Georgia: sfilata di Gucci (a Parigi) scatena la misoginia
La modella Armine Harutyunyan ha sfilato durante la Fashion week di settembre a Parigi, ed è stata ampiamente criticata online in Georgia. La sua colpa? Non rispettare i canoni di bellezza convenzionali
(Pubblicato originariamente da OC Media il 5 ottobre 2019)
Lo sdegno mostrato nei confronti di Armine Harutyunyan che cammina sulla passerella di una sfilata di moda di Gucci rivela – nella società georgiana – un sessismo radicato ed un sentimento antiarmeno. Inoltre ha messo a nudo i fallimenti dei media georgiani.
La sfilata del marchio Gucci del 22 settembre a Parigi, con modelle che indossavano abiti "ispirati" alle malattie mentali, avrebbe potuto suscitare una discussione sulla mercificazione di un grave problema sociale. È stata invece la presenza di Armine Harutyunyan, artista originaria di Yerevan, sulla passerella a suscitare costernazione online tra i georgiani. Harutyunyan è stata criticata per non essere – a detta dei detrattori – abbastanza attraente per prendere parte all’industria della moda, tanto meno ad una sfilata di Gucci.
Le critiche non si limitavano solo all’aspetto esteriore della giovane donna, ma erano anche profondamente cariche di sentimento antiarmeno, una questione molto radicata nella società georgiana.
La bufera è iniziata dopo la pubblicazione di una serie di articoli georgiani che sostenevano che Harutyunyan era diventata il volto nuovo di Gucci: non lo era, ha semplicemente sfilato lungo la passerella in un singolo evento del brand. Gli articoli non sembravano voler fomentare attacchi contro di lei, tuttavia, riportando solo informazioni frammentarie e non il contesto più ampio, hanno fatto sì che l’enfasi fosse posta sulle sue caratteristiche fisiche e sulla sua appartenenza nazionale.
L’articolo pubblicato da Fortuna ne è un esempio. Il titolo recita: "Una ragazza armena di 23 anni è diventata una modella di Gucci". Il resto dell’articolo è incentrato sull’ammirazione che Harutyunyan ha ricevuto tra gli armeni. "Gli armeni scrivono online che Armine è straordinariamente naturale e originale nella sua bellezza", si legge nell’articolo.
Né Fortuna né la maggior parte degli articoli pubblicati inizialmente su Harutyunyan hanno scritto correttamente il cognome della giovane donna – scrivendo ‘Arutian’ (არუთიანი) invece di ‘Harutyunyan’ (ჰარუთიუნიანი). Questo []e di base rivela che la notizia è stata pubblicata non per informare il pubblico, ma piuttosto per sensazionalismo e “acchiappa click” a buon mercato.
Odio online
“Ma è una donna?" riporta un commento di un utente georgiano di social media. Nella stragrande maggioranza dei commenti sui social media georgiani si attacca l’aspetto di Harutyunyan da standard di bellezza tradizionali e sessisti. In molti dei commenti si sottolinea con convinzione che un aspetto che si discosta dai canoni tradizionali non può essere né bello né femminile.
“Ma come si può avere una relazione con lei?", si legge in un altro commento, sottolineando l’opinione diffusa che il valore e la sessualità di una donna sia legata alla sua subordinazione ai desideri degli uomini.
Se da un lato la misoginia era certamente un sentimento comune nelle discussioni online, dall’altro c’era anche una marcata tendenza all’armenofobia. “Gli armeni ora hanno qualcuno o qualcosa di cui essere orgogliosi", si legge in un commento. “Perché (la ragazza) mette in ombra la settimana della moda milanese e non l’Ararat", riporta un altro commento, in particolare combinando odio etnico e sessismo.
Ma sulla questione non sono stati solo i normali utenti di Facebook a trasformarsi in folla indignata.
Libertà di parola
Anche Nika Gvaramia, giornalista televisivo, direttore esecutivo del canale televisivo Mtavari Arkhi ed ex ministro del governo ha deciso di esprimere la sua opinione. Inquadrando i suoi commenti in difesa della libertà di parola, ha iniziato il suo post scrivendo: "Santo cielo, questa modella armena è sicuramente brutta". Ha continuato affermando che condividere questa opinione non richiesta su Armine Harutyunyan non era, di fatto, "bullismo" e che definirlo tale non era altro che "correttezza politica" "andata male". Ha inoltre scritto che lei stessa si è esposta alle critiche, diventando una figura pubblica.
“Nessuno è entrato nello spazio personale della modella andando a casa sua a Tsakhnadzor e scattando fotografie", si legge nel suo post. “La sua presentazione è stata resa pubblica, con un messaggio – vedi com’è bella e naturale".
Nonostante la pretesa di Gvaramia che il suo post fosse una critica sociale, la realtà è che si trattava semplicemente di un’altra goccia in una pioggia di post che aiutano a ricreare atteggiamenti dannosi nella società georgiana. Peggio ancora, il post mostrava anche un atteggiamento pericoloso nei confronti della natura stessa della libertà di parola.
Gvaramia si rappresenta come un liberale e persona che difende i diritti dei gruppi emarginati. Tuttavia, il suo uso del termine "politicamente corretto" per criticare ciò che egli percepisce come una limitazione della libertà di parola crea l’idea che il liberalismo e i discorsi d’odio verso i gruppi emarginati e le persone possano coesistere – purché tali opinioni siano espresse sotto l’egida della "libertà di parola". Considerando che Gvaramia è una figura pubblica con una grande audience, i suoi commenti regressivi hanno un impatto sociale significativo e sono un fallimento da parte sua nell’esercitare il ruolo che si è ritagliato da solo, quello di un critico liberale della società georgiana.
Se fosse stato responsabile e si fosse occupato della questione, avrebbe potuto scrivere delle dinamiche tossiche, dei meccanismi di controllo e, in generale, del carattere oppressivo dell’industria della moda. Invece, ha riprodotto la vergogna del corpo e i sentimenti antiarmeni che sono fin troppo comuni in Georgia.
Gvaramia ha affermato che Armine era di ‘Tsakhnadzor’, nel tentativo di ritrarre Armine come una ‘provinciale’, una ‘contadina’. Il fatto che non sia riuscito a scrivere correttamente il nome della città (è "Tsaghkadzor", non "Tsakhnadzor"), unito al fatto che Armine non è nemmeno di Tsaghkadzor, indica la mancanza di attenzione e la natura non certo all’avanguardia del suo ruolo pubblico "progressista".
Mentre i recenti sentimenti nazionalisti in Georgia si sono concentrati sull’esclusione sociale della comunità LGBTQ+, dei migranti dal Medio Oriente e dei musulmani – il caso di Armine Harutyunyan dimostra che la xenofobia verso le minoranze nazionali ha ancora radici profonde.
Le minoranze nazionali si trovano ancora ad affrontare un’oppressione sistematica e strutturale nella loro vita quotidiana. Spetta quindi ai media e alle figure mediatiche interpretare il loro ruolo e la loro responsabilità come pilastro per una società giusta e democratica e contribuire a mettere un freno a tale ingiustizia invece di alimentare semplicemente focolai d’odio.