I Balcani al Festival del cinema di Berlino
I Balcani si sono distinti ancora una volta al 58° Festival del cinema di Berlino. Orso d’oro per il cortometraggio del romeno Bogdan Mustaţă. Molto apprezzati i film serbi, turchi e macedoni
Anche senza film nel concorso principale, l’area balcanica si è distinta ancora una volta al 58° Festival del cinema di Berlino. Il rumeno "O zi bună de plajă" di Bogdan Mustaţă ha vinto l’Orso d’oro tra i cortometraggi e film serbi, turchi e macedoni sono stati tra i più convincenti della sezione "Panorama". Assente invece il Caucaso, se si esclude un corto georgiano.
Tra i film migliori del festival "Chiko" del ventottenne turco tedesco Ozgur Yildirim alla sua opera prima. Una storia di ambizione, soldi, malavita, droga, amicizia e tradimento. Una tragedia prodotta da Fatih Akin che ha tanto dello Scorsese dei primi film. Chiko è un giovane di Amburgo che cerca di ritagliarsi uno spazio nel mercato degli stupefacenti e, con gli amici Tubet e Curly, cerca di avvicinare il boss Brownie (l’attore Moritz Bleibtreu, visto ne "Le particelle elementari" e "La masseria delle allodole") che si nasconde dietro l’attività di produttore discografico. Conquistata, con una bella dose di arroganza, la fiducia del capo, Chiko comincia a guadagnare e a vedere avvicinare i suoi sogni: una Mercedes bianca, una moto, le belle ragazze, il potere… Ma Tubet si tiene dei soldi per sé e, quando Brownie lo scopre, Chiko deve decidere tra la fedeltà all’amico e quella al boss. Deciderà per la seconda iniziando una difesa agli inferi dalla quale non si salva nessuno.
Bello anche il serbo "Amore e altri crimini" dell’esordiente, ma già Orso d’oro 2003 per il suo corto "(A)torzija" (con sceneggiatura di Abdulah Sidran), Stefan Arsenijevic. Novi Beograd oggi, tante storie che si incrociano. Una donna (Anica Dobra) che vuole emigrare, un giovane (Vuk Kostic) che vive alla finestra di fronte ed è innamorato di lei fin da quando era adolescente, una ragazza che tenta di buttarsi dal tetto e la sfida tra due piccoli boss di quartiere. Un film che conferma la vitalità del nuovo cinema serbo ("Klopka – La tappola" era tra i nove nominati all’Oscar) e traccia un quadro pieno di contraddizioni ma in movimento del Paese.
Poca speranza in "Ja sum od Titov Veles" di Teona Strugar Mitevska. La regista macedone già molto premiata per il suo esordio "How I Killed the Saint" realizza un’opera migliore della precedente. Tre giovani sorelle a Veles, città industriale della Macedonia dove ora sono rimasti solo i fantasmi dei grandi insediamenti di epoca titina. La minore, Afrodita (Labina Mitevska), la narratrice, è muta dopo la morte dei genitori e parla solo nei sogni. Sapho vuole emigrare a cercare una vita migliore. Slavica, la maggiore, è drogata, lavora in fabbrica e vorrebbe sposarsi. Quando sembra che tutte e tre stiano svoltando in meglio, ecco la tragedia.
Nel Forum, dove era presente pure il turco "Summer Book" di Seyfi Teoman e il greco "Diorthosi – Correction" di Thanos Anaasstpoulos, ha suscitato interesse "Corridor #8 – Corridoio 8" documentario di Boris Despodov. Un "non road movie" da Burgas (Bulgaria) a Durazzo (Albania), lungo la via più breve che congiunge Mar Nero e Mare Adriatico, quella che per i piani Ue dovrebbe diventare una delle direttrici più importanti dell’Europa del sud. Poco meno di mille chilometri attraverso Paesi che per anni sono stati separati e che ancora oggi sono avvolti nel pregiudizio reciproco. Un viaggio tragicomico in alcune delle regioni più remote e arretrate del continente.
La stessa sezione dedicata "ai giovani e agli indipendenti" ha dedicato un omaggio a "W.R. – Misterije organizma – I misteri dell’organismo" (1971) del serbo Dusan Makavejev, oggi settantacinquenne. Un film estremamente corrosivo sia sul comunismo sia sul capitalismo e un inno, a partire dagli studi di Wilhelm Reich, all’amore e alla libertà sessuale con una travolgente Milena Dravic (che nel film di Arsenijevic interpreta due piccoli ma incisivi ruoli) che arringa le folle da un pianerottolo di una casa di ringhiera. Uno dei grandi nomi del cinema europeo montò, con ovvi problemi di censura sia a Est sia a Ovest, spezzoni di documentari e scene di fiction. Rivisto oggi, ha momenti molto attuali e graffianti e altri dove dimostra gli anni che sono trascorsi.
Sempre dal passato del cinema jugoslavo arriva il corto di Zelimir Zilnik "Inventur – Metzstrasse 11", girato nel 1975 ma presentato in concorso. Un’idea molto semplice e incisiva per raccontare l’immigrazione in Germania. Una macchina da presa fissa sulle scale di un condominio. Scendono gli inquilini di tutte le età e in poche battute raccontano qualcosa di sé rivelando molto delle loro vite: italiani, greci, turchi, slavi, qualche tedesco che non si può permettere alloggi migliori. Quasi tutti rimpiangono casa e della Germania apprezzano la possibilità di lavorare. Ultimo il portiere che si dichiara soddisfatto del comportamento di tutti.