Georgia: l’ultimo presidente

Il prossimo 28 ottobre i cittadini georgiani eleggeranno per l’ultima volta il proprio presidente per via diretta. Quest’ultimo avrà comunque, rispetto ai suoi predecessori, poteri molto limitati. Come si sta preparando il paese al voto?

25/09/2018, Marilisa Lorusso -

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Giorgi Margvelashvili, il presidente uscente della Georgia - Wikimedia

Il Sogno Georgiano, principale partito della maggioranza di governo in Georgia, arriva all’appuntamento con le presidenziali del prossimo 28 ottobre solido nel proprio potere e nella capacità di implementare il proprio programma. È riuscito infatti nella legislatura in corso (dal 2016) a superare i veti presidenziali, e a far approvare una propria riforma costituzionale. Proprio a seguito di quest’ultima il Presidente, salvo le prossime elezioni, non sarà più eletto direttamente dai cittadini ma da un collegio di 300 grandi elettori. Il fondatore di Sogno Georgiano – Bidzina Ivanishvili – si era formalmente ritirato dalla politica attiva nel 2013, quando aveva rimesso l’incarico di Primo Ministro. Rimasto eminenza grigia del partito fino a quest’anno, è sceso nuovamente in campo come Segretario, palesando il proprio reale peso politico.

Negli ormai sei anni al potere il progetto “Sogno Georgiano” si è evoluto, anche politicamente. Nato come testa d’ariete di una coalizione che coinvolgeva vari partiti, fra cui forze moderate ed europeiste, oggi si trova nella bizzarra situazione di essere il partito forte, che può fare – numeri alla mano – a meno dei voti degli alleati, ma che non nomina un proprio candidato alle presidenziali, sostenendo piuttosto una candidatura indipendente . La non-candidata di Sogno georgiano è Salome Zurabishvili, una diplomatica di vecchia data, una fuoriuscita dall’era Saakashvili ben prima che il Sogno Georgiano cominciasse a calcare le scene politiche di Tbilisi.

Ivanishvili prima ha evitato per 5 anni di assumersi la piena responsabilità politica dell’operato del proprio partito, rimanendo formalmente fuori dalla politica attiva, e ora – in un momento in cui i consensi non sono particolarmente alti – evita di sottoporre una candidatura di partito alle urne.

Il post-Saakashvili

Se il Sogno Georgiano è ancora in piena stagione Ivanishvili, il campo dell’opposizione è in qualche modo entrato nell’era post-Saakashvili. O almeno una parte.

Gli Unionisti si sono scissi. Il partito della Rivoluzione delle Rose, il Movimento Nazionale Unito (MNU), ha affrontato come partito sostanzialmente unito, benché attraversato da varie correnti, le elezioni del 2016. Davanti alla débâcle elettorale (da 65 seggi nel 2012 a 27 nel 2016, con i consensi dimezzati) le correnti sono divenute nuovi partiti. Rimane però uno zoccolo duro che ha mantenuto nome e simbolo del partito e che esprime una candidatura propria alle imminenti elezioni, quella di Grigol Vashadze, ex ministro dello Sport e poi degli Esteri nell’ultimo governo targato MNU.

Vashadze si trova contro altri due candidati frutto della scissione del MNU, Zurab Japaridze, di Girchi, partito che aveva lasciato il MNU già nel 2015, e David Bakradze. Quest’ultimo è stato il Presidente del parlamento georgiano per lo MNU, segretario del partito e candidato alle presidenziali per il partito nel 2013. Bakradze oggi è il candidato del nuovo partito Democratici Europei, e la sua candidatura appare nei sondaggi piuttosto forte.

Pluralismo o frammentazione?

Nell’iniziale elenco di 46 nomi che si sono registrati come candidati a queste presidenziali vi sono figure più o meno note nella vita politica del paese, accomunati da scarse possibilità di successo. Fra questi i primi due nomi sono quelli dell’ex Presidente del Parlamento durante la prima legislatura di Sogno Georgiano, David Usupashvili fondatore del Movimento per lo Sviluppo, ex partito Repubblicano; e di Shalva Natelashvili dei Laburisti, immancabile candidato alle presidenziali e veterano della vita politica georgiana, in cui si muove con numeri sempre più risicati dal 1992. Poi da evidenziare la presenza di Khakha Kukava, uscito dai ranghi dell’ex Partito Conservatore, ora leader del Partito Georgia Libera e dell’ultra nazionalista Sandro Bregadze del Marzo Georgiano, movimento omofobo e anti-occidentale di estrema destra.

Un buon numero di candidati, alleanze che saltano e correnti che diventato partiti: come interpretare il mosaico elettorale georgiano?

Il paese ha in verità una tradizione consolidata di un altro numero di protagonisti – e protagonismi – politici, alcuni sono però semplicemente troppo deboli per contribuire a un autentico pluralismo e sono piuttosto segno di una eccessiva frammentazione e eterna causa di dispersione di voti.

Una chiave di lettura sull’effettivo stato del pluralismo nel paese viene forse dal quadro dei media. E non è un dato incoraggiante.

Il biennio in corso ha visto un processo regressivo nel settore del pluralismo di informazione. Da un lato si è avuto il contenzioso legale che ha coinvolto Rustavi2, organo televisivo del MNU per dirla spiccia, la cui proprietà è stata trasferita per ordine di un tribunale, trasferimento poi stoppato niente poco di meno che dalla Corte Europea dei Diritti Umani, che ha intimato alle autorità di non interferire con le politiche editoriali dell’emittente d’opposizione.

Dall’altro vi è stato il caso di Vasil Maghlaperidze, che aveva lavorato in due tv di Ivanishvili (Canale 9 e GDS) che è divenuto nel gennaio 2017 il direttore della Radiotelevisione pubblica georgiana.

Infine, sempre nel campo dei media, i canali GDS e Maestro TV sono stati acquistati da Imedi. Imedi ha assunto una linea editoriale filo governativa e l’acquisizione delle altre due reti ha creato un polo informativo molto vicino al Sogno Georgiano. Così vicino che GDS era ad esempio proprietà di un Ivanishvili, non Bidzina ma Bera, suo figlio.

Finisce l’era del Presidente

Avrebbe potuto ricandidarsi ma non l’ha fatto. Giorgi Margvelashvili, il Presidente filosofo portato alla presidenza dal Sogno Georgiano e poi divenuto uno dei principali sassolini nella scarpa dello stesso, lascerà a breve lo scranno presidenziale. Finisce l’era di un presidente che ha spesso esternato contro quella che era la sua stessa maggioranza e che ne ha osteggiato alcuni progetti di legge cardine, fra cui appunto la riforma costituzionale. E che ha fatto abbondantemente uso del proprio peso politico.

Queste elezioni segnano la fine di quell’era, chiunque sarà eletto. La riforma costituzionale targato Sogno Georgiano, per molti condizionata proprio da una volontà anti-Margvelashvili, indebolisce ulteriormente la figura presidenziale. La Georgia transita verso il parlamentarismo, lasciandosi alle spalle l’era dei grandi poteri presidenziali. Già Margvelashvili non poteva essere paragonato per poteri ed incidenza politica ai suoi due predecessori sullo scranno presidenziale, Eduard Shevardnadze e Mikheil Saakashvili, ambedue presidenti per due mandati. Margvelashvili è stato il presidente della transizione di forze politiche e di forma di governo, e il suo burrascoso (ma non drammatico) singolo mandato ha segnato un nuovo tassello nell’evoluzione della Georgia.

Un’evoluzione che rimane comunque aperta, come quella dei suoi protagonisti politici, alcuni dei quali – Saakashvili in primis, con le sue vicende politiche e giudiziarie che l’hanno portato a essere privato della sua cittadinanza georgiana e ucraina, e trasferitosi in Olanda quest’anno – hanno riservato e forse riservano ancora sorprese e mirabolanti colpi di scena.

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