Grecia, Politecnico ‘73

L’annuale corteo in ricordo della ribellione alla giunta dei colonnelli, condotta dagli studenti del Politecnico nel novembre di 45 anni fa, è sfociato in disordini. Tensioni antigovernative ad Atene e Salonicco

19/11/2018, Gilda Lyghounis -

Grecia-Politecnico-73

Manifestazioni ad Atene nel 2015 (foto di Alexandros Michailidis/Shutterstock)

Sabato 17 novembre Atene sembrava un bunker con 5000 agenti in tenuta antisommossa, scuole chiuse, le stazioni del metrò vicine al centro sbarrate, elicotteri e droni che sorvegliavano dall’alto la città. Il timore era che l’annuale corteo in ricordo della ribellione alla giunta dei colonnelli, fatta dagli studenti del Politecnico nel novembre 1973, fosse macchiata da episodi violenti e vandalismi come è avvenuto in passato, con lanci di molotov e pietre contro le forze dell’ordine da parte di giovani con il volto coperto da passamontagna.

Anche per questo nel quartiere di Exarchia, noto “covo” bohémien di anarchici e movimenti extraparlamentari, per tutta la giornata si aggiravano poliziotti in borghese per controllare movimenti sospetti. E proprio ad Exarchia, subito dopo la fine del corteo, è scoppiata una guerriglia urbana che ha portato a 19 arresti. Ma episodi violenti sono avvenuti anche in via Patission intorno al Politecnico, con la polizia che ha usato idranti e lacrimogeni contro manifestanti che gettavano decine di molotov, pietre e pezzi di marmo contro gli agenti, mentre altri hanno incendiato bidoni della spazzatura. Altri gettavano sassi  e altri oggetti dalle terrazze contro le pattuglie antisommossa.

Poco prima delle otto di sera alcuni koukoloforoi (“incappucciati” col volto coperto da passamontagna) hanno tranciato il cancello principale del Politecnico. Gli slogan gridati da questi dimostranti inneggiavano alla rivolta del 1973: “Fratelli vivete, siete voi a guidarci” e “Indipendenza, potere popolare”. Il centro di Atene trasformato in un campo di battaglia.  

Secondo un cerimoniale ormai consolidato, il corteo ufficiale parte dal Politecnico in viale Patission e arriva davanti all’ambasciata americana vicino alla centralissima piazza Syntagma. Lì, sabato scorso, gli studenti universitari e liceali e i rappresentanti della resistenza al regime che insanguinò la Grecia negli anni dal 1967 al 1974 hanno intonato l’inno nazionale sollevando la bandiera greca macchiata di sangue, simbolo della rivolta del Politecnico.

Ormai una reliquia, ricordo di quella notte del 17 novembre 1973 quando un carro armato dei Colonnelli e reparti della polizia sfondarono i cancelli dell’ateneo dove erano asserragliati da quattro giorni centinaia di studenti, a cui si erano uniti giovani operai: una ribellione sostenuta dall’opinione pubblica anche grazie a una radio amatoriale con cui i ragazzi lanciavano appelli che incitavano a rovesciare la Giunta e slogan come “Pane, istruzione e libertà”.

L’ambasciata americana è la meta tradizionale dell’annuale corteo perché gli Stati uniti sono ritenuti storicamente responsabili dell’instaurarsi della dittatura di quegli anni e collusi col regime, arrivato al potere dopo un periodo di tensioni sociali e dopo elezioni che per la prima volta avevano premiato una coalizione di centro al posto dei conservatori tradizionali.

Come scrive Richard Clogg, già docente di Storia dei Balcani all’Università di Londra e a Oxford, fra i massimi storici della Grecia moderna contemporanea “…Il governo statunitense, che da molti greci veniva considerato primo corresponsabile dell’avvento al potere della dittatura dei Colonnelli (sebbene non vi siano elementi che possano comprovarlo) era pronto a offrire soccorso e sostegno a un regime che considerava baluardo di una stabilità compiacente nel contesto di un Mediterraneo orientale sempre più turbolento… La Giunta da parte sua fu bene attenta a evitare di dare motivo di offendersi al suo protettore statunitense, eseguendo fedelmente tutti i suoi compiti per la Nato” (da “Grecia. Dall’indipendenza a oggi” tradotto in italiano dall’originale inglese del 2014 da Beit edizioni).

Ieri e oggi

Un editoriale del settimanale To pontiki ha fatto notare le differenze fra gli anni Settanta e oggi, quando lo stesso governo riformista al potere dal 2015 di Alexis Tsipras vanta buoni rapporti con Washington a cui di recente ha concesso un ampliamento delle basi militari Nato.

Anche per questo – oltre perché il suo partito Syriza è considerato da gran parte dell’elettorato fedele esecutore della politica di austerity imposta al paese dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale – il giorno prima del corteo sei membri del partito, fra cui il ministro dell’Istruzione Kostas Gavroglou,  sono stati respinti dagli studenti che presidiavano dalla prima mattina il Politecnico. Gli studenti hanno impedito loro di entrare nell’ateneo per deporre corone di fiori in omaggio agli studenti caduti nella ribellione del 1973. Tensioni antigovernative di questo tipo sono avvenute anche durante l’analogo corteo avvenuto a Salonicco. Ma anche durante il corteo ateniese di sabato, alcuni dimostranti hanno gettato uova e caffè contro un drappello di ministri e deputati di Syriza.

Da parte sua, il premier Tsipras ha dichiarato che “45 anni dopo la ribellione del Politecnico, novembre ci commuove e ci ispira ricordandoci che nulla viene regalato ma anche che nulla è impossibile. Questo ci carica della responsabilità di avere gli occhi aperti sulle lotte e sui bisogni della nuova generazione del nostro paese che è sempre stata ed è in prima linea nei grandi cambiamenti sociali. Siamo solidali quindi con le nuove lotte contro le politiche neoliberali, contro il fascismo, contro i nostalgici della dittatura, contro l’estrema destra che esistono nel nostro paese e in Europa”.

Ma tornando alla storica ribellione del Politecnico, quanti furono gli studenti e i giovani lavoratori uccisi? La prima versione ufficiale dei golpisti parlò di “2 o 3 morti dovuti a pallottole vaganti”. Una versione molto simile a quella dell’attuale Partito nazifascista di Alba Dorata (di cui in questi giorni si celebra il processo per l’uccisione nel 2013 del rapper operaio Pavlos Fyssas, che vede alla sbarra anche parlamentari del Movimento, che raccoglie circa il 10% dei consensi elettorali). Alba Dorata fin dal 2012 ha cercato di entrare nelle scuole a fare lezioni di negazionismo storico. E anche quest’anno il 15 novembre il deputato di Chrysi Avghi (nome greco di Alba Dorata) Ghiannis Lagos ha sostenuto in Parlamento che al Politecnico non ci fu nessun morto, suscitando reazioni indignate di tutti i partiti.

Politecnico ‘73

Ora un’indagine della Fondazione Nazionale di Ricerca, dal titolo “Politecnico ‘73: la questione delle vittime: morti e feriti” cerca di dare una risposta documentata. Raccogliendo e analizzando fonti di vario tipo, da quelle ufficiali dell’epoca alle informazioni che apparvero sulla stampa clandestina, dagli annunci funerari sui giornali alle deposizioni di testimoni nel processo avvenuto nel 1975 fino alle interviste ai familiari, l’indagine stila un catalogo “non definitivo” che ricostruisce per ora genealogia, biografia e circostanze della morte di 24 persone.

La lista, una specie di Spoon River ateniese, si apre con Spiridon Kontomaris, 57 anni, di professione avvocato e già deputato dell’Unione di Centro a Corfù prima della dittatura, residente ad Atene. La sera del 16 novembre 1973, intorno alle 20.30, si trovava all’incrocio fra le centrali vie Georghiou Stavrou e Stadio, quando fu colpito da lacrimogeni lanciati dalla polizia contro i dimostranti che appoggiavano gli studenti, con il risultato di morire d’infarto.

La lista continua con Gianni Mikronis, 22 anni, studente della facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Patrasso. Partecipava all’occupazione del Politecnico di Atene. È morto all’ospedale di Atene il 17 dicembre 1973 dove veniva curato in seguito a percosse che gli danneggiarono il fegato in modo irreparabile, in circostanze non ancora chiarite.

Il più giovane è invece Alexandros Spartidis, 16 anni, liceale nato al Pireo e residente ad Atene in via Santa Lavra. La mattina del 17 novembre, verso le 10.30, è stato colpito al ventre mentre si trovava in via Patission davanti al Politecnico dai fucili della polizia militare che sparava dall’antistante terrazza dell’OTE (l’azienda telefonica greca). 

Nella lista c’è anche Stilianos Karageorghis, 19 anni, operaio edile, abitante in via Miauli, nei sobborghi popolari di Atene. Alle 10 del mattino del 17 novembre mentre si trovava con altri manifestanti in via Patission, fra i due cinema “Elao” e “Ealinis”, è stato ferito da una raffica di mitra partita da una pattuglia militare che era alla guida di una macchina corazzata. Morì in ospedale dopo 12 giorni di agonia, il 30 novembre 1973.

Non mancano i giovani stranieri, come Torri Margrethe Engeland, 22 anni, studentessa proveniente da Molte in Norvegia. La sera del 16 novembre 1973, verso le 23.30, fu colpita mortalmente al petto dal fuoco delle guardie del ministero dell’Ordine Pubblico. Fu trasportata da altri dimostranti nell’albergo Akropol e più tardi, ormai morta, al Pronto Soccorso. All’inizio fu catalogata dalla polizia come cittadina egizia “Touril Teklet” e questa ambiguità rimane in qualche catalogo dei morti dell’epoca.

Un anno dopo la loro morte, il 17 novembre 1975, a dittatura caduta, nel primo anniversario del Politecnico un milione di greci scesero in piazza a ricordarli.

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