Gordan Duhaček: in Croazia non c’è ancora libertà di parola

Il giornalista del portale Index.hr multato per un tweet “anti-polizia” dichiara a BIRN che il suo caso rientra in uno schema più ampio in cui in Croazia i giornalisti vengono intimiditi e la libertà di parola imbavagliata

24/09/2019, Anja Vladisavljević -

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Gordan Duhaček (foto Index.hr )

(Originariamente pubblicato dal portale BIRN , il 19 settembre 2019)

La questione della libertà di parola non è mai stata così rilevante per la Croazia, il più giovane membro dell’UE e un paese con una sua europarlamentare nominata vicepresidente della Commissione europea per la Democrazia.

Una questione che riemerge dopo che lunedì 16 settembre il giornalista Gordan Duhaček è stato arrestato all’aeroporto di Zagabria mentre stava per lasciare il paese. Trattenuto per tutta la giornata, è stato interrogato e infine multato di 100 euro per aver scritto un tweet “anti-polizia”. Adesso è in attesa di un’altra sentenza per aver scritto in un tweet la trasposizione satirica di una canzone patriottica.

Duhaček, che scrive per il portale giornalistico Index.hr , ha detto a BIRN di considerare il suo arresto e la sua condanna un ulteriore gesto di pressione su giornalisti, cittadini e libertà di parola in Croazia.

"La questione della libertà di parola in Croazia non è mai stata risolta del tutto, e la società croata non è matura abbastanza per portare avanti questo tema", ha detto Duhaček a BIRN, evidenziando l’esistenza di diversi criteri per cui un singolo può essere processato a seconda che si tratti di parola scritta o semplicemente pronunciata.

La canzone satirica era “offensiva della morale nazionale”

Il “controverso” tweet, che metteva in discussione il trattamento che la polizia riserva agli arrestati e conteneva l’acronimo ACAB (“All Coppers are Bastards” / “Tutti i poliziotti sono bastardi”), risale al luglio dell’anno scorso.

Secondo una legge croata degli anni Settanta, richiamata dalla polizia per giustificare l’arresto per l’acronimo “ACAB”, “chiunque screditi o insulti autorità pubbliche o pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni, sarà punito con una multa equivalente… ad un importo dai 50 ai 200 marchi tedeschi o con la detenzione fino ai 30 giorni”.

Duhaček ammette che vi sono specifiche situazioni in cui la polizia ha il diritto di intervenire, ma crede che il suo tweet non rientri in uno di quei casi.

"Mettiamo che mi trovi davanti a un poliziotto o a un gruppo di poliziotti e cominci a gridargli in faccia ‘ACAB’; ecco, in base ad una legge a tutela dei pubblici ufficiali sarei messo sotto accusa, e questo in effetti non sarebbe sbagliato", ha detto.

"Ma se qualcuno twitta ‘ACAB’, e il messaggio è riferito a un episodio di violenza della polizia contro i civili, e non direttamente a uno specifico poliziotto, ebbene, se si va in tribunale per questo credo che la cosa sia semplicemente folle", ha spiegato.

Duhaček si troverà questo giovedì (26 settembre) ad affrontare un altro processo per un altro tweet risalente ad agosto, una parodia satirica delle parole di una canzone patriottica, “Vila Velebita”, che nella sua versione ha il titolo di “La fogna di Velebit” e si occupa di questioni ambientali. Per questo è stato accusato di offesa alla morale pubblica.

"Si tratta di una critica satirica del fatto che l’inquinamento sta peggiorando in Croazia; l’intero paese sta letteralmente sprofondando nelle fogne", ha detto Duhaček.

Index.hr ha scritto molto di casi di inquinamento e dispersione fognaria nell’Adriatico e nei laghi del parco nazionale di Plitvice. Duhaček ha raccontato che mentre si stava occupando dell’inquinamento dei laghi di Plitvice è rimasto esterrefatto dalla risposta del ministro competente, che gli ha detto come la situazione sarebbe stata risolta nel 2023.

"Dovremo aspettare altri quattro anni mentre tutta quella fogna continua ad accumularsi a Plitvice… un fatto che non sembra offendere la morale dei cittadini, che invece si dovrebbero sentire offesi semplicemente perché qualcuno ne parla riscrivendo una canzone popolare che nessuno mai canta", ha obiettato.

L’ordine di arresto è arrivato dall’alto

Le organizzazioni per i diritti umani e l’Associazione dei giornalisti croati hanno condannato con forza il suo arresto. E così hanno fatto diversi politici di opposizione, compreso l’ex primo ministro e prossimo candidato alle presidenziali Zoran Milanović. È stato lui a dichiarare che l’arresto è chiaramente arrivato dall’alto.

Il giorno dopo l’arresto, il Rappresentante OSCE per la libertà dei media ha espresso la sua preoccupazione ufficiale, mentre Dunja Mijatović, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha osservato che l’arresto e la multa "sono pura intimidazione della stampa".

Osserva Duhaček: "Hanno reagito in fretta per ragioni che non riguardano soltanto me, ma perché questo è solo uno dei numerosi casi, e non solo in Croazia; nel sud-est europeo e persino in Europa centrale, di questi problemi ce ne sono sempre di più, si riduce la libertà dei media, si riduce la libertà di parola".

Anche se il livello della libertà di stampa in Croazia non è così allarmante in confronto ad altri paesi, argomenta Duhaček, resta il fatto che è chiaramente più basso adesso rispetto a cinque anni fa.

"La cosa è confermata dagli indici internazionali sulla libertà di stampa e dai report di importanti organizzazioni internazionali, ma il primo ministro Andrej Plenković semplicemente lo nega, e questo non è che un altro indicatore della sua ipocrisia visto che di solito lui adora i report europei".

Commentando l’arresto il giorno dopo, Plenković ha smentito le voci secondo cui il governo stava esercitando pressioni sui giornalisti e ha aggiunto che lo si "accusava con nonchalance di direzionare il comportamento della polizia per far arrestare i giornalisti o dargli una lezione", cosa che sarebbe invece "una totale assurdità".

Duhaček la vede in modo diametralmente opposto. "Se qualcuno pensa che la polizia in Croazia vada ad arrestare un giornalista di Index.hr, che in effetti è il portale di informazione più famoso nel paese, e che tutto questo stia succedendo senza che lo sappiano gli alti ranghi dello stato, allora credo che quel qualcuno non sappia come funziona la polizia in Croazia".

Il ministro dell’Interno Davor Božinović ha ribadito con insistenza che Duhaček non è stato incarcerato per i suoi tweet ma per non aver risposto a una convocazione della polizia.

Ma Duhaček sostiene di essersi presentato domenica alla questura di Zagabria per verificare di che cosa si trattasse, visto che stava per partire per un viaggio di lavoro in Germania.

"Prima la polizia ha dichiarato che non mi sono presentato e che non ho risposto a nessuno, poi invece che mi sono presentato, che ho risposto e che volevo sistemare la cosa, ma che questo stava avvenendo ‘al di fuori dell’area amministrativa della sede ufficiale’".

Duhaček ricorda quanto accaduto lo scorso marzo, quando due poliziotti sono stati accusati di aver intimidito la giornalista investigativa Đurđica Klancir presentandosi in redazione a chiederle i documenti, con la scusa di non essere riusciti a trovare il suo indirizzo nel sistema informatico.

La vicenda era legata a una eventuale causa di diffamazione privata intentata ai suoi danni da parte di un politico e, come sostiene Duhaček, la polizia stava aiutando il politico ad imbastire questa causa.

"Proprio come è successo a me, era ovviamente un tentativo istituzionale di intimidazione".

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto

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