Georgia, visti facili per il Caucaso del nord
Dal 13 ottobre i residenti delle repubbliche del Caucaso del nord godranno di un regime agevolato per entrare in Georgia. La mossa unilaterale del presidente georgiano Saakashvili che ancora una volta parla di un “Caucaso unito” ha suscitato malcontento a Mosca
Le autorità georgiane hanno annunciato che dal 13 ottobre è entrato in vigore un regime di visti agevolati per le repubbliche del Caucaso del nord appartenenti alla Federazione Russa (Adigezia, Karačaevo-Circassia, Kabardino-Balkaria, Ossezia del Nord, Inguscezia, Cecenia e Daghestan). Secondo il presidente Mikheil Saakashvili, questa iniziativa ha l’obiettivo di avvicinare i popoli del Caucaso e risolvere questioni umanitarie.
I fatti
Contrariamente a quanto è stato riportato da alcuni media, non si tratta di abolizione dei visti: le autorità georgiane hanno semplicemente introdotto sul segmento caucasico del confine le stesse regole in vigore negli altri punti di ingresso in Georgia, inclusi gli aeroporti. Già prima di questa modifica, infatti, i cittadini russi che arrivavano in Georgia in aereo, potevano ottenere il visto direttamente in aeroporto beneficiando di un regime agevolato. Tuttavia, fino al 13 ottobre di quest’anno, la situazione sul confine che separa Georgia e Russia lungo i monti del Caucaso era completamente diversa. Nel 2006 fu chiuso per iniziativa russa il posto di blocco di Verchnij Lars, l’unico punto di attraversamento del confine ritenuto legittimo da parte georgiana. Il motivo ufficiale era la ristrutturazione del posto di blocco, ma in realtà il problema non era certo questo. Il governo georgiano, infatti, aveva dichiarato illegale il punto di confine situato presso il tunnel di Roki, non controllato da Tbilisi, ma apertamente sostenuto dalle autorità russe. Le autorità georgiane si trovarono di fronte a un’alternativa precisa: autorizzare l’ingresso in Georgia attraverso l’Ossezia del sud o chiudere completamente il collegamento stradale con la Russia. Tbilisi optò per la seconda opzione.
Il posto di blocco di Verchnij Lars è stato aperto nel 2010, soprattutto grazie all’interessamento dell’Armenia, da sempre interessata al buon funzionamento di questo tratto di strada che funge da principale collegamento via terra tra Russia e Armenia. In realtà però, questo punto di transito era utilizzato solo da cittadini armeni, che non necessitano di visto per entrare in Georgia. Al contrario, i cittadini russi che vivevano in Caucaso dovevano invece ottenere prima il visto nell’apposita sezione dell’ambasciata svizzera a Mosca (Russia e Georgia hanno interrotto le relazioni diplomatiche in seguito al conflitto dell’agosto del 2008).
Paralleli storici
Uno dei motivi dell’apertura dei confini risiede nel brusco cambiamento della politica georgiana verso il Caucaso del nord, che ora è improntata allo “sviluppo dei tradizionali rapporti di buon vicinato con i popoli caucasici”. Tbilisi sta cercando di porsi come centro culturale per i popoli del Caucaso che si sentono stranieri in Russia a causa di rilevanti differenze etniche e culturali. In Georgia, negli ultimi tempi, si svolgono continuamente ogni sorta di conferenze e seminari a sfondo culturale, letterario, folcloristico, ma anche politico. Ad esempio, a Tbilisi si è recentemente svolta una conferenza sul genocidio di circassi e adighé compiuto dall’impero russo nel diciottesimo secolo. Chiari esempi di questa politica sono inoltre il discorso tenuto dal presidente georgiano Saakashvili all’assemblea generale dell’ONU e la creazione di un canale televisivo in lingua russa dedicato a tutta l’area caucasica.
Un Caucaso unito, quindi, non c’è mai stato
e men che meno c’è ai giorni nostri
Le autorità georgiane si appellano ai paralleli storici, ma la storia non è sempre così semplice. In realtà, non c’è mai stata una reale unità tra i popoli caucasici. Da un lato, hanno molto in comune, inclusa fisionomia, folclore, costumi tradizionali e alcuni usi quotidiani. D’altra parte, non si può certo dire che vi siano stati rapporti stretti a livello regionale, tanto meno dopo l’espansione dell’impero russo nel Caucaso. Al contrario, in molti casi lo stabilimento di confini interni all’Unione Sovietica o di frontiere internazionali dopo il crollo dell’Urss ha portato a situazioni di tensione tra molti dei popoli che abitano la regione.
Un Caucaso unito, quindi, non c’è mai stato e men che meno c’è ai giorni nostri.
Georgia e Caucaso del Nord
La Georgia ha sempre goduto di un certo prestigio fra i popoli del Caucaso settentrionale: le città georgiane sono sempre state più belle di quelle del nord del Caucaso, il livello di istruzione generalmente più alto e i costumi più liberali. Negli ultimi vent’anni, questo divario si è approfondito. La Georgia, superato il caos della guerra civile, ha gradualmente iniziato ad abituarsi ad uno stile di vita significativamente più liberale. In alcune zone del Caucaso del nord invece il sistema è tutt’oggi fortemente caratterizzato da corruzione, banditismo e burocrazia e il tradizionalismo è sempre più forte. Ad esempio, fino a dieci anni fa in Georgia, come in tutto il Caucaso, la pratica del rapimento della sposa era ancora diffusa, mentre oggi è dimenticata anche nei villaggi più sperduti. Nel Caucaso del nord, al contrario, questa usanza non fa che consolidarsi.
Anche i talk-show televisivi possono essere un utile indicatore delle differenze tra Georgia e Caucaso del nord. Nel Caucaso settentrionale, tendenzialmente più tradizionalista, ci si vergogna a parlare apertamente di questioni personali. In Georgia invece, negli ultimi anni, sono diventati popolarissimi talk-show televisivi in cui persone famose raccontano i propri problemi, i difetti dei propri coniugi e così via. Anche un esempio come questo testimonia come la Georgia sia più aperta alle influenze esterne rispetto al Caucaso del nord.
Oggi, queste due parti del Caucaso sono completamente isolate. La Georgia ha pessimi rapporti con i popoli imparentati agli abkhazi (i kabardini, gli adighè e i circassi), che in Abkhazia hanno combattuto attivamente contro i georgiani, per non parlare della tensione fra Georgia e Ossezia, nota a tutti anche per via del conflitto del 2008. I rapporti fra Georgia e Cecenia non sono particolarmente sereni, dato che i ceceni hanno recentemente combattuto contro i georgiani in due guerre: nel 1992-93 i separatisti Dudaev e Basaev hanno combattuto in Abkhazia mentre nel 2008 i ceceni filorussi guidati da Jamadaev sono intervenuti in Ossezia del Sud. Il Daghestan non ha alcun legame con la Georgia, e se ha qualche contatto con il Caucaso del sud, questo è soprattutto con l’Azerbaijan.
Nel complesso è quindi difficile immaginare che la Georgia trovi alleati nel Caucaso del nord.
Prospettive
Aprendo i confini, Tbilisi spera di attirare l’attenzione dei vicini del nord, mostrare loro la differenza con il sistema amministrativo russo e conquistarsi la simpatia dei popoli caucasici. Tuttavia, nonostante il grande successo nella realizzazione di riforme radicali, la Georgia non è ancora uno stato modello. La vetrina del capitalismo georgiano è in fase di costruzione ed è presto per dire quando sarà davvero pronta.
In realtà, l’ammorbidimento del regime dei visti previsto a partire dal 13 ottobre, servirà soprattutto a semplificare l’ingresso nel Paese agli abitanti del Caucaso del nord che hanno parenti in Georgia: osseti, ceceni e avari, ma anche persone di etnia georgiana che vivono nel Caucaso russo, inclusa l’Ossezia del nord.