Georgia, Russia |  |

Georgia, vent’anni dopo l’Urss

Il 26 dicembre 1991 viene calata la bandiera dell’Urss dal Cremlino a Mosca, un evento simbolo che segna la fine di un’epoca in tutto lo spazio post-sovietico. A vent’anni di distanza, esce il libro dell’esperta di Caucaso e corrispondente di Osservatorio Marilisa Lorusso "Georgia, vent’anni dopo l’Urss", un’analisi attenta dei processi politici che hanno caratterizzato questo Paese negli ultimi due decenni. Pubblichiamo oggi la prefazione al libro a firma del redattore e ricercatore di OBC Giorgio Comai

27/12/2011, Giorgio Comai -

Georgia-vent-anni-dopo-l-Urss

Immagine di copertina del libro (foto di Massimo Moratti)

Dopo la fine del “socialismo reale” in Europa centro-orientale e il crollo dell’Unione Sovietica, il paradigma interpretativo più comunemente utilizzato per descrivere ciò che stava accadendo in questa parte di mondo è stato quello di “transizione”, un termine che implica un percorso con un inizio e una fine. La linea di arrivo era genericamente intesa come la nascita della democrazia, il passaggio a un’economia di mercato aperta e, per alcuni di questi Paesi, la piena integrazione nelle strutture euroatlantiche.

In Georgia, gli anni Novanta hanno mostrato quanto complesso e poco lineare possa essere questo percorso che nel Caucaso meridionale è stato ampiamente caratterizzato da conflitti e da processi di disintegrazione statuale. Il governo di Tbilisi ha perso il controllo su ampie parti del territorio che facevano parte della Georgia sovietica (Abkhazia e Ossezia del Sud, a tutt’oggi de facto indipendenti, e Agiara), e per anni non ha avuto il “monopolio della forza” neppure nel resto del Paese. Durante la sua presidenza, Shevardnadze è riuscito a liberarsi delle organizzazioni paramilitari che a vario titolo avevano operato negli anni delle guerre secessioniste, ma non è stato in grado combattere efficacemente la corruzione dilagante o di imporre un sistema fiscale funzionante. Da questo punto di vista, l’arrivo al potere di Micheil Saakashvili in seguito alla “rivoluzione delle rose” del 2003-2004 ha costituito un cambiamento determinante. Saakashvili non ha però portato a compimento quel processo di “transizione” che ha avuto inizio con il crollo dell’Urss. Al contrario, molti aspetti dell’attuale fase politica georgiana spingono a chiedersi cosa significhi transizione in Georgia oggi, dove si trovi questo Paese caucasico che, anche in virtù della propensione filo-occidentale esplicitamente espressa della sua leadership, ha goduto di un approccio benevolo da parte delle cancellerie e dei media di Europa e Stati Uniti.

Commentando il noto articolo di Thomas Carothers sulla fine del “paradigma della transizione”, il politologo georgiano Ghia Nodia ammette che molti Paesi dello spazio post-sovietico comunemente definiti come “in transizione” non stiano realizzando riforme democratiche e si trovino in effetti in una “zona grigia” da cui avrebbero potuto non uscire affatto. Secondo Nodia, questa considerazione non implica però che non sia utile utilizzare indicatori tipici di una democrazia liberale come metro per capire dove si trovi un Paese come la Georgia.

Al contrario, come dimostra il lavoro di Marilisa Lorusso, è di grande attualità ed importanza cercare di capire quale sia lo stato della democrazia in Georgia oggi e per farlo è fondamentale guardare al peso del passato lontano e recente del Paese, ma anche alle modalità con cui l’attuale élite politica georgiana ha raggiunto il potere.

La sfiducia nei confronti di una transizione che non sembrava portare miglioramenti concreti alla vita della popolazione e in cui le riforme stentavano a concretizzarsi ha spinto ampie fasce della società georgiana a sostenere la “rivoluzione delle rose” e ad affidare le proprie speranze al giovane presidente Mikheil Saakashvili.

Il fatto che Saakashvili sia arrivato al potere sull’onda del sostegno di piazza attraverso un cambio di potere ottenuto attraverso una effettiva rottura dei meccanismi previsti dalla costituzione, da una parte è stato simbolo di una società vivace e in grado di mobilizzarsi, dall’altra ha certamente stabilito un precedente importante che ha fortemente condizionato lo scontro politico tra governo e opposizione negli anni successivi.

L’opposizione, spesso incapace di trovare rappresentanza in parlamento, ha ripetutamente cercato di arrivare al potere utilizzando gli stessi metodi che hanno portato al palazzo presidenziale Micheil Saakashvili: proteste di piazza che hanno il solo scopo di far cadere l’attuale regime, inevitabilmente definito come autoritario e violento da parte dei manifestanti.

Saakashvili da parte sua ha non ha esitato a utilizzare mezzi duri contro i manifestanti quando sentiva che la sua leadership era in pericolo (così è stato nel 2007, quando Saakashvili ha dichiarato lo stato di emergenza e chiuso il principale canale televisivo critico del suo operato), mentre ha lasciato che la stanchezza prendesse il sopravvento sui manifestanti quando si sentiva più sicuro (come è avvenuto nella primavera del 2009).

Nelle ultime pagine del suo libro, Marilisa Lorusso discute alcuni dei principali problemi della democrazia in Georgia oggi. Tra questi, sembra giusto ricordare in particolare l’incompatibilità tra guerra e democrazia. La minaccia percepita e strumentalizzata dal governo di un vicino bellicoso che occupa parte del territorio georgiano e che in ogni momento potrebbe attaccare il resto del Paese ponendo così fine a un’indipendenza duramente conquistata consente di usare il richiamo all’unità nazionale per soffocare opposizioni e voci critiche. Non a caso, il governo accusa immancabilmente l’opposizione di tradimento nazionale, di essere filo-russa e anti-georgiana.

Alla base della retorica e delle dinamiche di potere vi è però tutto un sistema amministrativo, istituzionale e costituzionale che inevitabilmente determina significativamente lo sviluppo di un Paese. A questi aspetti spesso trascurati a favore di analisi geopolitiche o immagini rivoluzionare di più facile impatto, Marilisa Lorusso dedica ampio spazio, fornendo al lettore strumenti per comprendere a fondo un Paese in continua evoluzione.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta