«Go West», la guerra e l’amore ai tempi del conflitto bosniaco

Quasi nessuno ha ancora visto «Go West», prossimo successo annunciato del cinema bosniaco, ma i media e gli ambienti conservatori islamici si sono scatenati già da mesi. Il film racconta una storia d’amore tra due giovani uomini, un serbo e un musulmano, durante l’assedio di Sarajevo

18/04/2005, Redazione -

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Da "Deset minuta", di Ahmed Imamovic

Di Snjezana Pavic, Jutarnji List, 25 marzo 2005
Traduzione dal francese (Ursula Burger Oesch, Le Courrier des Balkans) per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

Questo film di guerra bosniaco i cui protagonisti principali sono due omosessuali – un serbo e un musulmano – ha, come sottolineato dal corrispondente della BBC a Sarajevo, suscitato una moltitudine di reazioni da parte di gruppi religiosi, e il suo regista è stato anche minacciato di morte.

«Go West», dramma di guerra sull’amore di due giovani uomini che escono da una Sarajevo accerchiata e vogliono evadere verso l’Ovest, è divenuto il film bosniaco più attaccato fin dal momento in cui le sue prime scene sono state girate. I primi commenti usciti dalle prime proiezioni interne del film, in particolare quella organizzata al Centro André Malraux, davanti a una ventina di amici, lasciano capire che si tratta di un nuovo capolavoro del cinema bosniaco.

I media denunciano: «una farsa sulla tragedia bosniaca»

Ahmed Imamovic, il regista del film, insignito del Premio dell’Accademia Europea per il suo cortometraggio «Dieci minuti» (Deset minuta), è uno dei registi della nuova generazione più apprezzati di Sarajevo, e ci si aspetta che ripeta il successo di Danis Tanovic che qualche anno fa ha trionfato agli Oscar con il suo film «No man’s land». Dopo la ripresa delle ultime scene con l’attrice francese Jeanne Moreau all’inizio di marzo, il film è stato mandato a Vienna per la postproduzione.

«Noi speriamo che la prima mondiale del film abbia luogo durante il festival di Cannes, e la prima nazionale in occasione del festival d’estate di Sarajevo», spiega il produttore del film, Samir Smajic. Se non è Cannes, allora sarà Venezia. Samir Spajic sembra crederci. Ahmed Imamovic ci ha gentilmente rifiutato un’intervista, dicendo che «sono già sei mesi che non comunica con i media balcanici».

In effetti, gli attacchi dei media sono sempre più violenti, pretendendo che attraverso una storia sul destino di due omosessuali durante la guerra, il film «metterebbe in ridicolo la tragedia bosniaca». Mustafa Ceric, capo della comunità islamica di Bosnia ed Erzegovina, nel suo discorso indirizzato ai fedeli in occasione della festa della fine del Ramadan, ha parlato dell’omosessualità come di un male che è stato importato in Bosnia ed Erzegovina dall’Occidente per infangare la tradizione bosniaca, e che bisogna dunque scacciare.

La cosa più importante è che il film è una eccellente storia, piena di emozioni, di calore e di tolleranza. Se si fosse trattato di due amici anziché di due amanti, nessuno si sarebbe interessato alla storia, sostiene Samir Smajic. Nel film, Tarik Filipovic, che interpreta il personaggio di Milan, e Mario Drmac, quello di Kenan, sono due studenti nella Sarajevo assediata. Milan riesce a fare uscire Kenan attraverso le postazioni serbe travestendolo da donna. Lo conduce nel suo villaggio, a casa del padre, il cui ruolo è interpretato da Rade Serbedzija. Lo presenta come una ragazza, di nome Milena. I due giovani si preparano a partire verso l’Occidente, per Amsterdam, ma prima di ciò il padre vuole che il figlio si sposi e prepara la festa di matrimonio.

Nessuna scena di sesso

Il produttore Smajic non si aspetta problemi una volta che il film sarà distribuito: i critici hanno già usato tutto il loro fiato, e una volta che il film sarà visto, ci si accorgerà che gli attacchi non avevano alcun legame con la storia. Ad ogni modo, non ci sono scene esplicite di sesso nel film, afferma il giornalista Dino Bajramovic, secondo cui il film è «geniale». Il co-scenografo Enver Puska dice che è tragico che, nella Sarajevo del ventunesimo secolo, esistano persone così «ignoranti e malate», capaci di commentare un film che non hanno neppure visto. «Il nostro problema è che durante la guerra, il nostro ospedale per le malattie psichiche è stato devastato, il che fa sì che le persone che vi soggiornavano sono uscite e sono diventate giornalisti», afferma Enver Puska.

Senad Avdic, redattore capo del giornale Slobodna Bosna, che ha subito anch’egli dei brutali attacchi dopo aver preso le difese del film, dice che quelli che hanno reagito contro il film erano dei cineasti radicali bosniaci, che ritengono che nessun film fino ad oggi abbia mostrato la tragedia di cui i Bosniaci erano vittime. «I sedicenti guardiani della rivoluzione non hanno potuto sopportare che, al posto di scegliere come tema il genocidio commesso contro i Bosniaci, questa troupe giri un film sulla sofferenza degli omosessuali nella Sarajevo assediata», spiega Senad Avdic.

Il settimanale Walter attacca con bassezza

Il principale giornale a lanciare l’attacco è stato l’oscuro settimanale Walter, che Senad Avdic afferma essere il portavove della «destra radicale ultraprimitiva». Per Vanja, coordinatrice dell’associazione Queer di Sarajevo, tutto questo rumore sollevato intorno al film è una cosa eccellente. Ci sono state più reazioni positive che attacchi. È molto importante che si parli pubblicamente di queste cose, afferma Vanja. «Le posizioni sono totalmente divise, ma è sempre così quando si tocca la problematica legata alla popolazione omosessuale», valuta lei. Una volta che «Go West» sarà distribuito, Senad Avdic si attende comunque degli attacchi ancora più violenti, e questo non da parte dei radicali bosniaci ma dei Serbi. «Perché è prima di tutto un film antiserbo, un film che parla apertamente del fascismo dell’armata serba durante quella guerra», dice l’influente redattore capo di Slobodna Bosna.

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