Grecia: Nuova Democrazia, stretta sui rifugiati
Dopo la vittoria nelle ultime elezioni, Nuova Democrazia ha impresso un nuovo corso alle politiche verso migranti e rifugiati, che rischia di indebolire ulteriormente i meccanismi di protezione nei loro confronti
Con oltre 103.000 rifugiati attualmente nel paese e un aumento degli arrivi via mare e via terra rispetto al 2018, le migrazioni sono un problema sempre attuale per la Grecia.
Sebbene la cosiddetta "crisi" sia in costante evoluzione dal 2015, la sua gestione rimane carente e spesso penalizzante per i richiedenti asilo. Un esempio lampante: il campo profughi di Moria sull’isola di Lesvos ospita, in pessime condizioni, oltre 14.000 persone a fronte di una capacità di 2.150. L’ultima vittima nota al pubblico, deceduta per disidratazione a novembre , è stato un bambino di solo 9 mesi. Simili situazioni di sovrappopolazione, cattiva igiene e scarse scorte di cibo si possono trovare nei campi di tutto il paese.
La questione rifugiati è stata uno dei principali campi di battaglia nella campagna per le elezioni dello scorso luglio. L’ex governo SYRIZA è stato fortemente criticato per cattiva gestione dagli oppositori politici, ma anche dalle organizzazioni per i diritti umani e dalla società civile. Il partito, a sua volta ha invece sottolineato la mancanza di volontà di condivisione e cooperazione da parte degli altri paesi UE.
Ora, il nuovo governo di Nuova Democrazia (ND) deve bilanciare la necessità urgente di una soluzione sostenibile per la questione rifugiati e gli umori della propria base conservatrice e spesso xenofoba (come del resto i parlamentari stessi).
Trasferimenti e centri chiusi
Il Commissario europeo per i diritti umani Dunja Mijatović, che ha visitato le strutture di accoglienza della Grecia ad ottobre, è rimasta sconvolta dalle condizioni di permanenza dei migranti e ha sottolineato l’urgenza di trasferire le persone dalle isole alla terraferma.
È iniziato così un lento trasferimento, ma non senza reazioni. I membri delle comunità locali nelle zone rurali della Grecia dove sono stati trasferiti i rifugiati hanno protestato, arrivando a consumare carne di maiale e alcol fuori dalle strutture per provocare i nuovi arrivati musulmani.
Il 20 novembre, il governo ha annunciato una nuova strategia che prevede l’apertura di centri di detenzione chiusi che, secondo il viceministro della Difesa Alkiviadis Stefanis e il portavoce del governo Stelios Petsas, sostituiranno entro la prossima estate i campi nelle isole di Lesvos, Chios, Kos, Samos e Leros, mentre 20.000 persone saranno trasferite sulla terraferma entro la fine dell’anno.
"Siamo a favore dei diritti umani, ci preoccupiamo per i nostri simili, ma abbiamo a cuore soprattutto i nostri connazionali", ha dichiarato Stefanis in una conferenza stampa.
L’annuncio di nuovi centri chiusi ha suscitato pesanti critiche da parte di attivisti e organizzazioni per i diritti umani. Gli eurodeputati di SYRIZA hanno presentato un quesito alla Commissione europea in merito alla coerenza di tali disposizioni sui centri di detenzione con le direttive UE e alla legalità del creare questi centri su isole o in aree isolate, come implicato dai funzionari del governo e apertamente sostenuto da alcuni parlamentari di ND.
L’ultima esperienza della Grecia con strutture chiuse è stata quella del famigerato centro di detenzione di Amygdaleza, chiuso durante il governo SYRIZA. Le condizioni di detenzione avevano causato massicci scioperi della fame nel 2013 e diversi tentativi di suicidio. Almeno quattro persone sono morte durante il periodo di attività di questo campo.
Secondo il viceministro, l’elenco delle misure volte a bloccare i flussi verso la Grecia non si ferma ai centri chiusi. La nuova politica del governo prevede anche il rafforzamento della sicurezza alle frontiere: 400 nuove guardie saranno collocate alle frontiere di terra a nord della Grecia, 800 a protezione dei passaggi marittimi e 500 al servizio per l’asilo, che svolge un ruolo decisivo nel determinare chi rimane e chi ritorna in Turchia ai sensi dell’accordo UE-Turchia del 2016.
La nuova legge sull’asilo
Venerdì 23 novembre alcune organizzazioni, fra cui il Consiglio greco per i rifugiati, FENIX Humanitarian Legal Aid e il Consiglio danese per i rifugiati, hanno firmato un documento che condanna l’ufficio regionale del Servizio asilo di Lesvos per aver respinto la domanda di 28 richiedenti asilo provenienti dall’area sub-sahariana senza svolgere il colloquio richiesto dalla legge. L’ufficio ha giustificato la decisione con la mancanza di traduttori, a violazione di tutte le disposizioni pertinenti in materia di asilo.
All’inizio di novembre il parlamento greco ha approvato un nuovo disegno di legge sull’asilo, sostenuto dal governo di destra e dai centristi di KINAL. Secondo il governo la legge, che diventerà operativa all’inizio del 2020, mira ad accelerare le procedure e così decomprimere il sistema di ricezione e accoglienza dei richiedenti asilo.
Inoltre, dopo la concessione dell’asilo, le persone saranno costrette a lasciare le strutture destinate ai richiedenti e mantenersi autonomamente. Tuttavia, mancando qualsivoglia strategia di integrazione, questo meccanismo potrebbe facilmente creare un vicolo cieco.
La nuova legge sull’asilo è stata accolta con preoccupazione, a dir poco, da attivisti e organizzazioni internazionali e per i diritti umani. L’UNCHR ha espresso preoccupazione per il fatto che "la legge sull’asilo votata in Parlamento riduce le garanzie per le persone in cerca di protezione internazionale e introduce ampie disposizioni per la detenzione dei richiedenti". Anche Amnesty International ha criticato la legge , in quanto "mina la protezione e i diritti dei rifugiati e viola gli standard legali europei e internazionali".
Una nuova narrazione
È evidente che, a seguito delle promesse pre-elettorali, la questione rifugiati è in cima all’agenda del nuovo governo greco. Il nuovo approccio sembra in linea con il principio di "tolleranza zero" già applicato dal partito al potere in vari settori.
Una delle prime decisioni di ND è stata quella di chiudere il Ministero delle migrazioni e trasferirne le responsabilità al ministero affiliato alla polizia, mentre in un discorso in parlamento il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha definito i nuovi arrivati migranti anziché rifugiati, implicando che non godranno della protezione internazionale.
I dati raccontano però un’altra storia, poiché la maggioranza delle persone che arrivano in Grecia proviene da paesi teatro di conflitti violenti.
Anche i media, in particolare quelli vicini al governo, promuovono una narrazione più conveniente sulla questione rifugiati. La polarizzazione dei media greci rende questi ultimi semplici portavoce dei partiti politici di riferimento.
Di conseguenza, la rappresentazione mediatica di migranti e rifugiati è diventata ultimamente ancora più ostile, incoraggiando l’islamofobia e la xenofobia della società greca. In un episodio recentemente trasmesso in televisione, una donna di una località sulla terraferma greca dove sono già stati trasferiti dei rifugiati ha espresso forti obiezioni alla loro ricollocazione a causa dei "crimini che commettono".
Quando i giornalisti le hanno chiesto a quali crimini si riferisse, ha risposto onestamente: "Quelli che raccontate al telegiornale".