Georgia, l’opposizione cerca il sostegno UE

Per contrastare la deriva autocratica in atto in Georgia è necessario un passo in avanti dell’UE, per imporre misure restrittive mirate contro la leadership di Sogno Georgiano. Intervista a Marika Mikiashvili, membro della delegazione delle forze democratiche in missione a Bruxelles

18/06/2025, Federico Baccini - Bruxelles

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Tbilisi, Georgia - © EvaL Miko/Shutterstock

Una missione a Bruxelles per cercare un coordinamento politico e istituzionale che possa portare a un ritorno della Georgia sulla strada dell’adesione all’Unione europea, bruscamente interrotta lo scorso anno dalla deriva autocratica del partito al potere Sogno Georgiano. È con questo obiettivo che, lo scorso 15 giugno, una delegazione di forze democratiche georgiane ha visitato Bruxelles, a ridosso del 200esimo giorno consecutivo di proteste popolari nelle strade di Tbilisi e delle altre città del Paese.

"Il popolo georgiano sta dimostrando una resistenza unica e un livello di maturità democratica senza precedenti. Nessuno si aspettava che potesse protestare per tutto l’inverno, senza una leadership centrale", è quanto spiega Marika Mikiashvili, membro del partito Droa (Coalizione per il cambiamento) e della delegazione delle forze democratiche georgiane presso l’UE, in un’intervista per OBCT. "Queste proteste sembrano avere un’energia quasi illimitata, perché la causa pro-europea è profondamente legata alla nostra identità nazionale".

Quali sono le vostre richieste alle istituzioni dell’UE?

Marika Mikiashvili (foto archivio privato)

Marika Mikiashvili (foto archivio privato)

Chiediamo un rafforzamento della politica di non coinvolgimento dell’UE nei confronti di Sogno Georgiano, perché il partito al potere sfrutta qualsiasi forma di contatto ai fini della propria propaganda. In secondo luogo, il sostegno allo svolgimento di nuove elezioni parlamentari libere ed eque, l’unica soluzione praticabile a questa crisi sempre più profonda.

Limitarsi a chiedere la modifica o l’abrogazione delle leggi repressive non produrrà cambiamenti significativi. Anche se tali leggi fossero abrogate domani, ne sarebbero introdotte di nuove, altrettanto repressive. Chiediamo all’UE di esigere il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici.

Le istituzioni dell’UE hanno bisogno di una politica chiara e coerente nei confronti della Georgia, una strategia complessiva per coordinare tutte le azioni, in particolare nel contesto dell’allargamento dell’UE. Se l’Unione europea non è in grado di rispondere efficacemente alla situazione di un piccolo Paese con una popolazione prevalentemente filoeuropea – che è già candidato all’adesione – cosa ne sarà della credibilità dell’intera Unione? Cosa ci si può aspettare da sfide più complesse per la sicurezza dello spazio europeo ed euroatlantico?

E le sanzioni? Con l’opposizione di Ungheria e Slovacchia in Consiglio, questa via sembra sempre meno percorribile.

Se il potere di veto in Consiglio sta bloccando le sanzioni dell’UE, una “coalizione dei volenterosi” tra gli altri 25 Stati membri potrebbe prendere l’iniziativa. Prima o poi le sanzioni potrebbero diventare l’unica opzione praticabile, e allora perché non farlo ora, quando hanno maggiori possibilità di essere efficaci?

Le sanzioni finanziarie sono molto importanti perché in Georgia essere sottoposti a sanzioni dei Paesi occidentali è considerata una sorta di onta sociale, c’è il serio rischio di essere emarginati. Lo stesso Sogno Georgiano, nonostante non voglia le riforme richieste dall’UE – perché implementarle finirebbe per costare il potere – vuole ancora godere dei vantaggi di essere abbastanza vicina all’UE e agli Stati Uniti.

In che modo le sanzioni occidentali potrebbero avere un effetto concreto? Non c’è il rischio che possano fallire, o avere effetti tardivi, come visto in altri contesti?

È vero che molti sono scettici sulle sanzioni. Ma è più probabile che falliscano quando vengono imposte a dittature consolidate, che hanno trascorso decenni a costruire sistemi economici resilienti e a prova di sanzioni. In Georgia è diverso: il potere di Sogno Georgiano sta iniziando solo ora a consolidarsi, e le sanzioni potrebbero destabilizzarne i pilastri fondanti.

Anche in questo momento, Sogno Georgiano continua a presentarsi come una forza politica filoeuropea, sostenendo che realizzerà l’integrazione europea. Questo perché in Georgia sono pochissime le persone veramente filorusse e parte dell’elettorato del partito al potere è costituito da persone che godono dello stile di vita che attualmente Sogno Georgiano offre loro.

È proprio questo stile di vita a dipendere fortemente dalla stabilità e dal benessere economico, entrambi influenzabili dall’impatto delle sanzioni occidentali. Le imprese sono già preoccupate e Sogno Georgiano sta faticando a rassicurarle che non subiranno alcun impatto e che tutto tornerà presto alla normalità.

Ma quanto è sostenibile la protesta, che sta proseguendo ininterrottamente da oltre 200 giorni?

La situazione è estenuante. Sogno Georgiano ha imposto un’enorme pressione finanziaria sui cittadini e l’ultima versione della legge sugli “agenti stranieri” [il Foreign Agents Registration Act, FARA, di ispirazione statunitense, ndr] è profondamente allarmante. Le organizzazioni della società civile e i media indipendenti rischiano di essere tagliati fuori dalle loro fonti di finanziamento, per questo abbiamo esortato le istituzioni dell’UE a trovare il modo di sostenerli.

In ogni caso, il sentimento di protesta è forte e non ci sono segni di normalizzazione con il regime: c’è una consapevolezza condivisa che la continuità della resistenza deve essere mantenuta ogni giorno. È anche chiaro che questa crisi richiederà prima o poi una qualche forma di risoluzione. Dal nostro punto di vista, l’unica soluzione pacifica è la preparazione di nuove elezioni parlamentari.

Per quanto tempo ancora le forze democratiche di opposizione potranno continuare a resistere, in queste condizioni?

È molto difficile fare previsioni, perché molto dipende dal sostegno che riceveremo. Ma non è una di quelle situazioni in cui si smette di protestare e tutto torna come prima. Credo che tutto ciò avrà un effetto duraturo sulle generazioni future.

Dobbiamo anche costruire un’alternativa politica sul campo. Speriamo di arrivare tra qualche settimana a una strategia operativa comune, che includa la questione della partecipazione o non-partecipazione alle elezioni locali [che si terranno il prossimo 4 ottobre, ndr], sotto la forma di un fronte unificato dell’opposizione.