Homenetmen, oasi d’Armenia

"Homenetmen" è nata originariamente nel 1918 per promuovere i valori dell’atletica leggera, divenendo in seguito una delle associazioni cardine della diaspora armena. Un’intervista

20/10/2011, Cesare Targher -

Homenetmen-oasi-d-Armenia

La diaspora armena è riuscita a costruirsi nel tempo una struttura associativa solida e variegata, facendo leva sui sentimenti che la legano alla propria terra di origine.

I quasi otto milioni di armeni disseminati nel mondo, a fronte dei poco più di tre che vivono nell’attuale territorio sud-caucasico, sono riusciti a mantenere vivo il loro patrimonio linguistico e culturale anche grazie all’istituzione di diverse associazioni, che trovano una sua peculiare espressione nell’organizzazione Homenetmen.

Per approfondire maggiormente nello specifico la tematica abbiamo parlato con Arpine Martirosyan, giovane volontaria che opera presso la sede di Stoccolma.

Quando è sorta e quali finalità si è posta Homenetmen al momento della sua fondazione?

Homenetmen è nata nel 1918 nell’allora Costantinopoli. La denominazione deriva dall’acronimo di Hay Marmnakrtakan Endhanur Miutjun, che in armeno significa Unione Armena Generale di Atletica.

Già nel 1910 gli armeni che vivevano nella città bizantina facevano parte di numerosi circoli sportivi. Uno dei direttori tecnici di questi gruppi, Shavarsh Krissian, cullava il progetto di riunire tutti gli atleti armeni sotto un’unica associazione, sebbene le drammatiche vicende storiche allora succedutesi, dalla Prima guerra mondiale al genocidio armeno, ne impedirono la sua realizzazione. Krissian stesso fu ucciso durante il genocidio ma, ad ogni modo, nel 1918 il suo obiettivo fu comunque portato a compimento da altri suoi compagni.

Da allora Homenetmen è divenuto un importante riferimento per gli armeni della diaspora, perseguendo lo scopo di educare generazioni di armeni che riescono ad integrarsi anche in altre culture, contribuendo così sia al bene della loro madrepatria sia del Paese dove si trova l’organizzazione.

Attualmente vi aderiscono oltre 25.000 membri in tutto il mondo, suddivisi in 103 associazioni.

Quali sono le attività che promuovete?

Innanzitutto è necessario specificare che Homenetmen possiede una sua costituzione, nella quale è riportato il motto sul quale si fonda l’associazione: Partsratsir Partsratsour, ovvero “Eleva te stesso e aiuta ad elevare gli altri con te”. Fatta questa doverosa premessa, il metodo di lavoro è pressoché lo stesso in tutte le sedi e le principali funzioni che Homenetmen assolve sono lo scoutismo e la pratica sportiva di discipline quali calcio, basket e pallavolo.

Inoltre, ampio spazio viene dedicato all’insegnamento della lingua, della letteratura e della storia del popolo armeno, ambito del quale mi occupo personalmente da tre anni per quanto concerne il circolo svedese. La ripartizione degli incarichi, poi, dipende dalle dimensioni della comunità: per esempio, negli Stati Uniti vi sono più di un milione di armeni, e pertanto la suddivisione delle varie attività risulta assai più capillare – specialmente in campi come musica, arte, cultura, lingua – rispetto a realtà come la nostra, dove generalmente si affidano tutti questi compiti ad una sola persona.

Ad ogni modo l’educazione, sia sportiva sia culturale (lingua, letteratura, storia, geografia, musica), riveste un ruolo fondamentale, poiché uno scout di Homenetmen deve essere innanzitutto molto corretto, comportandosi da buon armeno e da buon cittadino in qualsiasi Paese egli si trovi a vivere.

Chi fa parte della vostra associazione e qual è il principale target a cui vi rivolgete?

La realtà della diaspora armena è molto complessa. I membri del nostro Homenetmen variano molto di età, sebbene la fascia più giovane (fino ai 25 anni) sia quella preponderante. Molti di loro sono nati in Svezia, ma da genitori armeni che a loro volta si sono trasferiti nel nord dell’Europa dopo aver vissuto in altre realtà quali Siria, Libano, Iraq, Iran, Egitto, Turchia, ma anche Armenia e Russia. Si tratta quindi, in questi casi, di una diaspora nella diaspora. Un’altra fetta consistente, poi, si è trasferita in Svezia, da 5 o più anni, principalmente da questi stessi Paesi.

Qual è il rapporto che lega oggigiorno i vostri membri con la terra di origine?

Molti dei nostri membri si portano dietro il dilemma di vivere, integrarsi e imparare la lingua del Paese in cui vivono e, al contempo, perpetuare in ogni modo possibile l’identità armena. Infatti, il legame tra l’Armenia e la comunità della diaspora è molto importante, e questo valore viene trasmesso ai nostri ragazzi. Soprattutto gli emigrati di terza o quarta generazione sono cresciuti con i racconti del genocidio, poiché i loro bisnonni ne erano direttamente implicati e pertanto l’Armenia e le memorie di una patria perduta rimangono sempre vive nelle loro coscienze. Partendo da questo presupposto sono molti, per non dire la quasi totalità di loro, che regolarmente tornano in Armenia a visitare i parenti almeno una volta l’anno, ma molti sono anche coloro che comprano casa in Armenia e la abitano almeno d’estate. Altri ancora avviano lì delle attività, tornando perciò a stabilirsi nella terra d’origine.

Per concludere: quali sono i vostri rapporti con le altre comunità etniche di Stoccolma? Vi è mai successo di organizzare congiuntamente qualche manifestazione o convegno?

Momenti di cooperazione con altre comunità li abbiamo solamente in corrispondenza dell’annuale commemorazione del genocidio, il 24 aprile. In questa occasione partecipano anche i gruppi di greci del Ponto e della regione assira, che condividono con noi lo stesso tragico passato. Ma, eccetto questo evento circoscritto, non si sono instaurati solidi rapporti con queste due comunità. Per quanto riguarda altre realtà, invece, quali ad esempio quelle turche o azere, che generalmente operano assieme, i rapporti, dopo quasi un secolo, non sono affatto migliorati.

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