Grecia: se criticare l’estrema destra è reato
Tre mesi di carcere o il pagamento di 1,603 euro. E’ la condanna inflitta a un giornalista greco per aver messo in luce le posizioni estremiste di un dirigente scolastico
(Questo articolo è stato originariamente pubblicato da International Press Institute-IPI)
"Non c’è cosa peggiore per un giornalista che sedersi in un’aula di tribunale e scoprirsi condannato semplicemente per aver fatto il proprio lavoro", racconta il giornalista greco Stratis Balaskas.
Quasi due mesi fa, l’11 luglio, Balaskas si è trovato esattamente in questa posizione dopo che la Corte d’Appello dell’Egeo Settentrionale ha confermato nei suoi confronti un verdetto di colpevolezza per insulti, condannandolo a tre mesi di reclusione.
La pena, secondo quanto previsto dalla legge greca, può essere convertita in un’ammenda di 1,603 € permettendo così a Balaskas di evitare il carcere. Tuttavia, come spiega lui stesso in un’intervista con IPI, non lo esime dall’enorme frustrazione e dalla delusione di fronte alla mancata salvaguardia della libertà dei media da parte del sistema giudiziario greco.
Le critiche verso il preside di estrema destra
Il calvario di Balaskas è iniziato nel novembre 2013, quando, come redattore capo del giornale locale di Mitilene, Empros, si è riferito in un suo articolo al dirigente scolastico di un liceo locale definendolo “il preside neo-nazista di Alba Dorata”. Questa caratterizzazione trova spiegazione in una serie di incidenti ben noti nella comunità locale dell’isola, dove il preside sembrava essere molto attivo nel sostenere le idee del partito di estrema destra Alba Dorata.
In particolare, secondo i documenti e le testimonianze presentate alla Corte dall’avvocato di Balaskas, il preside aveva pubblicato diversi articoli su siti web e blog – fra i quali la piattaforma del Ministero della Pubblica Istruzione Greek School Network che collega gli educatori e le scuole di tutto il paese – nei quali esprimeva il proprio sostegno a favore della "razza ariana", invitando tutti i nazionalisti – in particolar modo insegnanti e genitori – ad unirsi alla lotta per la conservazione della "purezza della razza" e a dare il proprio sostegno elettorale ad Alba Dorata.
Tuttavia, a scatenare la reazione giornalistica da parte di Balaskas è stato un episodio del novembre 2013. Alla vigilia del 40° anniversario della rivolta del Politecnico di Atene, una sollevazione studentesca contro la giunta militare greca conclusasi in un bagno di sangue, il dirigente aveva pubblicato sul proprio sito web un articolo che descrive la rivolta come un mito e una menzogna. A quel punto Balaskas ha scritto un commento in cui si evidenziano le simpatie neo-naziste del preside e i suoi collegamenti con Alba Dorata.
Dopo aver negato qualsiasi collegamento con queste idee e organizzazioni, il preside ha sporto denuncia contro Balaskas per insulto ai sensi dell’art. 361 del codice penale greco. La polizia ha arrestato Balaskas e ha preso le sue impronte digitali. Nonostante le prove presentate dall’avvocato del giornalista, il Tribunale di Mitilene lo ha condannato a sei mesi di carcere, la pena minima che consente il ricorso in appello, per aver utilizzato la caratterizzazione "neonazista".
Balaskas si è appellato a questa decisione ma dopo due anni e mezzo di attesa la Corte d’Appello dell’Egeo settentrionale ha ribadito la posizione del giudice di prima istanza, confermando la condanna sulla base del fatto che "neonazista" costituisce un insulto. Tuttavia, la sentenza d’appello ha ridotto la pena a tre mesi di detenzione.
L’avvocato di Balaskas, Thodoris Theodoropoulos, che in tribunale ha citato decisioni della Corte Suprema greca e della Corte europea per i diritti dell’uomo che affermano che un giornalista non dovrebbe essere condannato al carcere per diffamazione, dice di non poter accettare il giudizio espresso in questo caso dalla Corte. "Abbiamo dimostrato al di là di ogni dubbio che l’obiettivo principale di Balaskas non era quello di insultare il querelante, ma di informare i cittadini circa le azioni pubbliche di un educatore", commenta Theodoropoulos.
"Abbiamo anche dimostrato che non vi era alcuna intenzione o malizia da parte del giornalista e che gli articoli scritti e pubblicati dal dirigente scolastico avevano contenuti di stampo chiaramente politico e di orientamento nazionalista. Era dovere giornalistico di Balaskas mettere in luce che il ruolo di un educatore non è coerente con l’espressione di supporto verso prese di posizione estreme e nazionaliste."
Rispetto ai prossimi passi, Theodoropoulos risponde: "Non abbiamo ancora potuto leggere l’intera sentenza così da comprendere a pieno il ragionamento espresso dal Tribunale, ma stiamo seriamente pensando di ricorrere in appello alla Corte Suprema.
Sostegno morale e finanziario
Dopo la decisione della Corte d’Appello, Balaskas ha ricevuto pieno sostegno da parte dei suoi colleghi, nonché dall’Unione regionale dei giornalisti, ΕΣΗΕΠΗΝ, l’Unione dei redattori dei quotidiani del Peloponneso, Epiro e Isole. L’Unione ha coperto tutte le spese giudiziarie e pagato per l’avvocato di Balaskas.
La stessa Unione ha rilasciato una dichiarazione sottolineando la non negoziabilità del diritto dei giornalisti a rivelare la verità e informare i cittadini su temi molto significativi come quello in questione. "La novità di questo caso è che tutte le affermazioni di Balaskas sono state accertate dalla Corte di prima istanza e presso la Corte d’Appello", si legge nella dichiarazione. "I giornalisti devono rimanere forti e non piegarsi."
Il Consiglio centrale delle Comunità Ebraiche in Grecia, intervenendo sulla vicenda ha espresso sostegno a Balaskas, scrivendo che quest’ultimo "aveva giustamente denunciato le posizioni estremiste del querelante, e le critiche espresse tengono in considerazione il ruolo sociale del dirigente scolastico che non può conciliarsi con simpatie verso orientamenti nazionalisti".
Effetti duraturi
Ci sono buone possibilità che il ricorso alla Corte Suprema possa avere esiti positivi per Balaskas, ma per lui è già tardi, dal momento che il caso gli è costato molto di più che la quantità di denaro che ha pagato per evitare il carcere. "In una piccola comunità di 60.000 persone, come Mitilene, essere trascinato in tribunale è qualcosa di cui la gente parla," spiega.
"Il messaggio che rimane è la colpevolezza del giornalista. Ho difeso il mio diritto democratico fondamentale a poter giudicare che qualcosa è pericoloso per la democrazia e la società e sono stato punito per questo. Mi sento come se la mia reputazione fosse stata messa in discussione da parte della giustizia greca, tramite una decisione che a mio avviso andrebbe riconsiderata. C’è il rischio che non mi vengano più rivolte offerte di lavoro, dal momento che la gente penserà che non ho svolto la mia mansione correttamente e per questo sono stato condannato."
Tuttavia, la cosa che sembra preoccupare maggiormente Balaskas è l’effetto che questa decisione potrebbe avere sulla libertà dei media. "Sono davvero preoccupato che questa sentenza inibisca altri giornalisti dallo scrivere liberamente, costringendoli ad auto-censurarsi", dice. La risposta del giornalista alla nostra ultima domanda è breve, semplice e sincera.
Chiediamo: "Temi che questo possa avere ripercussioni sul tuo modo di lavorare in futuro?" "No," risponde. "Personalmente, non ci penserei due volte se mi capitasse di dover scrivere qualcosa di simile in futuro. Questo tipo di sanzione è un riconoscimento alla importanza del lavoro giornalistico per una sana democrazia".
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto