Georgia: Ivanishvili esce dalla politica, forse
È la seconda volta che il leader di Sogno georgiano, l’oligarca Bidzina Ivanishvili, dichiara di volersi ritirare dalla scena politica. Gli analisti restano scettici su un un suo ritiro effettivo, anche perché il partito è una sorta di sua promanazione
Per apprezzare l’attuale corso della vita politica georgiana bisogna avere il gusto del paradosso. Nel parlamento frutto delle elezioni dagli esiti più pluralisti delle ultime tornate siede praticamente un solo partito (gli altri stanno boicottando le sedute parlamentari), che però ha appena perso il suo fondatore e segretario. Parliamo ovviamente di Sogno Georgiano, il cui leader, Bidzina Ivanishvili ha dato ufficialmente l’addio alla politica. Per la seconda volta.
Cosa sta succedendo
La decima legislatura georgiana è monca. Continua il boicottaggio delle forze di opposizione che non riconoscono la legittimità degli esiti elettorali e hanno deciso unitamente di non presentarsi in parlamento. Solo recentemente quattro eletti nelle liste dell’Alleanza dei Patrioti hanno accettato i propri seggi e prendono ora parte all’attività parlamentare . I quattro hanno deciso di lanciare un nuovo soggetto politico , il Partito Socialista Europeo, nonostante siano stati eletti nelle liste del partito più di destra e antieuropeo tra quelli che hanno visto propri rappresentanti eletti in parlamento.
Ma quello che agita le acque del partito che ha vinto le elezioni, il Sogno Georgiano, in questo momento non è questo parlamento poco rappresentativ ma l’abbandono non preannunciato del suo Segretario e fondatore, Bidzina Ivanishvili. L’oligarca aveva fondato il partito nel 2012 con il precipuo scopo di sconfiggere Mikheil Saakashvili e il suo Movimento Nazionale. Vinte le elezioni Ivanishvili era divenuto primo ministro per poi dichiarare la propria missione compiuta e ritirarsi ufficialmente a vita privata, riservandosi però il ruolo di consigliere di partito e di cittadino attivo nella sfera politica. Per tutti era diventato l’eminenza grigia del partito, e dopo la fuga all’estero di Saakashvili qualcuno notava ironicamente che la Georgia era governata da tre autorità informali, l’oligarca Bidzina Ivanishvili per conto del governo e del partito Sogno Georgiano al potere, dall’ex presidente Mikheil Saakashvili per il principale partito di opposizione, dall’esilio, e dal Patriarca Ilia II per il popolo georgiano. Nessuno dei tre aveva però un incarico di governo effettivo.
Dal 2018 Ivanishvili era tornato a capo del partito da lui formato, ma sempre senza rivestire incarichi pubblici.
L’eredità politica, atto secondo
Ivanishvili dice che questa volta è diverso. Questa volta andrà davvero solo a votare, e questa sarà la sua unica attività politica. In una lunga intervista andata in onda il 12 gennaio, il giorno dopo che era stata resa pubblica la sua lunga lettera di dimissioni dal vertice di Sogno Georgiano, sostiene che la situazione sia molto cambiata dal 2013 quando aveva lasciato il Sogno. Dice che si è creato un team di statisti e politici capace, mentre allora il gruppo che aveva messo in campo era molto inesperto e aveva bisogno della sua guida. E lamenta che l’unica cosa che non è cambiata in questi anni sia l’immaturità dell’opposizione.
Queste dichiarazioni rispecchiano quello che sostengono molti analisti della politica georgiana e che caratterizza anche l’eredità politica di Ivanishvili. La prima traccia di questa eredità è che Sogno Georgiano esprime uno spiccato paternalismo più che una ideologia che si concreta in un programma con una chiara visione e una strategia. In questo aspetto il partito è rimasto assolutamente una promanazione del proprio leader, sia che lui fosse in posizione apicale, sia quando era ufficialmente una figura esterna al partito.
La seconda traccia è la polarizzazione politica e la netta avversione contro l’opposizione, atteggiamento che quest’ultima peraltro reciproca pienamente. Non c’è tregua fra Sogno Georgiano e Movimento Nazionale Unito, non c’è riappacificazione e margine per la cooperazione nemmeno nell’interesse di una maggiore coesione sociale a fronte delle numerose sfide per il paese, e nemmeno quando i due arci-nemici Ivanishvili e Saakashvili sono fuori dai partiti e dalle istituzioni.
Cosa cambia?
Cosa cambia esattamente adesso probabilmente lo sa solo Ivanishvili, che sostiene di aver basato la propria decisione non solo perché ormai il partito è cresciuto e maturo, ma anche perché compie fra pochi giorni 65 anni. Non parla però di età da pensione, l’oligarca, ma di un ritorno alla routine di vita precedente al 2011, quindi probabilmente a un maggiore investimento di tempo ed energie alla sua attività di imprenditore. D’altro canto ha ammesso che “[La politica] non è la mia professione preferita o favorita, mi è stata imposta perché il paese ne aveva bisogno, perché [l’opposizione] non aveva potere sufficiente per sconfiggere gli oppressori [intendendo il governo del Movimento Nazionale Unito] e il mio aiuto è stato necessario. Questo era il motivo per cui sono entrato in politica… Quindi avevo dichiarato [dall’inizio] che sarei entrato [in politica], costringendo gli oppressori ad andarsene e poi mi sarei dimesso”.
I commentatori sono scettici che questo ritiro sia effettivo. Il Sogno è un partito nato intorno a una figura, quella di Ivanishvili, e il cordone ombelicale non è così facilmente scindibile. Per le dimensioni della sua ricchezza e peso economico Ivanishvili come tutti gli oligarchi non può che essere interessato a continuare a esercitare la propria influenza sui processi politici e garantirsi così un ambiente economico e politico favorevole. Dal canto suo, il partito non ha mai dimostrato di volersi liberare della pesante presenza del suo tycoon. La Georgia ha avuto cinque primi ministri durante gli anni in cui Sogno Georgiano è stato al potere: Bidzina Ivanishvili (2012-2013), Irakli Garibashvili (2013-2015), Giorgi Kvirikashvili (2015-2018), Mamuka Bakhtadze (2018-2019), Giorgi Gakharia (dal 2019) mentre il partito continuava a ricevere conferme elettorali, alle amministrative, alle politiche e alle presidenziali. Le decisioni sui cambiamenti nel paese, nonostante questo continuo consenso che Sogno Georgiano ha raccolto, hanno continuato ad essere prese al di fuori delle istituzioni, seguendo procedure personalizzate e informali. Insomma, si sa che era Ivanishvili di fatto a fare ruotare lo scranno da primo ministro fra i suoi accoliti.
Che questa pratica e tutta la cultura politica che vi sottende finiscano è ora molto dubbio. La prima prova della fondatezza di questo dubbio è che – perso il proprio patron – Sogno Georgiano non si è mosso verso una sostituzione dell’incarico attraverso un procedimento trasparente e democratico come potrebbero essere ad esempio una votazione interna al partito. Vi è infatti un erede designato, Irakli Kobakhidze, 42enne professore universitario, ex Presidente del Parlamento che si era dimesso dopo lo scandalo Gavrilov, e il partito si limiterà a ratificarne la nomina. Difficilmente la base o i colleghi di partito – se liberi effettivamente di esprimersi – avrebbero fatto il suo nome per sostituire un peso massimo come Ivanishvili.