Grecia, amministrative con brivido

Sarà un referendum pro o contro il piano anti-crisi del premier Papandreou il voto locale di domenica 7 novembre. In caso di sconfitta, si andrà ad elezioni anticipate. Un passaggio democratico difficile. Scandito da un’ondata di pacchi-bomba

05/11/2010, Gilda Lyghounis - Atene

Grecia-amministrative-con-brivido

(RobW_/Flickr)

Li chiamano baby t[]isti, perché sono tutti ventenni. Come Panaghiotis Arghyrou, 22 anni, arrestato mercoledì insieme al coetaneo Gherasimos Tsakalos con l’accusa di essere un membro della “Congiura delle cellule di fuoco”, organizzazione responsabile di avere spedito 15 (finora) pacchi bomba ad ambasciate straniere ad Atene, a uffici pubblici greci e, soprattutto, a capi di Stato europei come Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi. 

‘Cellule di fuoco’ con militanti under 30 

Ma fra i 21 e i 29 anni sono anche i 5 supericercati dalla polizia greca, perché le loro impronte digitali sono state trovate in un appartamento nel quartiere ateniese di Chalandri dove, secondo gli inquirenti, i giovani eversivi fabbricavano il materiale esplosivo delle “cellule di fuoco”: un “covo-laboratorio” attivo almeno dal 2008 e coinvolto nei tanti attacchi dinamitardi che hanno scosso la capitale ellenica negli ultimi tempi (ricordiamo che a causa di uno di questi pacchi-bomba, indirizzato l’anno scorso al ministero dell’Ordine pubblico, rimase ucciso l’assistente del ministro).  

Graffiti ad Atene, vicino alla fermata del metro Vittoria (Christophoros/Flickr)

Una base dunque frequentata anche dai due ventenni arrestati. Per fortuna, nell’ultima raffica di missive dinamitarde, sembra che la quantità – che mira al massimo risultato propagandistico con il minimo rischio – abbia
sostituito la qualità: il materiale esplosivo era in tutti i pacchi rudimentale.

Nessun contatto con il t[]ismo internazionale

Ma dietro ai baby t[]isti, gli analisti del crimine organizzato pensano vi siano mandanti 30-40enni. Orfani delle varie organizzazioni t[]istiche che a partire dalla più famosa, la “17 novembre” smantellata dalla polizia ellenica alla vigilia delle Olimpiadi di Atene 2004, non hanno mai smesso di essere attive in Grecia dalla fine della dittatura dei Colonnelli, nel 1974.

L’inchiesta, sollecitata anche dall’arrivo giovedì ad Atene di agenti inviati dalla Cancelleria di Berlino, è in corso. Il portavoce
governativo, il socialista George Patalotis, ha escluso “ogni rapporto con il t[]ismo internazionale firmato Al Qaida”. “Queste bombe sono lanciate prima di tutto contro l’immagine del nostro Paese, impegnato in uno sforzo per uscire dalla crisi economica” ha dichiarato il presidente della Repubblica Karolos Papulias, invitando i partiti, a soli 3 giorni dalle elezioni amministrative di domenica 7 novembre, all’unità nazionale. 

"Destabilizzazione drammatica" per il Presidente della Repubblica Papoulias

“Invito tutti a pensare quanto sia facile in questi giorni fare in modo che un fattore destabilizzante possa provocare conseguenze drammatiche, in un momento cruciale per il futuro della nostra patria” ha proseguito il capo dello Stato.

Il Presidente della Repubblica greco Karolos Papoulias (vas vas /Flickr)

In realtà, a destabilizzare lo scenario politico e sociale greco non sono solo le bombe. Già da settimane i leader dei due maggiori partiti politici, il Pasok (Movimento socialista panellenico) guidato dal primo ministro George Papandreu che ha stravinto le elezioni politiche dell’ottobre 2009, e Antonis Samaras, a capo dei conservatori di “Nuova democrazia” affilano le armi.  

Samaras, che già a maggio 2010 ha votato in Parlamento contro il pacchetto “lacrime e sangue” imposto ad Atene dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale, in cambio del megaprestito di 110 miliardi di euro in tre anni, rinnova l’accusa a Papandreu di “avere consegnato il Paese al Fondo monetario internazionale, facendo pagare ai lavoratori e pensionati la crisi”.

La Ue pubblica i veri dati del debito greco: non al 7%, ma al 15% il rapporto deficit-pil

Il “pacchetto” prevede infatti tagli di circa un quinto a stipendi e pensioni, oltre all’aumento dell’Iva al 23 %.

Peccato, fanno notare i socialisti, che durante l’ultimo governo di centrodestra la spesa statale, e gli scandali legati alla corruzione dei ministri, siano saliti alle stelle.  Con il risultato che il deficit pubblico ellenico, già alto, secondo le ultime rilevazioni Eurostat riferite al 2009 e pubblicate questa settimana, sia valutato al 15% rispetto al Pil, invece del 7% dichiarato dall’ex premier conservatore Kostantino Karamanlis prima del voto politico dell’ottobre 2009.  Inoltre a una recente riunione del Partito popolare europeo (Ppe) a Bruxelles, di cui Nuova democrazia fa parte, Samaras avrebbe annunciato di sostenere in pieno gli sforzi del governo ellenico per salvare il Paese dalla bancarotta.  

“Samaras dovrebbe dire le stesse cose sia all’estero sia in patria” ha ribadito Papandreu, il quale vede il voto di domenica come un referendum popolare pro o contro le misure draconiane adottate dal proprio esecutivo per uscire dalla crisi.  

Un voto pro o contro le misure "lacrime e sangue"

Il premier greco George Papandreou (Parti socialiste /Flickr)

Se infatti il risultato che uscirà dalle urne, la sera del 7 novembre, non sarà favorevole al Pasok, che pure solo a settembre godeva nei sondaggi di un ampio sostegno dettato soprattutto dalla rassegnazione, Papandreu già in una serie di interviste tv rilasciate il 25 ottobre non ha escluso di ricorrere a elezioni politiche anticipate, per potere governare “con le mani libere e con il pieno sostegno della volontà popolare”.

Il premier, temendo una scarsa affluenza alle amministrative che secondo i sondaggi danneggerebbe soprattutto il Pasok, ha invitato i greci a un “voto di di grande responsabilità verso la patria. Perché dalle urne capiremo se lo sforzo di salvare il Paese dalla bancarotta viene capito e condiviso dai cittadini oppure se c’è il rischio di un lavoro a metà, con la conseguenza che i sacrifici finora fatti da tutti andranno perduti”.

Se il governo cadesse sul piano anti-crisi, che faranno Ue ed FMI?

Sarebbe meglio, commenta in un editoriale il quotidiano conservatore Kathimerini, che all’arrivo del presidente del Fondo monetario internazionale, ad Atene ai primi di dicembre, Dominique Strauss-Khan non si ritrovi in un Paese destabilizzato da una campagna elettorale in corso.

Anche i mercati non hanno reagito bene alla eventualità di un voto politico anticipato: gli spreads dei buoni del tesoro decennali greci sono saliti da 600 a quasi 900 in confronto ai bund tedeschi.  Per evitare un’altra bufera di instabilità finanziaria in area euro, Angela Merkel ha subito dichiarato che nulla cambierà rispetto agli impegni che l’Unione europea e il FMI hanno preso nei confronti di Atene. Il megaprestito non si tocca.

 

Un'edicola di Atene pochi mesi fa, con le notizie degli scontri di piazza, legati alle contestati tagli alla spesa pubblica (babour /Flickr)

La lotta per la vittoria alle amministrative di questa domenica si gioca tutta nella prefettura maggiore: in Attica, la regione di Atene, dove è concentrata quasi la metà della popolazione greca, ossia più di 4
milioni di abitanti.  

Qui a sfidarsi non sono solo i candidati ufficiali del Pasok (l’attuale Prefetto Ghiannis Sgouros) e di Nuova democrazia (Vassilis Kikilas): a fare da terzo incomodo c’è soprattutto Ghiannis Dimaras, un deputato socialista che è stato espulso dal partito a maggio scorso, perché ha votato contro il pacchetto anti-crisi del governo.  

Se Sgouros riuscirà ad arrivare al ballottaggio, con un ampio scarto a proprio vantaggio rispetto al candidato di centro-destra, il ricorso al voto politico anticipato è ritenuto dagli analisti inutile. Ma se a spuntarla, contro l’avversario di Nuova democrazia, sarà Dimaras, allora il gioco si farà duro per Papandreu.  

Come voteranno giovani e pensionati

Un peso rilevante toccherà ai giovani che si sono visti ridurre il salario base da 740 euro a 590 circa e ai pensionati che ora portano a casa 450 euro mensili invece dei 600 precedenti al pacchetto anti-crisi. Continueranno ad avere fiducia nel premier o cederanno alle sirene che
ammaliano con gli slogan “anti- misure draconiane”?

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