Grecia, “L’Isola” serial tv al tempo della crisi
Un greco su due guarda la nuova saga a puntate, ambientata in un ex lazzaretto, nel mare di Creta. E’ la videoproduzione più costosa mai realizzata nel Paese. E vanta uno share da record, ora che con l’austerity la tv è il passatempo più a buon mercato
Una ragazza bionda, gli occhi neri come il carbone, ordina triglie e vino resinato in una taverna cretese. Al proprietario, che si meraviglia del suo greco fluente dall’accento straniero, la giovane Alexis dice:
“mio padre è inglese, mia madre è greca”.
Poi, con un sorriso disarmante, mostra al ristoratore una vecchia foto in bianco e nero: “Li conoscete? Sono i miei nonni”.
“Certo che li conosco! Sei la figlia di Sofia! E lei, perché non è venuta con te?”.
“E’ rimasta a Londra, non mi parla mai del suo passato ellenico..”.
“Ma dell’isola ti ha parlato?”.
“Quale isola? Creta?”.
“No! L’isola di Spinalonga…”
Comincia così, in un paesaggio solare da tipica vacanza greek style, fra casette bianche, reti di pescatori e mare blu, un viaggio a ritroso nel tempo che in un serial di 26 puntate sta tenendo incollati milioni di greci alla tv.
Mezza Grecia incollata alla tv all’ora di "To Nisi"
Il primo episodio, in onda a metà ottobre, ha commosso ben 5 milioni di spettatori: la metà della popolazione. Poi le altre puntate si sono attestate sul 60 % di share (significa 6 greci su 10 fra quelli che guardano la sera il piccolo schermo, e in tempi di crisi economica la tv rimane l’unico svago…). Con punte del 70 % di share fra i giovani, dai quali mai ci si sarebbe aspettati un simile attaccamento a una storia che narra dolori, amori e tragedie avvenuti nel Paese lungo tutto il Novecento, senza neanche uno spunto esotico.
Già, perché la giovane Alexis da cui prende spunto “To Nisi” (“L’isola”), non a caso è laureata in archeologia ed è affascinata dalla ricerca delle radici. I reperti archeologici però qui non non hanno spazio. Il passato è quello di tre generazioni di donne, di cui Alexis fa parte, ma di cui non sa nulla e che vuole disperatamente conoscere.
Quella stessa fotografia mostrata al ristorante di Plaka, paesino che davvero dista 500 metri di mare da Spinalonga, lei l’ha “rubata” nella sua casa londinese, perché è l’unico legame della madre con un passato rifiutato.
La saga di Spinalonga in tre generazioni
Un tempo misterioso che ruota intorno a Spinalonga, la realissima isoletta che sta al largo di Creta, nel golfo di Mirabello, e che da fine Ottocento al 1957 è stata usata come lebbrosario, grazie alle imponenti fortificazioni che i veneziani avevano costruito al tempo della loro dominazione, per difendersi dagli attacchi dal mare.
Mura in pietra bianca che poi “difesero” i greci dai loro stessi parenti malati. Nell’intermezzo, fra il Cinquecento e fine Ottocento, gli ottomani ormai padroni del Mediterraneo orientale usarono quei fortini e quelle case nascoste fra alberi di limone, cespugli di timo, basilico e fiori, per rinchiudere le donne dell’harem del sultano. Una prigione anche quella, in fondo.
Poi, dopo il 1898 e la cacciata dei turchi, solo il silenzio. E lo sciabordio delle barchette a remi che novelli Caronti spingevano per trasportare i malati a Spinalonga. Uno di questi condannati a vita dalla malattia era Eleni, la bisnonna di Alexis.
Dietro il successo tv un bestseller inglese, conteso anche da Hollywood
Il serial da 5 milioni di spettatori è stato tratto dal best seller “The island” dell’inglese Victoria Hislop (pubblicato in Italia da Bompiani): solo in Inghilterra dal 2005 a oggi ha venduto – prima della versione televisiva greca – un milione di copie. E’ stato tradotto in 24 lingue.
La Hislop, una 50enne che ormai da anni vive a Creta, ha rifiutato un’offerta di 300mila sterline da Hollywood per trasformare il libro in un kolossal con protagonisti del calibro di Penelope Cruz e Nicolas Cage. Ma ha preferito un compenso di gran lunga minore dal più grande canale privato ellenico, Mega tv, per vedere rispettata la propria creatura.
Ha collaborato a quattro mani con la sceneggiatrice Mirella Papaikonomu e si è fidata dello sconosciuto all’estero regista cretese Theodoros Papadoulakis. Ha persino avuto una particina nel serial.
Piccola, perché il suo greco è fluente ma non perfetto e con accento inglese (come quello della giovane Alexis…anche se Hislop nega ogni riferimento autobiografico). L’importante era girare a Spinalonga.
L’importante era rispettare la sua saga e lo spirito indomito di quella gente.
Tv, unico svago a buon mercato in tempi di crisi
L’adattamento tv usa 300 fra attori e comparse locali ed è costata circa 4 milioni di euro: una follia in un Paese che attraversa la peggiore crisi economica dal dopoguerra. Una sfida vinta. Ma come mai tanto successo proprio adesso?
“To Nisi è la luce in fondo al tunnel di cui la gente aveva bisogno – racconta uno degli attori protagonisti, Stelios Menas, al quotidiano greco “Proto Thema” – Cinque milioni di spettatori sono come un sollievo nazionale contro la miseria reale e culturale. Anche se ci hanno ridotto al Paese della corruzione e degli sfasciavetrine, To Nisi dimostra che a noi greci non piace la spazzatura: in ogni senso, sia quella che ci propinano i reality tv, sia quella maleodorante nelle strade di Atene e Salonicco ("Passeremo le feste sotto 200mila tonnellate di rifiuti" ha lanciato un sos il neosindaco della capitale George Kaminis, in seguito al licenziamento causa crisi di 800 precari, che lavoravano alla più grande discarica ateniese, ndr).
Ci aspettiamo qualcosa di meglio dalla vita!”.
Un po’ come è successo a chi è stato rinchiuso per decenni a Spinalonga: molti sono morti sfiniti dalla lebbra, altri invece hanno lottato, si sono sposati fra loro, hanno ballato ogni domenica nelle piazze davanti ai due caffè costruiti dai “kommenòi”, i “tagliati via” dai loro cari. Conducendo una vita a parte.
La vera storia dell’isola di fronte a Creta, da lebbrosario a paradiso perduto
Al punto che l’isola durante la Seconda guerra mondiale è stata risparmiata dai tedeschi, che temevano il contagio e si sono invece accaniti in rappresaglie contro gli abitanti dei paesini di Creta, prima di essere sconfitti sulle montagne dai partigiani, alleati con gli inglesi.
A Spinalonga nei 60 anni della sua esistenza come lebbrosario, sono nati più di 100 bambini che hanno frequentato la scuola locale: solo 3 o 4 sono rimasti lì per sempre.
Metafora via etere di un Paese "appestato" che vuole rinascere?
Gli altri, dopo la scoperta durante la Seconda guerra mondiale del farmaco che cura il morbo di Hansen (nome scientifico della malattia) si sono salvati. Oppure, semplicemente, non hanno contratto il male dai genitori.
Perché il contagio non era assolutamente automatico: lo testimoniano anche i tanti amori clandestini fra ragazze rinchiuse a Spinalonga e uomini che nuotavano fino all’isola per incontrarle. Donne come le antenate di Alexis. Come sua madre che non ha più voluto saper nulla della sua patria e dell’orrore patito.
Ora invece la Grecia intera vuole rivivere quella vicenda.
La metafora di un Paese “appestato” nell’immaginario globale, ma che vuole gustare ogni momento e risorgere a tutti i costi?