Giustizia per i crimini di guerra nei Balcani
Creata una coalizione regionale di organizzazioni di Sarajevo, Zagabria e Belgrado per documentare con precisione quanto avvenuto durante le guerre e assistere vittime e inquirenti nella ricerca di giustizia. Primi sorprendenti risultati nelle ricerche sulla contabilità delle vittime
Di Aida Alic, Aida Sunje e Hugh Griffiths*, Sarajevo, IWPR, 2 giugno 2005 (titolo
originale: "Balkan War Crimes Justice Breakthrough")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta
Tre organizzazioni di Bosnia, Croazia, Serbia e Montenegro stanno unendo le forze per compiere un lavoro di ricerca e documentare i crimini di guerra commessi in questi Paesi durante le guerre svoltesi negli anni novanta nella ex Jugoslavia.
Il Centro Legale Umanitario di Belgrado, HLC, l’ufficio Documenta di Zagabria ed il Centro di Ricerca e di Documentazione di Sarajevo, RDC, sono al lavoro per stabilire la verità storica dei fatti in una regione tormentata da versioni mutuamente esclusive della storia recente.
Queste organizzazioni stanno costruendo il più grande ed accurato database sui crimini di guerra, con i dettagli sui crimini commessi, le deposizioni dei testimoni e le prove documentarie contro i possibili colpevoli, che saranno rese disponibili ai magistrati inquirenti che localmente si occupano dei crimini di guerra in Bosnia, Croazia, Serbia e Montenegro.
Le organizzazioni stanno anche creando gruppi di monitoraggio transfrontalieri sui processi per crimini di guerra, che assistono i testimoni che arrivano dagli Stati balcanici per deporre nei tribunali di Paesi diversi dal proprio e che accompagnano inoltre le famiglie delle vittime, dall’estero ai tribunali locali, affinché possano vedere che giustizia viene fatta.
C’è la speranza che questi sforzi per portare alla luce la verità e per cercare giustizia per le vittime porteranno ad una migliore comprensione e ad un riconoscimento dei crimini commessi nella regione, ponendo le basi per una riconciliazione.
Ma le organizzazioni avvertono che il diffuso negazionismo dell’opinione pubblica, la manipolazione della storia recente da parte delle élite politiche e la scarsità di processi a livello locale per i crimini di guerra indicano che la riconciliazione è ancora una prospettiva lontana.
"Sfortunatamente, in tutta questa regione i politici nazionalisti continuano a manipolare la verità storica per i propri scopi politici, "ha detto il direttore di RDC, Mirsad Tokaca.
"Per loro è un gioco di numeri, per mostrare che la ‘loro’ gente è innocente, e gli ‘altri’ sono colpevoli. Il nostro progetto è reso ancora più importante dal fatto che nessun governo sta cercando di stabilire una documentazione accurata di ciò che è davvero accaduto."
Vesna Terselic di Documenta concorda. "Il numero delle vittime bosniache di etnia musulmana, croata e serba è stato manipolato dai vari governi per aumentare i rancori e per rendere più profonde le divisioni tra la gente di diverse appartenenze etniche," ha detto.
"Un tale comportamento è molto pericoloso. Abbiamo già visto come nel corso della storia argomentazioni simili – il numero delle vittime nel campo di concentramento di Jasenovac – sono state usate per attizzare l’odio necessario a creare le condizioni per la guerra tra i Serbi e i Croati in Croazia nel 1991".
Terselic si riferisce al campo di concentramento della Seconda Guerra Mondiale dove almeno 100.000 Ebrei, Serbi e Zingari furono trucidati dal regime Ustascia di Ante Pavelic, che costituì lo Stato Indipendente di Croazia, sotto la protezione dei Nazisti, tra il 1941 ed il 1945.
"Invece di accettare che centinaia di migliaia di persone morirono e che questo non dovrà mai più accadere, i nazionalisti a Zagabria e a Belgrado all’inizio degli anni ’90 manipolarono i numeri di Jasenovac per perseguire il loro obiettivo politico, che era quello di accentuare le divisioni tra i Serbi e i Croati," ha detto Terselic.
"Il periodo più terribile del passato della Croazia è stato reintrodotto nella vita contemporanea ma invece di assumersi le proprie responsabilità e lasciare riposare in pace il passato, una parte sminuiva il numero dei morti mentre l’altra esagerava le cifre.
Il dibattito degli anni ’90 su Jasenovac mostra solo quanto il passato può essere pericoloso per il presente, il che rende ancora più importante che la verità sia stabilita in questa occasione."
Una delle organizzazioni all’interno della coalizione ha già fatto molti progressi nel determinare il reale numero delle vittime della guerra in Bosnia.
La RDC di Sarajevo si avvia a concludere il suo progetto "Perdite di Popolazione in Bosnia ed Erzegovina 1992-1995", che esperti internazionali riconoscono essere lo studio scientifico più dettagliato a tutt’oggi.
Il numero dei morti in tempo di guerra in Bosnia è stato l’oggetto di aspri dibattiti a partire dalla fine della guerra nel novembre 1995. Le stime variavano da 50.000 a 250.000, con l’ultima cifra che era il dato citato più frequentemente.
I risultati della RDC ottenuti fino ad oggi hanno sorpreso molti – i controlli incrociati tuttora in corso hanno confermato finora 90.000 morti e Tokaca ritiene che la cifra finale sarà intorno ai 130.000.
I risultati della RDC sono già stati contestati da alcuni membri del Partito per l’Azione Democratica, SDA, di orientamento nazionalista musulmano, che ha sempre sostenuto che la cifra reale fosse almeno di 250.000.
"Questo progetto ha sconvolto alcune persone perché la cifra reale sarà in effetti più bassa delle stime che essi hanno sempre citato," ha detto Tokaca.
"Ma per uno storico e per un ricercatore, è molto più importante stabilire la verità, anziché avere una stima gonfiata come simbolo di sofferenza."
"Questo gioco dei numeri è insensato e svilisce le vittime. Avere 130.000 morti in Europa è pur sempre un numero enorme."
"Chiunque guardi il nostro progetto può vedere che una vittima è un individuo, non solo un numero da segnare col gesso su un segnapunti diviso per etnìa."
Da una fila di computer su cui giovani volontari inseriscono dati ed eseguono controlli incrociati dei riferimenti, Tokaca ha spiegato come la sua ricerca ha ridotto le cifre. "Abbiamo fatto un controllo incrociato di tutti i nomi con altri dati disponibili, come luogo e data di nascita, nomi dei genitori e luogo di residenza," ha detto.
"Anche se è vero che noi stiamo stabilendo chi davvero è stato vittima di questa guerra e quale gruppo etnico ha maggiormente sofferto, si può anche dire che nessun gruppo etnico è ‘innocente’ o ‘colpevole’".
"Anche se il maggior numero delle vittime erano persone di origine musulmano bosniaca, si deve dire che anche le vittime hanno commesso crimini".
Anche se le organizzazioni devono ancora reperire i fondi per parte dei loro programmi, HLC e Documenta sperano di combinare i loro database con quello di RDC entro i prossimi due anni.
La coalizione ritiene che sarà allora in grado di presentare un censimento completo di tutti coloro che furono uccisi nelle guerre in Bosnia e in Croazia, insieme ai loro nomi e, per molti, alle loro fotografie.
Non meno della ricostruzione accurata dei fatti, la coalizione sta cercando giustizia per le vittime attraverso i processi per i crimini di guerra a livello locale, mentre il tribunale dell’Aja inizia a rallentare il suo impegno. Comunque le autorità in Bosnia, Croazia, Serbia e Montenegro si sono talvolta mostrate riluttanti ad investigare e a perseguire le persone accusate di crimini di guerra.
La coalizione sta cercando di incoraggiare le autorità ad aprire più procedimenti rendendo disponibili i loro database sulle vittime e le deposizioni dei testimoni agli inquirenti locali sui crimini di guerra.
"I governi in questa regione non perseguono volentieri i casi di crimini di guerra che coinvolgono membri del gruppo etnico di maggioranza, perché temono un costo politico," ha detto Kandic dell’HLC.
"Ma rendendo disponibili le deposizioni dei testimoni, insieme ai testimoni stessi, noi speriamo di facilitare un maggior numero di processi."
I giudici e i procuratori delle locali corti per i crimini di guerra sono stati accusati di molteplici irregolarità procedurali. Accuse di parzialità politica nelle corti bosniache, croate e serbe sono un fatto tutt’altro che raro.
A questo fine, la coalizione ha costituito un team regionale di monitoraggio sui crimini di guerra, che sta attualmente seguendo cinque processi in Bosnia, Croazia e Serbia, come pure due in Kosovo, per assicurare che i processi siano condotti con imparzialità.
"Controlliamo che la legge venga applicata con equità ed efficacia," ha detto Tokaca.
La coalizione aiuta anche i testimoni e i parenti delle vittime che vengono da altri Paesi dei Balcani per testimoniare o per vedere che giustizia sia fatta nelle corti degli Stati un tempo ostili.
"Lavorare insieme a livello regionale è essenziale nel caso dei processi locali per crimini di guerra," ha detto Terselic.
"Questo perché vittime e carnefici si trovano spesso da parti differenti delle nuove frontiere che dividono l’ex Jugoslavia."
Kandic concorda. "Dobbiamo lavorare insieme per incoraggiare i testimoni che vivono in Croazia a venire in Serbia a testimoniare, o vice versa", ha detto.
"Spesso è una prova terribile testimoniare in una corte alla presenza di qualcuno che hai visto uccidere un tuo parente. Immaginate come ci si deve sentire ad arrivare in un Paese da cui siete stati espulsi per pulizia etnica, per accusare un ex poliziotto".
La coalizione lavora anche con le locali forze di polizia per assicurare la protezione dei testimoni durante la loro permanenza, e fornisce assistenza legale ai sopravvissuti.
Essi sperano che il loro lavoro di documentazione e di ricerca, unitamente a un maggior numero di processi per crimini di guerra a livello locale possa stimolare il dibattito e il dialogo tra le vittime di nazionalità diverse.
Ma mettono in guardia che il loro lavoro con le vittime è minato dai politici nazionalisti di ogni etnìa, che usano i gruppi di vittime e le associazioni di sopravvissuti per perseguire i loro scopi politici.
"Molte organizzazioni di vittime hanno un’agenda politica," ha detto Tokaca.
"Se ne sono impadroniti i partiti al potere, che li controllano attraverso l’elargizione di fondi, e perciò non sono strumenti utilizzabili per un significativo dialogo tra vittime di diverse etnìe.
"Similmente, la maggior parte dei media dei Balcani non è interessata a rendere pubblica la verità sui crimini di guerra e sulle reali circostanze in cui le vittime delle differenti etnìe persero la vita.
"Noi stiamo documentando la verità e abbiamo fatto buoni progressi, ma rivelare questa verità al più ampio pubblico dei Balcani sarà più difficile."
*Aida Alic e Aida Sunje sono praticanti presso l’ufficio di Sarajevo di IWPR/BIRN. Hugh Griffiths è coordinatore delle inchieste di IWPR/BIRN