Giochi di guerra in Turchia: intervista a Enver Sezgin
Una riflessione sul significato dell’attuale confronto militare tra Ankara e Pkk nel sud est della Turchia. Le conseguenze della prigionia di Ocalan e le possibili ricadute sulla politica turca in generale e la questione curda in particolare del percorso di integrazione europea. Nostra intervista
Di: Nese Duzel, Radikal, 11.07.05
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Fabio Salomoni
Enver Sezgin è curdo, di Batman. In gioventù è stato membro del Partito Comunista Turco, scelta che lo ha costretto a dodici anni di clandestinità. Un periodo che ha poi raccontato nel libro Batman, Bolscioi. Dopo aver partecipato, agli inizi degli anni ’90, al controverso esperimento del Movimento per la Nuova Democrazia, attualmente scrive per il settimanale di cultura popolare curda Esmer.
Osservatorio sui Balcani: Nel Sud-Est sono ricominciate azioni t[]istiche il cui obbiettivo appare piuttosto oscuro. Si preparano trappole per i militari, si piazzano bombe lungo la ferrovia. Chi sono gli autori, il PKK?
Enver Sezgin: Non posso certo dire che questa o quella azione è stata compiuta dal PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ndr, ma è chiaro che il PKK ha compiuto alcune azioni militari, lo ammettono loro stessi del resto. Nel 1984 nella regione è cominciata una guerra, c’è chi l’ha definita una guerra a bassa intensità e chi una guerra civile. Qualunque sia il nome si è trattato di una guerra. Un conflitto che si è concluso nel 1999, ed a concluderlo è stato Abdullah Ocalan
In che modo è finita?
Ocalan dopo essere stato arrestato nel 1999 ha dichiarato la fine della guerra, ha detto che non si sarebbero più usate le armi e ha dato ordine ai gruppi armati di abbandonare il territorio turco. Resta il fatto che le azioni del PKK si sono interrotte. Nel giugno 2001 però, in occasione di un incontro con i suoi avvocati, ha dichiarato la fine del cessate il fuoco ed ha invitato i suoi uomini a riprendere le armi, così sono riprese le azioni armate. La realtà è che Ocalan nel 1999 non aveva dichiarato il cessate il fuoco ma la fine della guerra. A mio parere la guerra è finita nel 1999. Gli uomini sulle montagne erano stremati, sconfitti dal punto di vista militare. L’arresto di molti leaders ha poi allargato la crisi. E’ in qualche modo necessario che queste persone rimaste per anni sulle montagne, possano scendere a valle. Questo è un problema che deve risolvere la politica.
Qual è l’obbiettivo delle recenti azioni militari del PKK?
In passato combattevano per assicurarsi il controllo di alcune regioni oppure per realizzare alcuni obbiettivi politici, come la federazione. Adesso però non si tratta di obbiettivi politici. Ora queste azioni hanno il solo scopo di rafforzare la posizione di Ocalan di fronte allo stato. Ocalan vuole che lui stesso e la sua organizzazione vengano riconosciuti come gli unici rappresentanti curdi. Questo è il vero obbiettivo attuale del PKK, il fare accettare Ocalan come il rappresentante dei curdi.
Altri obbiettivi sono la fine dell’attuale detenzione di Ocalan ed un’amnistia generale per quelli che stanno sulle montagne. Per tutte queste ragioni quella di oggi non è una guerra ma un gioco di guerra.
Che tipo di gioco?
Senta, uno scontro che non ha un obbiettivo politico è un gioco di guerra. Non si può portare avanti una guerra solo per un’amnistia generale o per legittimare il PKK. Purtroppo in questa guerra muoiono giovani, i militari e quelli che sono in montagna. In più se si trattasse di una guerra nel vero senso della parola perchè dovrebbero volere un’amnistia generale? Se chiedono un’amnistia significa che non pensano ad una guerra prolungata
Chi controlla il PKK?
Abdullah Ocalan. In realtà il PKK ha cambiato nome, è diventato Kongra-Gel. Dagli incontri con gli avvocati possiamo dedurre però che ad Ocalan non è bastato. Egli ha così emanato un nuovo ordine "Continuiamo con Kongra-Gel ma rifondiamo il PKK". Nella rifondazione alcuni vecchi dirigenti sono stati messi da parte, al loro posto sono state piazzate persone molto vicine a Ocalan. In questo modo ha creato un’organizzazione legata a lui al 100%. Se devono ricominciare le azioni militari, allora è necessario il PKK, perchè il PKK non è solo una formazione politica ma anche un gruppo armato. Abdullah Ocalan dalla prigione ha creato di nuovo il PKK.
Come può Ocalan dal carcere dell’isola di Imrali mantenere i contatti con l’organizzazione?
In questo modo. Se riesce ad incontrarsi con gli avvocati, dà una serie di ordini che raggiungono istantaneamente i dirigenti che mettono in atto politiche conseguenti. Per esempio ultimamente Ocalan ha messo sul tavolo la proposta del Confederalismo democratico. Essa è stata immediatamente recepita sia dal PKK che dai suoi fiancheggiatori.
Lei ha detto: "Se riesce a incontrare i suoi avvocati". Capita che non ci riesca?
A volte a causa delle condizioni metereologiche saltano gli incontri settimanali. Recentemente poi è stata emanata una legge secondo cui agli incontri partecipa anche un rappresentante del Ministero della Giustizia, e gli incontri vengono registrati. Gli avvocati per protesta hanno sospeso gli incontri. In realtà le registrazioni avvenivano anche prima, una telecamera le riprendeva ed i nastri venivano spediti allo Stato Maggiore o in altri posti simili. Probabilmente questo materiale non arrivava al governo, questa è la ragione per cui ora è stato coinvolto anche il Ministero della Giustizia.
Secondo lei, le ultime azioni godono di un appoggio consistente?
Secondo me no. Certo, anche se non più come in passato, il PKK ed Ocalan hanno ancora una grossa influenza sul movimento politico curdo ma questo non significa che i curdi sostengano le azioni armate. I curdi non sostengono la soluzione dei loro problemi attraverso la violenza. Gran parte della popolazione curda non approva questo genere di operazioni. E per una semplice ragione: in passato sono stati proprio i curdi a pagare il prezzo più alto per questo genere di scelte. Non vogliono rivivere quei giorni, vogliono che la questione curda si risolva con metodi democratici.
Certo è naturale che le azioni armate attraggono alcuni giovani che appartengono all’esercito dei disoccupati urbani. Ci sono problemi gravi quali proprio la disoccupazione, la povertà, la mancanza di istruzione. Problemi che favoriscono il ricorso alla violenza.
Il percorso di adesione all’Unione Europea sta favorendo condizioni legali e democratiche perchè tutti, a cominciare dai curdi, possano vivere liberamente in questo paese. Al PKK non piace la democrazia dell’UE?
Nei discorsi teorici, è possibile che periodicamente difendano l’adesione alla UE ma tra quello che dicono e quello che fanno c’è un’incongruenza. Con le sue azioni negli ultimi tempi il PKK, consapevolmente o no, si sta trasformando in un ostacolo nel processo di adeguamento ai criteri europei da parte della Turchia. Se vogliono veramente un’amnistia, se vogliono realmente portare avanti una battaglia politica sul piano della legalità, è fuori discussione che hanno bisogno di democrazia. La questione curda e l’adesione europea sono temi legati strettamente tra loro. Nei Criteri di Copenhagen ci sono tutti i diritti individuali e sociali che i curdi rivendicano. Non sono solamente quelli del PKK, ma anche alcuni intellettuali curdi a non essersi resi conto dell’importanza della questione europea. Se invece di guardare da una prospettiva più ampia, della democrazia, continuano a guardare attraverso l’angusto spiraglio della questione Ocalan, della sua detenzione, beh allora non ne verranno più fuori. Si, le parole di Ocalan hanno ancora un grande effetto, i suoi ordini vengono eseguiti, di più, Ocalan continua ad avere una grande influenza su tutti i curdi. Per questo nessuno può impedirgli di fare politica, sarebbe impossibile. Quello di cui abbiamo bisogno però sono persone che possano dire quello che realmente pensano.
I curdi non possono dire quello che pensano?
Per i suoi fiancheggiatori, parlare liberamente è abbastanza difficile
Tutti i curdi sono fiancheggiatori di Ocalan?
No, assolutamente
Cosa pensa lei? Il PKK vuole sabotare l’adesione alla UE?
Fino ad ora non hanno detto niente di simile ma qualunque siano le loro intenzioni, le loro azioni fanno il gioco di sabotare l’adesione all’Unione Europea.
Chi finanzia il PKK?
Non lo so ma è indubbio che senza un qualche appoggio è impossibile garantirsi le armi, portare avanti il gioco di guerra.
Se il PKK riuscisse a compromettere il clima di pace, se riuscisse a ricreare un clima oppressivo, in che modo questa situazione porterebbe vantaggi ai curdi?
Nessun vantaggio, solo danni, perchè in questo caso i curdi dovrebbero fronteggiare un pericolo maggiore, in questo caso la condizione dei curdi peggiorerebbe di molto.
In che misura il PKK rappresenta i curdi di Turchia?
E’ impossibile valutarlo ma il PKK manipola gran parte della politica curda e la tiene sotto la sua influenza.
Qual è l’atteggiamento di Leyla Zana e del suo movimento politico verso il PKK?
Il Movimento per la Società Democratica (DTH) è partito con un ordine che Ocalan ha mandato dal carcere attraverso i suoi avvocati "Formate un partito a fianco del DEHAP che cominci la sua attività con il nome di Movimento per la Società Democratica". E’ stato Ocalan a dare il nome al movimento, l’ha fatto iniziare lui. Leyla Zana ed i suoi amici hanno aderito successivamente.
Se gli intellettuali ed i politici curdi si esprimessero decisamente contro le azioni t[]istiche, il PKK potrebbe continuare le sue azioni?
Quantomeno si ridurrebbe l’appoggio ed in questo il compito principale spetta a coloro che fanno politica parallelamente ad Ocalan ed al PKK. Bisogna che DEHAP Partito Democratico del Popolo, ndr e DTH si esprimano contro la violenza, che dicano apertamente "Noi siamo contro la violenza e non la sosteniamo". Se in questo paese volete fare politica legalmente, dovete prendere le distanze dalla violenza e criticare la lotta armata, è tanto semplice. Da un lato le armi in pugno, dall’altro la lotta democratica, no, non funziona. O le armi o la lotta democratica, dovete sceglierne una.
Attualmente qual è il problema principale per i nostri concittadini curdi?
La questione curda si compone di due aspetti: la povertà, la disoccupazione, la mancanza di prospettive e dall’altro le libertà ed i diritti legati all’identità curda. Se andate a Diyarbakir, Batman o Mardin vi troverete di fronte ad una situazione per lo meno tragica. Invece il governo AKP si comporta come se il problema non esistesse. I passi in avanti fatti in tema di libertà di stampa o di uso della lingua curda non sono stati accompagnati da adeguate misure di sostegno. In realtà l’applicazione dei Criteri di Copenaghen sarebbe sufficiente per la soluzione della questione curda in questo paese.
La maggioranza dei curdi considera con interesse l’ipotesi di vivere a fianco dei turchi in un paese membro dell’UE, o sono altri i progetti politici più attraenti?
E’ possibile che alcuni curdi abbiano altri progetti, ed è normale. Quello che conta è il non far ricorso alla violenza. In Spagna tra i baschi ci sono punti di vista differenti: alcuni ambienti nazionalisti vogliono uno stato indipendente, altri sostengono la piena autonomia. Personalmente io vorrei che che turchi e curdi prendessero posto insieme nella famiglia dell’UE. Anche per i curdi l’Unione Europea rappresenta una tappa verso la modernità. Se ne avessero la possibilità, probabilmente anche i curdi del Nord Irak lo vorrebbero.
In che modo la struttura politica che si sta delineando nel Nord Irak influenza i nostri concittadini curdi?
I curdi in Turchia pensano: "Nel Nord Irak è stata creata una federazione, tra i fondatori ci sono anche i curdi. Anch’io sono curdo. Loro hanno ottenuto alcuni diritti" . Inoltre vedono che perfino in un paese come l’Irak è possibile arrivare a delle soluzioni attraverso mezzi democratici. C’è poi questo: il fatto che si sia formata una federazione curda nel Nord Irak non significa che anche i curdi di Turchia vogliano la stessa cosa. Certamente ci sono alcuni in Turchia che vogliono una federazione, ed è un argomento che si può dibattere in un clima democratico, ma non bisogna dimenticare che le condizioni del Nord Irak sono molto diverse da quelle turche: là i curdi vivono concentrati in una sola regione, qui i curdi sono sparsi su tutto il territorio nazionale. Le due società hanno poi una storia sociale e politica molto diversa. Per queste ragioni non è possibile che si verifichi quello che è accaduto in Irak, qui la soluzione sarà diversa. C’è di vero però che l’entità politica curda in Irak ha aumentato la fiducia in sè stessi tra i curdi in Turchia.
Mentre aumentano le azioni armate del PKK, cosa ne è della forza politica dei politici curdi, si rafforza o si indebolisce?
Senza dubbio si indebolisce. Le azioni del PKK danneggiano quelli che fanno politica legalmente.
A suo parere che cosa si deve fare per risolvere la questione curda?
Nel 1992, con alcuni ex deputati e ministri come Tarik Ziya Ekinci e Serafettin Elci, abbiamo dato vita all’Iniziativa Progressista Curda per arrivare alla soluzione della questione. Avevamo detto che la questione curda si sarebbe risolta solo con mezzi pacifici. Anche oggi la chiave della questione curda è questa. Ci si deve opporre alla violenza ma è necessario ancora coraggio per poterlo dire ad alta voce.
Se la questione curda si risolvesse, che ne sarebbe di Ocalan?
Non avrebbe certo il potere che ha oggi. Se si arrivasse ad una soluzione con mezzi democratici, Ocalan si dovrebbe adattare alle nuove condizioni oppure, nel caso si opponesse, vedrebbe il suo potere affievolirsi progressivamente.
Quali effetti avrebbe sulla politica turca la soluzione della questione curda?
Molto positivi. Si democratizzerebbe la vita politica, perchè la violenza genera rabbia ed insofferenza. Nel caso si arrivasse ad una soluzione, il nazionalismo nella politica turca verrebbe ridimensionato.