I 50 anni dell’Accordo di Ankara
Nel 1963 la Turchia sottoscrisse assieme all’allora Comunità economica europea un accordo di associazione. Da allora l’Europa e la Turchia sono radicalmente cambiate. Il think thank ESI con un appello fa il punto della situazione
Le barriere coralline sono strutture robuste, capaci di ospitare alcuni tra gli ecosistemi più ricchi del pianeta e di sopportare onde massicce. Sono il risultato dello sforzo collettivo di milioni di organismi. Come notava Charles Darwin nei suoi diari nel 1836 le barriere coralline “accumulano il lavoro di miriadi di architetti, al lavoro giorno e notte, mese dopo mese”.
Le buone strutture politiche sono, nel migliore dei casi, simili a queste strutture coralline: fondamenta, sviluppate di giorni in giorno dallo sforzo di milioni di architetti singoli, che creano opportunità per comunità ed individui per far fiorire e riuscire nelle loro vite.
Il 12 settembre del 1963 i leader della Comunità economica europea e della Turchia si incontrarono ad Ankara. Sottoscrissero in quell’occasione l’Accordo di associazione – il cosiddetto Accordo di Ankara – con lo scopo di “promuovere un continuo e bilanciato rafforzamento degli scambi commerciali e delle relazioni economiche tra le parti”.
E’ trascorso mezzo secolo da allora, ma le istituzioni create nel 1963 esistono ancora. Il Consiglio di associazione continua ad incontrarsi. Gli scambi economici e commerciali si sono approfonditi ad un ritmo in continuo aumento. E tutto questo ha fatto la differenza nella vita di milioni di persone.
L’accordo di Ankara in un mondo che cambia
Nel 1963 la Turchia si stava riprendendo dalle conseguenze del suo primo golpe militare e dall’esecuzione del suo primo ministro eletto democraticamente, Adnan Menderes, che era avvenuta meno di due anni prima. Era un paese prettamente rurale e molto povero. Dal canto suo la Comunità economica europea aveva sei membri. La Germania era ancora divisa, il muro di Berlino era stato costruito solo due anni prima. La Francia emergeva da duri scontri interni: una lunga guerra coloniale, un tentato colpo di stato nel 1961 e l’indipendenza algerina. La Spagna e il Portogallo erano governati dai dittatori Franco e Salazar, mentre l’Europa centro-orientale era in mano a regimi comunisti.
Nei 50 anni successivi sono crollati i regimi (fascisti, comunisti, dittature militari); alcuni stati sono scomparsi; i confini attraverso il continente europeo sono stati ridisegnati. L’Unione europea ha continuato a crescere, dai 6 membri di allora per una popolazione di circa 170 milioni ai 28 di ora con mezzo miliardo di abitanti. Le trasformazioni in Turchia sono state altrettanto radicali.
Nel 1963 la maggior parte dei turchi, e la stragrande maggioranza delle donne, erano illetterati. L’aspettativa di vita era ferma ai 48 anni. Nel 2010 era di 74 anni. Di per sé un cambiamento straordinario.
Nonostante i legami creati nel 1963 siano solidi la relazione Ue-Turchia soffre oggi di una profonda e duratura sfiducia. Questo anniversario è un buon momento per chiedersi: a che punto sta la relazione tra Turchia e UE? E dove si sta andando?
Una generazione che cresce
In occasione dell’anniversario degli Accordi di Ankara ESI ha pubblicato il 50th Anniversary Appeal per contribuire a rinvigorire l’approccio del rapporto tra i cittadini dei vari paesi che è alla base degli Accordi di Ankara.
La vera questione da affrontare oggi è cosa significhi l’Accordo di Ankara per le nuove generazioni di turchi, quei 31 milioni di persone che sono sotto i 25 anni. Sono loro che saranno ancora in vita quando l’Accordo raggiungerà l’età matura di 100 anni, nel 2063.
Questa generazione è quella con il tasso di istruzione più alto nella storia della Turchia: 3,5 milioni di loro frequentano l’università. In un decennio è inoltre raddoppiato il numero di studenti turchi che frequentano le scuole superiori. Il numero di studenti universitari è triplicato, tra il 2000 e il 2012, passando dal milione ai 3,5 milioni.
La Turchia di oggi è una società affamata di opportunità formative. Nel 2010 più d 1,7 milioni di studenti hanno preso parte agli esami di ammissione universitari. Di questi solo 560.000 hanno avuto la possibilità di iscriversi. Nel 2006 la Turchia aveva 93 università (25 delle quali private). Nel 2010 il numero è salito a 166 (61 private). La quota di budget nazionale destinato all’educazione è passato dal 9% del 2003 al 16% del 2013.
L’idea al cuore dell’Accordo di Ankara è che la mobilità e l’interazione portino alla prosperità. Allo stesso tempo, quando si tratta delle relazioni tra persone e cittadini ritroviamo un potenziale enorme e ancora non scoperto che potrebbe portare l’associazione tra UE e Turchia ad un altro livello rispetto all’attuale.
Con l’eccezione di alcune università d’élite di Istanbul la maggior parte degli studenti turchi è improbabile che nelle proprie università incontri altri studenti europei. In tutta la Turchia vi sono solo 3.500 studenti “full time” e altri 4.000 studenti Erasmus, che si fermano solo per alcuni mesi, originari di altri paesi europei.
Il numero di studenti Erasmus turchi all’estero è solo un terzo di quanti ne ha la Francia. Un numero inferiore anche a quelli che ha la ben più piccola Polonia. La maggior parte dei giovani turchi non ha alcuna esperienza diretta di cosa sia l’Unione europea. Una recente inchiesta ha mostrato come solo uno su dieci (tra i 15 e i 29 anni) ha viaggiato all’estero.
Ancora i visti, che stupidità!
E’ paradossale: il numero di turchi che hanno viaggiato all’estero è aumentato dai 3,5 ai 6 milioni tra il 2003 e il 2012. Ciononostante l’aumento maggiore è stato registrato verso paesi quali la Georgia, la Siria, l’Asia orientale, l’Iran e l’Azerbaijan! E allora che possono fare Unione europea e Turchia?
Molto, si potrebbe dire. Vi sono solo due paesi dell’UE che hanno visto simili aumenti di visitatori turchi nel medesimo periodo: Grecia e Italia. Non è un caso che Italia e Grecia siano anche paesi con un tasso molto basso di rigetto di visti Schengen. Tutti i paesi membri UE dovrebbero mirare a rifiutare il numero minore possibile di richieste di visti Schengen, emulando Italia e Grecia. Tutti dovrebbero aumentare la percentuale di visti multipli con validità sino a 5 anni. Nel 2011 la percentuale di visti Schengen multipli era solo del 37%.
Il passo più importante per incrementare il numero di contatti tra i cittadini, ciononostante, è di andare verso una piena liberalizzazione del sistema dei visti. Come ESI ha già argomentato nel maggio del 2013 nel suo rapporto "Cutting the Visa Knot. How Turks can travel freely to Europe", tocca ora alla Turchia fare il prossimo passo in questa direzione.
Il 50mo anniversario dell’Accordo di Ankara è un’ottima occasione sia per l’UE che per la Turchia per affrontare seriamente la questione della libertà di movimento in Europa – centrale nella visone del 1963 – e di renderla realtà per le generazioni più giovani.
L’UE dovrebbe (anche) parlare turco
L’ESI inoltre si appella all’UE e alla Repubblica di Cipro affinché si riesca a fare un passo avanti in merito all’introduzione del turco come una delle lingue ufficiali europee. I regolamenti europei sono chiari: tutte le lingue ufficiali di uno stato membro possono divenire lingue ufficiali dell’UE. Tre paesi hanno indicato all’UE che hanno più di una lingua ufficiale: la Finlandia (finlandese e svedese), il Belgio (francese, olandese e tedesco) e l’Irlanda (inglese e irlandese).
Secondo l’articolo 3 della Costituzione della repubblica di Cipro il greco e il turco sono, ancor oggi, le due lingue ufficiali.
Agli inizi del 2004 ci si aspettava che a breve il turco sarebbe stato aggiunto nella lista delle lingue ufficiali UE. I passaporti di Cipro contengono testi in greco, turco e inglese. Il portale web della Presidenza cipriota UE ha una versione in turco. Tutto quello che serve è che Cipro inoltri all’UE la richiesta per la sua seconda lingua ufficiale. Sarebbe una delle modalità più visibili e concrete per far sentire i turchi parte di un’Europa comune.
L’appello ESI sul 50mo anniversario contiene un messaggio semplice: il modo migliore per commemorare questo anniversario è di focalizzarsi sul suo futuro. Questo significa guardare alle generazioni più giovani, – in Turchia e nell’UE – che vivranno i prossimi 50 anni, proponendo idee concrete che sottolineino il potenziale della relazione UE-Turchia.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa.