuno ha questo o quell’altro orientamento, se ha queste o quelle preferenze, bensì se rispetta e se riconosce la libertà di quell’altro ad esprimere la sua essenza, la sua appartenenza, la sua opinione”. Probabile che Josipović fosse preoccupato che in Europa, dove da poco la Commissione aveva dato parere favorevole all’ingresso della Croazia in Ue nel 2013, si sollevasse il malcontento.

In effetti qualcosa è accaduto. L’ambasciatrice olandese in Croazia aveva dichiarato che avrebbe immediatamento chiesto il monitoraggio dei processi di riforma in corso in Croazia, vista la violazione di diritti umani fondamentali a cui si era assistito a Spalato. Una valutazione della condizione della popolazione LGBT in Croazia, promossa dalla European Union Fundamental Rights Agency, è in corso da aprile. La Croazia è infatti stata inserita nella prima grande ricerca europea sulla comunità LGBT, che prevede la raccolta dei dati via questionario anonimo compilabile on-line in croato o inglese, con il sostegno della societa civile croata che fa opera di battage informativo.

Bosnia Erzegovina

Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina, emblematica la manifestazione organizzata lo scorso 23 aprile presso la Facoltà di Filosofia di Sarajevo: un centinaio di studenti si sono incerottati la bocca e hanno manifestato nei corridoi dell’università come forma di denuncia di un fatto avvenuto quattro giorni prima, considerato discriminatorio nei confronti degli omosessuali.

Il Dipartimento per le trasfusioni della Bosnia Erzegovina (BiH) aveva organizzato una campagna di raccolta sangue presso gli studenti di Filosofia, ai quali era stato distribuito un formulario in cui venivano indicate le persone che non potevano donare. Tra queste “persone che hanno contatti sessuali, occasionali o abituali, con omosessuali. La reazione immediata di una studentessa alla discriminazione delle persone LGBTIQ contenuta in quel formulario, ha portato ad una manifestazione che ha raccolto anche la solidarietà di alcuni docenti e l’attenzione dei media.

Nella società bosniaca la “questione omosessuale” è un tema che non coglie ancora il favore del dibattito nell’opinione pubblica. Il film Parada ha raccolto grandi apprezzamenti nelle sale di Sarajevo mentre altrove, come ad esempio a Bihac, è stato accolto da un pubblico machista e omofobo.

Albania

Nel 2009 il tema dei diritti delle persone LGBT è stato al centro dell’annuncio del premier Berisha, durante una riunione del Consiglio dei ministri, di una proposta di legge per il riconoscimento dei matrimoni tra coppie omosessuali. La riunione era dedicata alle strategie per l’eliminazione delle discriminazioni nei confronti di diversi gruppi di cittadini e Berisha aveva sollevato scalpore per aver parlato delle minoranze sessuali, solitamente per nulla considerate.

E’ stato in grado di rispondere alle critiche, appellandosi all’inacettabilità della discriminazione degli omosessuali e la necessità di tutelare un diritto fondamentale riconosciuto in molti Paesi Ue, ma il progetto di legge non ha avuto seguito. Nel 2010 è stata per lo meno varata una legge che vieta le discriminazioni degli orientamenti sessuali.

Il mondo LGBT in Albania ha fatto i suoi primi passi di emancipazione, sebbene la situazione sia ancora tra le più difficili nei Paesi del sud est Europa non solo per la popolazione LGBT. La comunità LGBT non è ancora presente nella vita pubblica albanese e sono pochi gli individui che hanno dichiarato la propria identità sessuale in pubblico.

Nelle settimane scorse era stato annunciato per oggi a Tirana, da diverse associazioni della comunità LGBT, il primo Gay Pride della storia dell’Albania. Ma il rischio di possibili violenze contro i manifestanti – come dichiarato da alcuni politici, tra il quali il viceministro alla Difesa Ekrem Spahiu – ha spinto alla cancellazione del corteo e all’organizzazione di alcune attività collegate alla Giornata contro l’omofobia.

Slovenia

Riguardo la Slovenia, finora unico Paese entrato in Ue, è recente l’esito negativo del referendum popolare sulla riforma del codice di famiglia, che prevedeva tra l’altro alcune proposte a tutela dei diritti dei cittadini LGBT. L’elaborazione del nuovo testo era stato avviato nel 2009 dal ministro per il Lavoro e la famiglia Ivan Svetlik, dopo alcuni episodi di omofobia accaduti in Slovenia.

La prima proposta di legge concedeva alla comunità LGBT il diritto al matrimonio e la possibilità di adottare dei minori. La proposta ha fatto insorgere la Chiesa, i partiti di centrodestra e la componente più tradizionalista della società. Così, dopo un dibattito pubblico tutt’altro che pacato, il testo è stato rivisitato in più parti, come ad esempio la cancellazione della parola "matrimonio" dalle unioni omosessuali. Ma ciò non è servito a evitare il referendum che ha bocciato la riforma.

Macedonia

In Macedonia nulla di particolarmente nuovo se non la presentazione pubblica, lo scorso 24 aprile a Skopje del terzo Report on Status of Sexual and Health Rights of Marginalized Community, relativo alla situazione monitorata nel 2011, redatto dalla Coalition for Sexual and Health Rights of Marginalized Community. In apertura di conferenza, Žarko Trajanovski, ricercatore, blogger, editorialista e attivista ha parlato della bozza della Legge contro la discriminazione. Il punto più importante è che la "libertà sessuale" è stata tolta dalla lista delle categorie discriminate, omissione segnalata anche dalla Commissione europea nel Progress Report on Macedonia dell’anno scorso.

Durante l’incontro pubblico, sono stati riportati vari esempi di violazioni di diritti e libertà delle comunità marginalizzate, tra i quali il caso della violenza subita da una persona trasngender che aveva deciso di sottoporsi a operazione chirurgica, ma anche casi specifici di incremento dell’omofobia rivelati sui media locali.

La Macedonia risulta essere fanalino di coda dei Paesi del sud est Europa  – rispetto alla situazione legale e alle pratiche amministrative che riguardano cittadini e cittadine lesbiche, gay, bisessuali e trans – nella mappa "Rainbow Europe" redatta da ILGA Europe (European Region of the International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans e Intersex Association) in collaborazione con Transgender Europe. Nella cartina, i cui dati emergono dall’intreccio di diversi indicatori, viene assegnato un voto tra +17 e -7 a ciascuno stato del continente europeo. La Macedonia viene valutata con voto negativo (-2), un po’ meglio Kosovo e Bosnia Erzegovina (+1) ai quali seguono Serbia e Montenegro (+ 2), mentre risultano nettamente superiori Slovenia (+5) e Croazia (+6).

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