Giustizia per David: “Lottiamo per i nostri figli vivi”
"Vediamo che si attivano sempre più persone. Vediamo che le persone aspettavano che qualcuno parlasse, perché la gente aveva paura di parlare, viveva nella paura. Questa paura gli è stata messa addosso. Paura gli uni degli altri, paura di non riuscire a sopravvivere, paura di tutto". Un’intervista a Daniela Ratešić, del gruppo Pravda za Davida
Daniela Ratešić è una delle figure più attive del gruppo di Pravda za Davida. Operatrice sanitaria, Daniela è la mamma di Katarina, una delle amiche più strette di David Dragičević – il ragazzo ucciso in condizioni mai chiarite a Banja Luka nel marzo scorso – e una dei cosiddetti “dvanaest veličanstveni“ (i “dodici magnifici”), il cerchio più ristretto di amici del 21enne di Banja Luka. Questi si erano adoperati nelle ricerche nei giorni della scomparsa di David insieme al padre Davor e alla madre Suzana. I “dodici magnifici” hanno poi iniziato, sempre insieme ai genitori di David, la mobilitazione quotidiana in Piazza Krajina per chiedere verità e giustizia, che prosegue ancora oggi dopo più di 190 giorni dalla morte di David. Avvicinatasi al collettivo inizialmente per aiutare la figlia, Daniela è oggi in prima linea nel collettivo a fianco di papà Davor e di altri cittadini di Banja Luka.
Come si è formato il gruppo di Pravda za Davida?
Il nucleo originario è formato dai genitori di David e dai suoi amici più cari, che hanno radunato altri cittadini. Noi ci siamo uniti più tardi. Ciò che ha animato l’interesse delle persone è che, per prima cosa, ogni ragazzo di questa città poteva essere David. E chiunque vede in David il proprio potenziale figlio. Secondo: tutto ciò che abbiamo detto, in piazza o con i media, lo diciamo con l’anima e il cuore. Non sono testi che qualcuno ci ha detto di leggere. E le persone lo sentono. Si crea un senso di vicinanza e fiducia.
La cosa più importante è questa: quando ci hanno accusati di essere parte dell’opposizione [in Republika Srpska, ndA], io vi garantisco che se l’opposizione avesse organizzato qualche protesta, non sarebbe durata nemmeno due giorni. L’opposizione è debole, e se non lo fosse non permetterebbe l’arroganza di questo governo. Nessuno ci ha guidato, condotto, usato. Abbiamo negli ultimi tempi chiesto all’opposizione di sostenere Pravda za Davida, vero. Ma abbiamo chiesto che loro sostengano noi, non il contrario. Ed è importante che l’opposizione non pensi, se dovesse vincere le elezioni, che Pravda za Davida scomparirà. Pravda za Davida rimarrà per sempre, e sarà un monito per ogni governo affinché faccia ciò che deve, secondo la legge, e che la gente vuole uno stato di diritto in cui gli omicidi non possono rimanere impuniti.
La mobilitazione dura ormai da più di sei mesi. È cambiata la città attorno a voi, e il modo in cui vi guarda?
Vediamo che si attivano sempre più persone. Vediamo che le persone aspettavano che qualcuno parlasse, perché la gente aveva paura di parlare, viveva nella paura. Questa paura gli è stata messa addosso. Paura gli uni degli altri, paura di non riuscire a sopravvivere, paura di tutto, ed è con la paura che è più facile tenere la gente sotto controllo. Quando Davor [Dragičević, il papà di David] ha iniziato a parlare, allora hanno iniziato a muoversi, a darci supporto in modo aperto, senza paura, nonostante le pressioni e le intimidazioni. Adesso la paura non esiste più.
Ora, alla vigilia delle elezioni, sono i membri del governo ad essere nervosi…
Loro hanno paura di perdere il potere. Certo, non è la classica paura che ha la gente. Loro non hanno quel tipo di paura. Però si è aperto il vaso di Pandora in cui erano rinchiusi molti reati, rapine ai danni del popolo, miliardi spariti dal bilancio pubblico nelle mani di privati. In questo senso sì, hanno paura. Ma non come noi che abbiamo temuto per le nostre vite. Loro si sono messi al sicuro economicamente, possono fuggire all’estero se perdono le elezioni, e noi immaginiamo che possano farlo. Per fuggire dalla legge, dalla gente, da quello che potrebbe succedere. La gente non è violenta, non è quello lo scenario. Ma la gente rivuole i soldi indietro, vuole che questo paese si riprenda e vuole vivere una vita normale qui. Nessun grande ideale. Non dobbiamo essere come la Svizzera, non potremmo esserlo neanche tra mille anni. Ma possiamo vivere normalmente e del nostro lavoro.
Cosa vi aspettate che succeda dopo le elezioni?
Ci sono due opzioni. La prima, se vince l’opposizione [in Republika Srpska, ndA], è che continuiamo la nostra battaglia legale, e faremo ancora più pressione per risolvere il caso il prima possibile, e che tutti i responsabili vengano sanzionati, perché ci sono abbastanza prove della loro implicazione. Pravda za Davida continuerà a esistere. Forse non con quest’intensità, adesso siamo in piazza 24 ore su 24. Ma saremo ogni giorno in manifestazione e continueremo a fare pressione.
Se invece i partiti ora al potere vincessero di nuovo, e a noi sembrerebbe molto strano, siamo consapevoli che per noi la vita qui si fa dura, soprattutto per noi che siamo stati in prima fila. Prenderanno provvedimenti contro di noi, è quasi certo. In questo caso, in particolare per noi, non ci sarebbe altra strada che cercare asilo all’estero. Questo l’ha già detto in pubblico anche Davor, che il 9 ottobre non saremo più qui se loro vinceranno di nuovo. È stato lo stesso presidente [Milorad Dodik, ndr] a dire che non saremo più qui. L’ha detto in un comizio elettorale, ha detto che possiamo far festa fino all’8, poi ci spazzerà via. È una dichiarazione molto seria da parte di un membro delle istituzioni. Siamo sconvolti da questo. E noi sappiamo, perché ci è giunta l’informazione da fonti di polizia, che il cosiddetto piano di pulizia della piazza è stato concepito già da un mese. Siamo coscienti di questo, e abbiamo informato le ambasciate, le persone che pensiamo che debbano averne conoscenza. Questo può diventare un problema per i paesi dell’Unione europea, non solo per noi. Ed è lì che chiederemmo asilo. Il nostro obiettivo è restare in questo paese, costruire il nostro paese, e uno stato di diritto.
Che tipo di pressioni avete ricevuto dalle istituzioni e dai media governativi?
Qualche giorno fa abbiamo intentato una causa contro il direttore del telegiornale della RTRS [la radiotelevisione della Republika Srpska, ndr], che ha creato una macchinazione contro di noi. Ci hanno etichettato e infangato, in modo che qualunque folle con qualche idea in testa possa venire ad ammazzare noi o i nostri figli. Noi non vogliamo solo correttezza su di noi, ma anche mostrare cosa fa un servizio pubblico che dovrebbe essere al servizio dei cittadini, che è pagato ogni mese dai cittadini. Sono arrivati al punto tale da dire che noi paghiamo la gente che viene in piazza 100 marchi. Penso che persino Soroš andrebbe in bancarotta se dovesse fare una cosa del genere. Quando il professor Čeranić [docente in scienze della sicurezza all’Università di Banja Luka, ndr] ci ha accusati di essere una rivoluzione colorata, abbiamo portato i bambini in piazza, abbiamo dato loro pastelli e pennarelli. Poi ho annunciato: “Da questo momento dichiariamo aperta la nostra rivoluzione colorata”, e tutti i bambini sono andati a colorare l’asfalto. Sì, scherziamo sempre nei momenti più difficili. Questa gente ha perso tutto, ma non il suo spirito.
La cosa particolare è che le persone che ora sono al potere, sono arrivate al potere perché sono state appoggiate dagli Stati uniti, sono arrivati al potere sui carri armati della SFOR, e hanno preso il potere con una specie di rivoluzione colorata, hanno collaborato con la fondazione Soroš, e ora pensano che tutti quelli che si rivoltano contro di loro siano il loro specchio. Loro non capiscono che è la gente comune a sollevarsi contro l’ingiustizia. Nessuno ci paga. Siamo genitori normali, cittadini normali, lavoratori normali. L’aiuto che ci arriva, arriva dalle persone che vivono qui o all’estero, che sono andati via per la guerra o dopo la guerra, per la situazione economica. Queste persone ci contattano ogni giorno, ci danno anche sostegno economico. La gente di Banja Luka ci dà tutto ciò che è necessario per stare in piazza, anche per l’inverno. C’è una grande solidarietà dei cittadini, mentre loro dicono di noi che siamo pagati dall’estero, terroristi che vogliono distruggere la Republika Srpska, perché solo loro si sentono la Republika Srpska.
Davor ha accusato direttamente Dodik [presidente della RS] e Cvijanović [premier della RS] perché loro sanno cosa è successo. Certo, non dice che l’hanno ucciso loro suo figlio. Ma se hai informazioni, e stai zitto o nascondi qualcuno, sei complice del crimine. E sappiamo chi e cosa nascondono. Perché? Perché quel qualcuno ha informazioni su di loro. È un circolo vizioso. Se cade uno, tira giù tutti gli altri. È come una piramide, se togli il blocco in basso in mezzo, cade tutto. Davor ha tanta pazienza. Lui era molto legato con suo figlio, gli amici di David quando parlano con lui hanno l’impressione di parlare con David. Dicono che il suo modo di gesticolare e di scherzare sia molto simile a quello di David. La sua grandezza è in questo. In nessun momento si è lasciato andare alla collera o al desiderio di vendetta. Lui ha saputo come parlare, in tutto quel dolore. Noi invece lottiamo per i nostri figli vivi. Quando a me chiedono: “Da dove arriva tutta questa vostra energia?" Io rispondo che lui ha un’energia incredibile, noi invece dovremmo avere il doppio dell’energia e dei motivi per lottare, per non vivere quello che ha vissuto lui. Hanno fatto una pressione costante su di lui affinché facesse un passo falso. Ma Davor è sempre rimasto tranquillo e con la sua dignità.