Di Erdal Simsek e Ugur Can, Sabah, 16 luglio 2006 (tit. or.: "Come può il mondo rimanere in silenzio di fronte a questa tragedia?")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
Da giorni luogo e data del nostro incontro con i rappresentanti del governo Hamas vengono modificati all’ultimo minuto. Secondo quanto ci hanno detto i miliziani che ci accompagnavano, il presidente Haniye e la sua scorta non usano cellulari e il presidente cambia ogni giorno il suo ufficio. Nonostante questa situazione di emergenza il presidente non rinuncia mai alla preghiera del venerdì. Nessuno sa però fino all’ultimo momento in quale moschea si recherà. Abbiamo fatto la nostra intervista con il presidente nella sua casa, al momento vuota, per il rischio che essa venga colpita dagli attacchi israeliani.
Il presidente Erdoğan ha fatto sapere che il suo consulente politico, Prof. Davutoglu, ha fatto pervenire un suo messaggio al rappresentante di Hamas a Damasco, Hamid Mes. Lei ha avuto questo messaggio?
Tayip Erdoğan è tra quelli che sono più vicini al mio governo. Con lui ci sentiamo spesso al telefono. E’ stato il primo capo di governo a congratularsi con me dopo la vittoria elettorale, per questo tra noi c’è un’intesa particolare. Non so niente del messaggio che Erdoğan ha fatto pervenire ad Hamid Mes. Se volesse farmi sapere qualcosa mi chiamerebbe direttamente. Recentemente ci siamo sentiti due volte, l’ultima 12 giorni fa. Mi ha detto che ci saremmo sentiti dopo che lui avrebbe parlato col presidente israeliano Olmert, ed in effetti dopo mi ha chiamato.
Di cosa avete parlato?
Mi ha chiesto di cosa avessimo bisogno dicendomi che la Turchia voleva fornirci aiuto e sostegno materiale. Mi ha detto anche che voleva fare da mediatore per il primo soldato israeliano rapito ed io ho accettato. Dopo aver parlato con Olmert mi avrebbe richiamato ed infatti mi ha richiamato alcune volte. Anch’io l’ho richiamato ma spesso le comunicazioni si interrompevano.
Quando trasferirete le milizie di Hamas sotto il controllo dell’esercito?
Il nostro paese è occupato e siamo ogni giorno sotto gli attacchi israeliani. Come è naturale le nostre milizie difendono il paese. Hamas però ha scelto il regime democratico parlamentare e lo abbiamo fatto sapere al mondo. Se non lo avessimo fatto del resto non avremmo partecipato alle elezioni. Nonostante gli attacchi di Israele noi abbiamo portato 3.400 miliziani sotto il controllo dell’esercito. Non è possibile in breve tempo fare lo stesso con tutti i miliziani, è necessario creare le condizioni. Lei è da parecchi giorni nel nostro paese e sicuramente nelle vicinanze dell’hotel in cui sta o delle zone che ha visitato ci sono le tracce dei missili e delle cannonate israeliane. In queste condizioni è impresa ardua portare le milizie combattenti tra le file di un esercito regolare.
Attualmente siamo in stato di guerra. Inoltre Israele sta bloccando gli aiuti che provengono dalle Nazioni Unite e dai paesi amici. Abbiamo difficoltà a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Da mesi chi lavora nei comuni o negli ospedali non riceve lo stipendio. Nella misura in cui riusciremo ad avere una stabilità economica riusciremo anche ad integrare le milizie in un esercito regolare
Attraverso il nostro giornale vuole fare avere un messaggio al mondo esterno?
Noi attualmente siano vittime dell’embargo applicato da Israele. Il governo Hamas è stato formato dopo elezioni democratiche. Voglio dire agli stati ed ai popoli del mondo di rispettare la libertà dei palestinesi. Ci aspettiamo anche che loro facciano pressioni perché Israele metta fine all’embargo e che appoggino il nostro popolo per la libertà delle nostre terre.
Dopo la vittoria elettorale Hamas si è scontrato con Al Fatah, per la prima volta uno scontro tra palestinesi. Quando arriverete alla pace?
Come sapete le ultime elezioni si sono concluse con la vittoria di Hamas. Inizialmente i nostri fratelli di Al Fatah non hanno accettato questa vittoria. Ora però stiamo collaborando non solo con Al Fatah ma anche con la Jihad islamica ed i comunisti. Siamo noi il governo e noi abbiamo le maggiori responsabilità sulle nostre spalle. Ora il popolo palestinese è di nuovo unito.
L’articolo che lei ha pubblicato la scorsa settimana sul Washington Post ha ricevuto una qualche reazione da parte dei leader mondiali?
No, il mondo mantiene un silenzio molto strano. In questo paese i bambini muoiono per la mancanza di cibo e di medicine e voi giornalisti mettendo a repentaglio la vostra vita lo fate sapere al mondo. Le persone però sembra non vogliano vedere questa sofferenza. Penso se il mondo sia mai stato zitto di fronte ad una sofferenza di questo genere. Non ho mai sentito e visto niente del genere. Nonostante questi elementi negativi però non ho ancora perso la speranza. Sono certo che un giorno l’umanità darà ascolto alla voce della coscienza.
Lei da due settimane non ha contatti con il presidente Erdoğan. Vuole fargli avere un messaggio?
Voglio far sapere che desidero vederlo il più presto possibile nel nostro paese. Anzi se fosse possibile già la prossima settimana. Sia personalmente sia il popolo palestinese hanno un grande rispetto per lui, il suo governo ed il suo stato. Siatene certi, la venuta del presidente Erdoğan nel nostro paese farà felice il popolo palestinese, darebbe una grande forza morale. Voglio sottolineare attraverso il vostro giornale il nostro desiderio di vedere il presidente Erdoğan nel nostro paese il prima possibile.