Frontiera dell’Evros, voglia di muro

Nonostante il dispiegamento della missione europea Frontex, il confine tra Grecia e Turchia lungo il fiume Evros continua ad essere il principale punto di passaggio per i migranti diretti in Europa. Per fermarli, il governo di Atene ha ora annunciato la costruzione di un muro

17/01/2011, Gilda Lyghounis -

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La Grande Muraglia cinese - DragonWoman/flickr

Sarà lungo 12 chilometri e mezzo e alto cinque metri il muro anti-immigrati che la Grecia si appresta a costruire ai confini con la Turchia, nella regione del fiume Evros vicino alla cittadina di Orestiada.

“Il governo ha il dovere di difendere i diritti dei cittadini ellenici e di coloro che vivono a norma di legge nel nostro Paese”, ha dichiarato la settimana scorsa il ministro della Difesa del cittadino (equivalente al ministero degli Interni ndr) Kostas Papoutsis. “Arginare il flusso degli immigrati che dall’Anatolia si riversano nell’Unione europea attraverso la Grecia è anche una prova del nostro senso di responsabilità verso Bruxelles”.

Il progetto è già avviato: più che un muro di cemento, sarà una barriera di filo spinato sostenuta da una base fissa e da colonne in calcestruzzo. Il ministro ha escluso che il fil di ferro sarà attraversato da corrente elettrica, anche se ci saranno sensori in grado di segnalare tentativi di passaggio.

Bruxelles ha però subito espresso diffidenza e riserve riguardo alla decisione greca. "I muri o i reticolati sono misure di breve periodo che non permettono di affrontare in maniera strutturale la questione dell’immigrazione clandestina", ha affermato il portavoce della commissaria Ue alla Sicurezza, Cecilia Malmström, spiegando come "la gestione delle frontiere è una questione tra Stati", ma sottolineando come "in certi casi le frontiere nazionali sono allo stesso tempo frontiere dell’Unione europea".

E "una buona gestione delle frontiere e dei flussi migratori", ha aggiunto il portavoce, "passa per il dialogo con i Paesi di provenienza e i Paesi di transito degli immigrati".

Forti polemiche anche in Grecia. “Sarà un muro della vergogna”, ha protestato il KKE, il partito comunista greco che con l’11% dei voti alle ultime elezioni amministrative di novembre si è confermato la terza forza politica del Paese, dopo i socialisti al governo (che hanno il 34,6% dei consensi) e il centro destra di Nuova democrazia (33%).

Lo sdegno è comune anche alla sinistra riformista del Syriza e ai Verdi: “E’ un’iniziativa ipocrita e disumana. La costruzione del muro non solo non bloccherà chi cerca salvezza nel Vecchio Continente, ma sarà il simbolo della trasformazione dell’Europa dei diritti umani nell’Europa dei ricchi – fortezza medievale. Speriamo", ha messo in guardia Eleanna Ioannidou, portavoce dei Verdi, "che le nostre condizioni di crisi economica non arrivino mai al punto di spingere gli stessi greci a cercare una fuga all’estero e incontrare, a loro volta, simili barriere dell’orrore”.

Da parte sua il governo snocciola le cifre contenute nell’ultimo rapporto Frontex (l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea, istituita nel 2004 e presente in Grecia dal novembre 2010 con 200 guardie che collaborano con le autorità locali nella zona dell’Evros).

Secondo questo rapporto, diramato il 10 gennaio scorso, la Turchia continua ad essere il maggiore Paese di transito verso l’Europa di un ingente flusso di migranti e di persone richiedenti asilo politico. Un flusso che vede in prima linea gli esuli afgani, ma ultimamente anche un inedito picco di arrivi algerini.

Lungo le rive del fiume Evros, che segna per 206 chilometri il confine fra Grecia e Turchia, solo nel periodo che va da gennaio a settembre 2010 è passato il numero record registrato negli ultimi anni in tutta l’Ue di 31mila migranti.

Il rapporto Frontex fa anche riferimento al tratto lungo 12,5 chilometri in cui sorgerà il muro: ogni giorno, da questo punto, l’unico non segnato dall’Evros, entrano in Grecia 350 persone. La polizia greca precisa che più della metà dei 47mila migranti entrati nel Paese l’anno scorso l’ha fatto attraverso questi pochi chilometri, tutti via terra e quindi facili da attraversare.

Mentre solo dall’inizio del 2011 sono già tre i cadaveri di aspiranti immigrati restituiti dalle acque del fiume. Sempre Frontex sottolinea la mancanza di una vigilanza notturna nella regione. Anche di qui la decisione del governo ellenico di costruire una barriera simile a quella già eretta dalla Spagna intorno alla cittadina di Ceuta, enclave ispanica in Marocco. O al muro che divide gli Stati Uniti dal Messico.

Ma proprio la soluzione “filo spinato” ricorda tristemente ai greci un altro muro contro la cui esistenza si scagliano da decenni: quello che divide la Repubblica di Cipro, a maggioranza greco-cipriota, dalla zona dell’isola occupata dall’esercito turco dopo l’invasione del 1974, autonominatasi Cipro nord.

Il dibattito sul muro-anti immigrati è accesissimo ad Atene, proprio nei giorni in cui si discute in Parlamento la nuova legge sul diritto di asilo, che dovrebbe istituire un’Agenzia centrale a cui faranno riferimento gli uffici periferici che raccoglieranno le domande di asilo politico, secondo le norme stabilite da Bruxelles. “Il dato positivo di questa legge è che nella nuova Agenzia e negli uffici decentrati lavorerà solo personale civile e non appartenente alla polizia”, commenta Amnesty International, che da anni si batte per un’accoglienza dignitosa ai migranti in suolo ellenico.

Basti pensare che finora Atene ha concesso il diritto d’asilo solo in casi rarissimi: è stato accordato solo a 8 persone su 25mila che ne avevano fatto richiesta nel 2007. “Tuttavia sollecitiamo il governo greco ad assicurare all’Agenzia risorse adeguate”, continua l’ufficio ateniese di Amnesty, “inclusi personale qualificato e adeguati servizi di interpretariato per le persone che si rivolgono a questa nuova autorità”

Vedremo se potranno essere beneficati dalla nuova legge i 161 disperati – 90 afgani, 30 palestinesi e 41 iraniani, che si sono rifugiati da pochi giorni nel Politecnico di Atene, luogo simbolo del diritto d’asilo, perché dalla fine della dittatura dei colonnelli nel 1974 garantisce per legge protezione agli studenti che vi si rifugiano nei giorni di cortei e scontri di piazza con la polizia.

Secondo un reportage del quotidiano Eleftherotypia del 14 gennaio, il presidente della comunità afgana di Atene, Yunus Mohamed, ha lanciato un SOS: "Fra i 90 miei compatrioti che stanno conducendo uno sciopero della fame per avere l’asilo politico, ci cono famiglie con bambini piccoli. Vivono in Grecia da 24 anni".

In un’aula accanto, ci sono donne palestinesi con i loro bambini: "Secondo la legge europea le domande di asilo dovrebbero essere esaminate nel giro di tre mesi, con un limite massimo di due anni. Ma nessuno ci ha ancora risposto!"

Altra aula, altra etnia: gli iraniani in fuga dal regime degli ayatollah. Fra i 41, ci sono 7 donne e 4 bimbi: "E’ venuto qualcuno dal rettorato per dirci di andarcene", dice uno di loro, Emir Reza. “Non ci pensiamo neanche”. La maggior parte sono laureati, ma la strada per ottenere il diritto d’asilo con la nuova legge è quasi impossibile: in teoria, la loro domanda è già scaduta.

“Eppure la parola ‘asilo politico’ è una parola greca”, tuona dalle colonne del quotidiano conservatore "Kathimerini" l’editorialista Petros Papacostantinou, ripreso dal britannico “Guardian”.

“Proprio il governo socialista che ha ceduto a ogni richiesta dell’Ue e del Fondo monetario internazionale, riducendo i greci alla povertà, ora si comporta in modo disumano verso gli immigrati. Che vanno benissimo a tutti quando raccolgono fragole, pagati in nero, nei campi, o quando sono morti per costruire il villaggio olimpico nel 2004. Ma ora il governo ha bisogno di distogliere i cittadini dagli esplosivi problemi sociali. Quale capro espiatorio migliore dei migranti clandestini?", conclude Papacostantinou.

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