Fridays For Future e l’intervento turco in Siria

Nei drammatici giorni dell’attacco dell’esercito turco alla comunità curda in Siria il movimento FFF ha preso posizione. Un’intervista all’attivista Chiara Signoria

19/11/2019, Davide Sighele -

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Manifestanti FFF a Berlino - Rolf G Wackenberg/Shutterstock

Lei fa parte del Team Comunicazione del movimento Fridays For Future, quali le motivazioni alla base di questo suo impegno?

Le motivazioni hanno radici nella mia passione per la comunicazione che ho declinato sia a livello professionale che di interesse personale. A mio parere, insieme ad educazione e politica, si tratta della terza chiave imprescindibile per maturare qualsiasi riflessione a livello collettivo che a sua volta possa innescare un processo di cambiamento.  

Alcune sezioni locali di Fridays for Future hanno dimostrato contro il recente intervento turco in Siria, quale il dibattito interno alla vostra organizzazione?

Mi preme fare una premessa. Quando si tratta di temi così delicati e complessi e stante la natura del movimento di Fridays For Future – che è larghissimo, variegato, trasversale e giovane – le posizioni rispetto a tali temi sono estremamente diversificate e continueranno ad esserlo. Questo ha fatto sì, in generale come in questo caso particolare, che il dibattito interno si sia focalizzato su fin dove ci si debba e possa spingere come FFF nel parlare di temi che sembrano esulare dalla classica crisi climatica. 

Da un lato, se volessimo affrontare e posizionarci come movimento rispetto a tutte le crisi geopolitiche connesse al fossile, bisognerebbe andare ad approfondire le varie Venezuela, Libia, Iran e Arabia Saudita, …

Dall’altro lato, ci troviamo di fronte al rischio speculare di fare solamente “il compitino” di turno, guardando esclusivamente al nostro orticello, quasi che la crisi climatica non fosse in realtà una crisi globale complessa. 

Detto questo l’autonomia a livello locale – e le prese di posizione locali – è un elemento fondamentale di FFF, mantenendoci tutti allo stesso tempo uniti sotto l’egida del livello nazionale tramite il quale condividiamo un approccio unico su macro temi.

Gli attivisti curdo-siriani di Friday for Future, in una recente lettera aperta, hanno rivendicato l’ecologia come uno dei pilastri su cui si stava basando l’esperienza politica nel nord-est della Siria, prima dell’invasione turca. Ci può spiegare in che termini questo si è concretizzato?

Senza spendermi in parole che tradurrebbero un discorso in prima persona degli attivisti curdo-siriani di FFF rimanderei i lettori a questo link

Perché un movimento come il vostro, incentrato in particolare su temi ambientali, si deve a suo avviso occupare del conflitto siriano?

Perché si tratta di un caso emblematico – forse più di altri – che mostra, per coloro che sanno andare oltre la narrazione dominante, lo stretto legame che collega conflitti militari e risorse. Riadattando le parole dell’attivista e ambientalista indiana Vandana Shiva, la logica rapace di sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali diventa violenza contro gli esseri umani, alimentandola all’interno e tra le comunità. Un’economia globale fuori dal fossile e che non escluda nessuno – la richiesta principale del nostro movimento – e fuori da queste logiche significa anche costruire un mondo più pacifico, in cui meno gente è costretta a lasciare la propria casa e la propria terra, in cui meno gente viene schiacciata e oppressa.

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