Georgia: se a fare land grabbing è la Chiesa ortodossa
Il fenomeno dell’accaparramento di terre da parte della Chiesa ortodossa georgiana sta destando forti preoccupazioni nelle comunità locali
(Pubblicato originariamente da OC Media l’11 ottobre 2019)
I residenti di due villaggi della Georgia meridionale hanno citato in giudizio il governo per aver trasferito alla Chiesa ortodossa georgiana terreni che hanno coltivato per decenni. Sostengono che quelle terre sono vitali per il sostentamento delle loro famiglie, ma i funzionari ecclesiastici locali – che progettano di costruire un monastero, in una zona a maggioranza musulmana, non condividono le loro preoccupazioni.
Il terreno in questione è un appezzamento di circa 8 ettari situato tra i villaggi di Kikibo e Dertseli, nel comune di Adigeni. È dagli anni ’90 che i residenti locali hanno creduto che la terra fosse loro, fino al 2018 quando la Chiesa ortodossa georgiana ne ha rivendicato la proprietà.
Il comune di Adigeni è popolato in prevalenza da musulmani, e la regione è diventata negli ultimi tempi famosa per diatribe religiose, solitamente risolte a vantaggio del clero ortodosso locale. Anche Kikibo e Dertseli sono villaggi prevalentemente musulmani. I residenti locali, incontrati da OC Media, hanno dichiarato che non vi è alcuna famiglia cristiana a vivere nei due insediamenti.
La Chiesa ortodossa insiste sul fatto che l’operazione svolta è perfettamente legittima. Un influente sacerdote di un monastero locale ha riferito a OC Media che la gente di questi villaggi ha terre in abbondanza, mentre la Chiesa no. Ma i residenti locali che si sono rivolti ai tribunali per chiedere aiuto dicono di essere preoccupati di come sopravvivere all’inverno.
Terra contesa
Le terre contese sono situate in un’area un tempo assegnata al villaggio di Kvabijvari. Dopo l’abbandono del villaggio da parte di tutti i suoi abitanti, il territorio è stato assegnato a Kikibo. Le persone che oggi risiedono nella zona sono prevalentemente discendenti di migranti musulmani dalla vicina regione dell’Adjara, che si sono trasferiti qui durante il periodo sovietico. La loro principale occupazione, e la loro più grande fonte di reddito, è l’allevamento del bestiame. Vi sono poche, se non nessuna, alternative disponibili.
"Non posso rinunciare a questa terra; è la mia principale fonte di reddito”, dichiara a OC Media Davit Beridze, uno dei ricorrenti citati nella causa. Secondo lui, queste terre sono state date agli abitanti del villaggio nel programma di riforma agraria degli anni ’90. Ha aggiunto che in un dato momento, c’erano fino a 16 famiglie che vivevano nei due villaggi e poiché c’era una carenza di terra, ad ogni famiglia è stato assegnato non più di un ettaro.
Ha poi aggiunto che hanno ancora documenti statali che provano la loro legittima proprietà.
Anche se gli allevatori locali utilizzano quei terreni fin dal periodo sovietico e dispongono di documenti ufficiali che attestano la loro proprietà, questi ultimi non sono mai stati registrati come loro proprietà. Gli abitanti locali non sapevano della controversa situazione giuridica fino a quando un trattore è arrivato nel villaggio e si è cominciato a costruire una recinzione. Solo allora hanno scoperto che la Chiesa ortodossa georgiana reclamava quei terreni.
"È avvenuto come per i tedeschi, che si sono svegliati una mattina e hanno scoperto che durante la notte era stato eretto il muro di Berlino. Tutto a un tratto, abbiamo scoperto che l’intera area era segnata da pali. Campi da noi usati per il pascolo, per fare fieno, per l’agricoltura", ha dichiarato a OC Media Shukri Mikeladze, un residente locale.
Un altro residente locale, Sergo Beridze, ha sottolineato che si tratta di un latrocinio senza ritegno. "Combatto contro l’inverno per sei mesi e 20 giorni per sostenere la mia famiglia. Qualcuno mi ha chiesto qualcosa? Come posso vivere ora che mi stanno prendendo questa terra? È un’annessione? Questi pali significano che ci vogliono fuori di qui", sottolinea Beridze.
La Chiesa ortodossa georgiana ha richiesto al ministero dell’Economia di concedere loro la proprietà dei terreni nel marzo 2018. Nella lettera al ministero si sottolinea che quei terreni contengono le rovine di una chiesa del X-XI secolo e che avevano bisogno di terra per scopi agricoli. Nel settembre successivo sono stati riconosciuti alla Chiesa ortodossa georgiana quegli 8 ettari.
"Non avevamo mai considerato di registrare queste terre fino a quando abbiamo saputo che la Chiesa se le stava prendendo, quando hanno iniziato ad installare i pali. Ci siamo precipitati al Registro pubblico, ma abbiamo scoperto che c’era una sovrapposizione [con i terreni registrati dalla Chiesa]”, spiega Davit Beridze, residente locale, ad OC Media.
Mentre i residenti locali sostengono di non essere stati informati del trasferimento di proprietà, il ministero dell’Economia ha dichiarato che durante le loro ricerche, non si sono trovate circostanze che impedissero il trasferimento della terra. "Non è stato trovato alcun diritto di altri su questi terreni", ha risposto il ministero in una lettera rigettando un reclamo presentato dalla comunità locale.
Già al lavoro
A pochi metri dalle rovine della vecchia chiesa, la costruzione della nuova è già iniziata. La comunità locale dice di non opporsi alla costruzione di una chiesa nel villaggio. Al contrario, dicono di essere pronti a rinunciare ad un ettaro per questo. "Vogliono costruire una chiesa? Ci sto. Ognuno di noi parteciperà e poserà un mattone. Ma perché stanno prendendo un’area così vasta? Non siamo contrari a una chiesa, possono costruirla proprio nel cuore del villaggio", sottolinea Shukri Mikeladze, residente del luogo.
Mikeladze aggiunge che la comunità musulmana di questa regione è sotto pressione dopo un confronto con l’archimandrita Nikoloz Getsadze del monastero di Zarzma. L’archimandrita Nikoloz Getsadze sostiene che i musulmani locali stiano mentendo quando dicono di non potersi permettere di rinunciare alla terra. “Queste terre non erano loro, ma terre statali. Possiedono solo un ettaro e 2.000 metri quadrati per famiglia, il resto è di proprietà dello stato. Naturalmente stanno mentendo. Hanno così tanto fieno che spesso marcisce. Invece il nostro monastero non ha altra terra laggiù", ha dichiarato Getsadze a OC Media.
Getsadze è una figura religiosa influente nella regione che ha avuto diversi scontri di alto profilo con i musulmani locali. È stato direttamente coinvolto in una disputa su alcune rovine rivendicate sia dai cristiani locali che dai musulmani nel villaggio di Mokhe. Un musulmano locale, Tamaz Beridze, ha detto a OC Media che Getsadze lo ha minacciato di rompergli le gambe se avesse osato avvicinarsi alle rovine contestate.
Quando il governo locale ha tentato di demolire le rovine e di erigere al loro posto un nuovo "centro culturale", un gruppo di musulmani locali si è mobilitato per proteggerle. Sono stati duramente picchiati dalla polizia. Su quanto avvenuto non è mai stata fatta da parte delle istituzioni preposte un’indagine approfondita.
Nel 2013, un nuovo minareto della Moschea Chela nel distretto di Adigeni è stato demolito su ordine dell’Agenzia delle Entrate, con l’aiuto della polizia. La polizia ha picchiato i manifestanti che si erano opposti alla demolizione. Ventuno persone sono state arrestate. Molti nella comunità musulmana locale sottolineano che le autorità della Chiesa ortodossa locale raccolsero firme chiedendo l’abbattimento del minareto.
Magistratura
Le comunità locali di Kikibo e Dertseli hanno fatto causa -per l’assegnazione degli 8 ettari – al ministero dell’Economia nell’agosto 2019, dopo che il loro reclamo amministrativo è stato respinto dal ministero. Sono rappresentati in tribunale dall’Human Rights Education and Monitoring Centre (EMC), un’associazione che si batte per i diritti umani con sede a Tbilisi.
L’11 ottobre, l’EMC ha invitato il governo a tener conto degli effetti negativi dei conflitti religiosi in questa regione e ha esortato il ministero dell’Economia a riconoscere l’illegittimità della decisione di concedere terreni alla Chiesa ortodossa georgiana.
"I musulmani nel comune di Adigeni subiscono ingiustizie e repressioni su molti aspetti fin dal 2013", sottolinea Tamta Mikeladze, a capo di EMC. "Nessuno degli incidenti occorsi è stato oggetto di indagini approfondite da parte del governo. Nessuno di questi casi, che hanno contribuito all’alienazione tra gruppi religiosi, è stato accolto con politiche positive per ricostruire la fiducia. Alla luce di ciò, il governo ha preso un’altra decisione illegittima e ha creato i presupposti per un conflitto. È impossibile non ricondurre questa oppressione a motivi religiosi".
Nel 2002 è stato firmato un accordo costituzionale tra lo stato georgiano e la Chiesa che obbliga la Georgia a risarcire la Chiesa ortodossa dei danni che ha subito sotto il dominio sovietico. Da allora, la Chiesa ha ricevuto milioni di lari e migliaia di ettari di terra in tutto il paese. Oltre ad alcuni privilegi fiscali.
Non è mai stata calcolata una cifra esatta dei danni subiti dalla Chiesa sotto il dominio sovietico, né è stato deciso quando lo stato avrà ripagato il debito.
I musulmani di Adigeni non sono i soli a sentirsi in difficoltà a causa di questo accordo. In diversi villaggi dell’area di Samtskhe-Javakheti, i cristiano-cattolici stanno chiedendo invano che alcune chiese in passato cattoliche – attualmente possedute e utilizzate dalla Chiesa ortodossa – siano loro restituite. Lo stesso vale per la Chiesa Apostolica Armena.
Ma per i residenti di Kikibo e Dertseli, la politica statale è lontana. "Non potevo permettermi di costruire la mia casa su questo terreno, ecco perché mi sono trasferito in un altro villaggio", racconta un residente locale, Jumber Beridze. "Uso ancora questa terra perché non ho molto neanche lì. Se mi toglieranno questa terra, dovrò trasferirmi anche da quel villaggio".