Galaev, sulle tracce dell’universo folk dell’Ossezia

Per scoprire l’universo musicale dell’Ossezia, piccolo angolo di mondo incastonato fra le montagne che dividono le acque del Mar Nero da quelle del Mar Caspio, non si può non seguire le tracce di uno dei principali fautori del recupero della tradizione musicale osseta: Boris Galaev

08/09/2014, Gianluca Grossi -

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Boris Galaev

Totalmente sconosciuto in Europa, ma non in Russia, Boris Galaev in Ossezia è giustamente ritenuto un caposaldo della musica tradizionale.

E’ nato nel 1889 nel villaggio di Cernoyarsaya, nei pressi di Mozdok, nell’Ossezia del nord. La sua storia prende però il largo a San Pietroburgo dove termina la Scuola reale nel 1909. In quegli anni la città era ancora lontana dalla crisi della Rivoluzione bolscevica. Per il grande centro russo bazzicavano figure come l’Achmatova e Blok, rispettivamente padri della poesia acmeista e simbolista: il 30 dicembre del 1906 era stata proposta ad esempio "Balagancik", opera di Blok, musicata da Mejerchol’d. Pochi anni dopo avrebbe aperto anche il mitico Cane Randagio, vera e propria culla della cultura pietroburghese di inizio secolo.

In una città così sveglia e accorta, si fa presto largo la necessità di salvaguardare le opere tradizionali, in particolare le canzoni folk che hanno il potere di raccontare e tramandare storie che si perdono nell’oblio; a questo scopo nel 1884 era nata la "Pesennaia Komissiia", composta da etnomusicologi e cultori delle tradizioni locali.

Per tre anni, dal 1913 al 1917, Boris Galaev presta servizio nelle unità dell’esercito caucasico, e in seguito, fino al 1922, finisce fra le fila dell’Armata Rossa. Si laurea alla Scuola musicale di Leningrado nel 1932 e si stabilisce definitivamente a Tskhinvali, capitale dell’Ossezia del sud.

Dal 1938 al 1951 conduce il South Ossetian Drama Theatre, Stalinir, e subito dopo presta il suo talento per l’Istituto di ricerche dell’Ossezia del sud. Fonda poi l’Ossetia professional music e dà alle stampe molte opere: "Groom" (1943), "Batradz from Nartov" (1942), "The rock of the hero" (1945). Partecipa anche ad alcuni lungometraggi, come autore di colonne sonore. "Fatima" è girato nel 1958 da Semyon Dolidze ed è ancora oggi un bel modo di affrontare il mondo della musica e della danza osseta. Inaugura poi la scuola di musica a Tskhinvali.

Il nome di Galaev è però legato soprattutto al South Ossetian ensemble of folk music and dance "Simd" – che dal 2008 ha una nuova e lussureggiante sede – e all’immenso lavoro di archivio e studio della musica folcloristica autoctona. Ha collezionato infatti centinaia di canzoni originali, che affondano le loro radici agli albori del tempo. Il tutto è finito in una pubblicazione d’inestimabile valore, "Canti popolari osseti", che è stata pubblicata a Mosca nel 1964.

Galaev prende esempio dagli etnomusicologi che per primi si mossero per salvaguardare il patrimonio musicale russo. Fra questi il professor Evgenii Vladimirovich Gippius che incise per la prima volta un brano folk nel 1895, e che proseguì nell’intento di salvaguardare del patrimonio musicale fino a ottenere nel 1914 almeno 2500 registrazioni di puri talenti della tradizione orale.

Musiche e canti tradizionali

Galaev divide le canzoni folk ossete in varie famiglie: canzoni storiche, della rivoluzione, dei lavoratori, dei matrimoni, dei bevitori, canzoni umoristiche, da ballo, d’amore e liriche. Accade spesso questo tipo di suddivisone "tassonomica" nella musica folk. Anche da noi, per esempio, nell’ambito della canzone popolare si suole distinguere i canti da osteria, da quelli inerenti la guerra, l’amore, il lavoro, e la satira. Tra quelle raccolte da Galaev vi sono anche le canzoni eroiche che parafrasano il cosiddetto "Ciclo dei Narti", serie di canti epici di origine indo-iranica, dedicata a eroi soprannaturali che secondo la mitologia locale vivevano su tre livelli sociali, ognuno con doti e difetti differenti, in primis intelligenza, vigore e vanità.

Il culto degli eroi è del resto un paradigma del mondo che si cela al di là della ex Cortina di ferro. In Italia, Francia, Germania, Spagna, per citare qualche nazione con un background culturale totalmente diverso dagli orizzonti caucasici, è un concetto che ha perso il suo valore, che si è invece mantenuto in molte altre regioni del Vecchio continente, a partire da estese aree dei Balcani, come i paesi della ex Jugoslavia.

Galaev non è comunque l’unico artefice di questa rivalorizzazione dei costumi e delle musiche tradizionali. Con lui hanno dato spolvero a vere e proprie chicche anche personaggi come Dimitri Arakishvili, ritenuto il padre della moderna musica georgiana, Avksenti Megrelidze, Grigol Kokelidze, Davit Toradze e Vladimer Kurtid. Oggi godiamo soprattutto del lavoro di Nana Valishvili, etnomusicologa georgiana, a capo del Folklore State Center of Georgia dal 1986. Altrettanto significativo il lavoro condotto dai Liakhvi, ensamble musicale osseta, specializzato in musiche e canti tradizionali.

Musica e danza

Le canzoni folk ossete si mischiano inoltre con la danza nazionale, del nord e del sud: la Simd. E’ antichissima e rimanda alle epopee degli antichi iraniani e degli sciiti. Si balla in 4/4 o 2/4. Presenta molte varianti e balli fra loro diversi ma egualmente affascinanti. Arrivano a noi grazie al lungo lavoro di Galaev, e di tutti gli altri grandi compositori ed etnomusicologi osseti. In Italia se ne parla per la prima volta già nel 1634, grazie a un monaco domenicano di passaggio per terre ritenute all’epoca pressoché sconosciute: il religioso riferì dei circassi (abitanti del Caucaso) che sono soliti danzare sulle punte dei piedi.

La canzone folcloristica incontra quindi la danza; in ambito, però, "casalingo", tale per cui un ballerino non è quasi mai un professionista, ma un semplice amante della musica. In ogni caso la danza è radicata nel Dna degli abitanti dell’Ossezia (ma verrebbe da dire di tutto il Caucaso): "Nella terra che si affaccia sul Caucaso, un bambino, appena viene al mondo, inizia a battere il tempo, come se volesse subito andare a ballare", racconta Tajmuraz Kokaev, coreografo del "Piccolo Gighit", complesso di danza popolare attivo da 75 anni.

Il canto folk osseto più puro è rappresentato da un cantato potente e da una linea melodica ben definita, ricamato da tipici strumenti a corde, molto simili a quelli della tradizione georgiana e per certi versi dei Balcani. "Fra i più rappresentativi ci sono il kisin-fandir, una specie di chitarrina, suonata con un archetto", racconta Nana Valishvili "da non confondersi con il più noto chuniri, tipico delle regioni più occidentali della Georgia.

Il South Ossetian State Folk Ensemble presenta ancora oggi alcuni brani tradizionali come "Old drinking folk song", con un inizio che assomiglia a una ballata croata, accompagnata dal suono di una tradizionale tamburitza; mentre il ritmo varia e aumenta di intensità a metà canzone, echeggiando ballate russe o di origine ebrea. Affascinante anche "Anton’s ballad", che ricorda un canto liturgico ed "Heroic ballad about Totraz Berozty", solenne e incisiva come spesso accade alle canzoni folk del Caucaso.

C’è infine da citare il mondo polifonico che echeggia in tutta la Georgia, ma anche in Daghestan e Inguscezia. Secondo l’etnomusicologo Joseph Jordania ci sono vari tipi di polifonia e quella del sud dell’Ossezia è riconducibile al cosiddetto "stile georgiano". Al di là dei concerti, si possono recuperare interessanti tracce di questo incredibile e unico mondo musicale visitando le sale dello State Folklore Centre of Georgia, dove sono conservati i manoscritti dei testi e delle partiture di molte canzoni originali.

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