Grecia, neonazismo quotidiano
Dopo l’ingresso in parlamento nelle ultime elezioni, il movimento neonazista Chrysì Avghì (Alba Dorata) si fa largo minacciosamente nella società greca. A imitare, o a subire l’aggressione dei neonazisti sono sempre più spesso giovani e studenti, soprattutto nelle periferie difficili di Atene e del Pireo
Andrea ha dieci anni e sta disegnando una svastica sul suo banco. Quando la maestra fa l’appello, ogni mattina, da qualche mese il bimbo si alza e urla “presente!” alzando la mano nel saluto nazista.
“Cosa possiamo fare davanti a gesti simili il cui significato Andrea, e molti altri compagni, di sicuro ignorano ma che sono diventati una moda nelle nostre scuole?” si chiede la sua insegnante, che ha appena raccontato l’episodio al primo convegno del Fronte Antifascista dell’Istruzione riunitosi ad Atene a metà novembre.
“Purtroppo non sono casi isolati, soprattutto alle superiori dove il rischio di non limitarsi a ‘scimmiottare’ quello che si vede fare in tv ai deputati del partito neonazista Chrysì Avghì (in italiano “Alba Dorata”), ma di passare a vere e proprie intimidazioni è più alto”, continua Stelios Katsulas, anche lui insegnante partigiano del nuovo Fronte Antifascista. “Spesso la paura blocca non solo gli studenti, ma pure i docenti che vogliono denunciare minacce e insulti. Temono di vedersi arrivare il giorno dopo davanti ai cancelli della scuola un gruppo di muscolosi Chrysavghites".
I licei e le medie più a rischio sono nelle periferie di Atene e del Pireo: Perama, Kerastsini, Sepolia. Ma episodi di violenza sono segnalati anche in cittadine medio piccole come Rethimnon a Creta dove, a differenza che in Attica, Alba dorata alle ultime elezioni politiche di giugno ha preso una delle percentuali di voti più bassa di tutta la Grecia (a livello nazionale il partito della svastica ha il 7% per cento, con 18 deputati in Parlamento), mentre la sinistra di Syriza ha fatto l’en plein elettorale: ebbene, proprio nella "rossa" Rethimnon pochi mesi fa sono stati arrestati adolescenti fra i 15 e i 19 anni per avere aggredito con coltelli dei lavoratori immigrati.
Mimando proprio quello che succede ad Atene, quasi ogni giorno, nei raid neonazisti contro i negozi gestiti da egiziani o senegalesi o contro i venditori ambulanti stranieri. Non solo: gli stessi adolescenti cretesi hanno cercato di impedire a coetanei della Kne (l’organizzazione del Partito comunista greco) di distribuire volantini fuori dalle scuole. “L’unico modo per combattere la barbarie è la cultura. Dobbiamo insegnare in tutte le classi cosa è significato davvero il fascismo nella storia greca ed europea” hanno deciso gli insegnanti del Fronte.
“Dio, Patria, Famiglia”
Anche perché già a ottobre i greci hanno assistito alla minacciosa richiesta del deputato di Alba dorata Ilias Panaghiotaro, dai banchi del Parlamento, di avere dati precisi sulla presenza di bambini stranieri negli asili nido e nelle scuole materne. Mentre un altro parlamentare di Chrysì Avghì, Antonis Gregos, annunciava “visite mirate” di membri del partito nelle scuole per vedere se i programmi d’insegnamento si uniformano al triplice motto “Dio, Patria, Famiglia”. Suscitando sinistri ricordi nei più anziani che hanno vissuto gli anni dell’occupazione nazista e delle varie dittature che hanno insanguinato l’Ellade nel ventesimo secolo.
Purtroppo, come hanno dimostrato le testimonianze degli insegnanti del Fronte Antifascista dell’Istruzione, il morbo pro-svastiche non si limita già più ad essere qualcosa di esterno alla scuola, ma si insinua nei suoi riti quotidiani. Una riprova eloquente? Lo scorso 28 ottobre, festa nazionale greca che ricorda la vittoria ellenica sull’esercito di Mussolini nel 1940, come da tradizione ogni scuola ha sfilato davanti alle autorità cittadine sventolando la bandiera nazionale.
Secondo una legge del 2001, a impugnare con orgoglio il vessillo dalle gloriose strisce bianche e azzurre, deve essere lo studente che ha riportato la pagella migliore. A Larissa però, capoluogo della pianura tessala a ovest del Paese un tempo ricca per le coltivazioni di cotone e ora attanagliata dalla crisi, in un liceo la studentessa con la media più alta in tutte le materie (greco compreso) era di origine albanese. Apriti cielo: i genitori sono intervenuti in massa per evitare un simile affronto all’orgoglio ellenico. La bandiera in mano a una straniera (che ha frequentato tutte le scuole in Grecia ndr)? Non sia mai. “Piuttosto andiamo a chiamare noi i picchiatori ‘Chysavghites’!” hanno minacciato alcuni mamme e papà.
Il dirigente scolastico all’inizio si è dichiarato paladino della legge, ma dopo un colloquio con lui la sfortunata studentessa originaria di Tirana ha chiesto la parola nell’infuocata assemblea d’istituto, gremita di insegnanti, studenti e genitori, per annunciare che “non per paura di ritorsioni, ma per rispetto alla bandiera greca lascio l’onore di portarla alla sfilata al secondo miglior studente dopo di me”. Inutile dire che il secondo della lista è un “ellinipoulo”, un rampollo con sangue greco doc.
Il revisionismo storico di Alba dorata
Ma non è finita. Se dalle elementari e dai licei passiamo alle università, le minacce di Alba Dorata arrivano anche lì. Mettendo addirittura in dubbio un mostro sacro delle proteste giovanili: il corteo che ogni anno ricorda l’anniversario della strage degli studenti del Politecnico di Atene che, il 17 novembre 1973, hanno sfidato per primi la dittatura dei colonnelli, che sarebbe caduta sette mesi più tardi. “Basta con la favoletta del Politecnico! Basta con i finti eroi! La generazione del Politecnico è la responsabile della crisi attuale. Che tutti i ladri vadano in prigione!” stava scritto su un opuscolo distribuito nelle vie di Atene dai Chysavghites. Opuscolo preceduto dalla solita minaccia da parte dei deputati di Alba Dorata, rivolti al viceministro dell’Istruzione Theodoros Papatheodoros, di fare “discorsi didattici” nelle scuole qualche giorno prima dell’anniversario per sfatare le bugie che avvelenano la storia patria.
A questo libello neonazista, ha replicato domenica 18 novembre l’autorevole settimanale To Vima, che ha riportato una ricerca effettuata da parte dell’Istituto nazionale di ricerche per dare un volto alle vittime della violenza dei colonnelli: l’indagine elenca una secca lista di 24 nomi, accompagnati dal loro circostanziato epitaffio, per dimostrare che quei ragazzi nel lontano 1973 sono morti davvero e non sono fantasmi frutto della propaganda comunista. Ne citiamo alcuni:
– Diomede Komninos, 17 anni, studente, residente in via Leucade 7 ad Atene. Il 16 novembre 1973, fra le 21.30 e le 21.45, mentre si trovava con altri manifestanti all’incrocio fra le vie Averof e Marni, è stato ferito a morte al cuore da proiettili tirati dalla guardia del ministero dell’Ordine pubblico. Trasportato al Pronto soccorso, era già deceduto.
– Toril Margrete Engeland, 22 anni, studentessa arrivata ad Atene da Per Reidar, in Norvegia. Il 16 novembre 1973, intorno alle 23.30, è stata ferita mortalmente al petto dal fuoco delle forze del ministero dell’Ordine pubblico. E’ stata trasportata dai manifestanti nell’albergo “Metropol” e poi da lì, ormai cadavere, al Pronto soccorso.
– Georghios Samouris, 22 anni, studente della facoltà Panteion di Atene originario di Patrasso. Il 16 novembre 1973, intorno a mezzanotte, mentre si trovava nella zona del Politecnico, è caduto sotto il fuoco dei poliziotti. Portato dai compagni nell’ambulatorio improvvisato all’interno del Politecnico, è deceduto.
I fantasmi hanno un nome, un cognome. Difficile cancellarli dalla storia.