Fiumi dei Balcani: la Kupa
Alla Kupa dedichiamo il secondo capitolo del nostro reportage sui fiumi dei Balcani. Un viaggio che ci porterà a parlare di parchi naturali e migrazioni, frontiere e industria in declino, filo spinato e turismo sostenibile
"Che cos’è il lusso oggi? Regalarsi uno smart watch o del tempo per se stessi? Essere in prima fila al mare o in un posto di pace?". Dei cartelloni pubblicitari con questi slogan sono apparsi quest’estate per le vie di Zagabria, attirando l’attenzione degli automobilisti incolonnati lungo il viale che porta all’autostrada. La campagna di comunicazione, tuttora in corso, è firmata dall’Ente turistico del Gorski Kotar, la regione montuosa a metà strada tra la capitale croata e Fiume. Suggerisce un approccio diverso non solo alle vacanze estive, ma anche al rapporto col lavoro e con la vita cittadina, in un momento – quello del dopo-pandemia – in cui in tanti stanno riscoprendo il bisogno di essere più a contatto con la natura.
Scarsamente abitato e coperto da foreste e da pascoli, il Gorski kotar è la regione in cui sgorga la Kupa, un fiume lungo quasi 300 km che segna il confine tra Croazia e Slovenia, attraversa le città di Karlovac e Sisak, e si getta nella Sava. Alla Kupa (o Kolpa in sloveno) dedichiamo il secondo capitolo del nostro reportage sui fiumi dei Balcani (il primo era sulla Neretva), un viaggio che ci porterà a parlare di parchi naturali e migrazioni, frontiere e industria in declino, filo spinato e turismo sostenibile. È una storia ricca di sfaccettature e pregna di bellezza. Noi la iniziamo nel punto in cui nasce il fiume, in questo caso, nel parco nazionale di Risnjak in Croazia, nei dintorni della città di Delnice.
16 sfumature di bosco
Il complesso principale che segna l’ingresso del parco di Risnjak è composto da un paio di edifici dal tetto spiovente situati su una collinetta. Oltre ad ospitare il personale amministrativo e gli uffici, la struttura accoglie anche una piccola pensione con un caffè ristorante. È lì che incontriamo Tanja Ranković, la capo custode alla guida dei sei rangers che pattugliano il parco. "Il parco è stato istituito nel 1953 ed è il terzo più vecchio della Croazia. Ha una superficie di 6.350 ettari e il suo scopo principale è quello di proteggere i boschi – spiega Ranković – ci sono almeno 16 tipi diversi di bosco in quest’area e un livello di biodiversità molto alto in uno spazio relativamente piccolo, tra il clima continentale e quello adriatico".
Il massiccio del Risnjak raggiunge un’altezza di 1.528 metri sul livello del mare e ospita esemplari di lupo, lince e orso bruno. I tre predatori possono essere osservati già nell’atrio dell’edificio centrale, sugli schermi che riproducono le immagini raccolte dalle telecamere termiche nascoste nei boschi. La lince, ris in croato, dà il suo nome al parco, che è una delle ultime aree in Croazia in cui questo mammifero sopravvive ancora, rarissimo anche nel resto del continente europeo. Dall’ingresso del parco, diversi percorsi educativi si snodano portando alla scoperta dell’habitat dell’orso, ai punti di osservazione dei camosci e ad altre destinazioni, ma noi risaliamo in auto per raggiungere, a una mezz’ora di strada verso nord, la sorgente del fiume Kupa.
Monumento naturale protetto dal 1963, la fonte della Kupa è entrata ufficialmente a far parte del parco nel 1997. Per accedervi, si cammina per circa trenta minuti lungo un ripido percorso in discesa (il ritorno, in salita, è un bell’esercizio!) fino ad arrivare ad una calma distesa di acqua turchese nascosta tra gli alberi spogli. Siamo a 321 metri sul livello del mare – il che fa notare la grande diversità del parco, capace di grandi dislivelli – e il fiume carsico che sgorga davanti ai nostri occhi ha una temperatura di 7° celsius. La profondità della sorgente è invece sconosciuta. "Nel 2008, una spedizione guidata dallo speleologo italiano Luigi Casati è arrivata a quota -154 metri, ma è stato stabilito che si può scendere ancora più in profondità", racconta Ranković.
In questa prima fase del suo corso, la Kupa è un fiume di montagna, stretto e capace di ingrossarsi improvvisamente. Persino nei pressi della sorgente, dove confluiscono i primi due affluenti (Sušica e Krašićevica) si formano periodicamente delle piene (quella di settembre si è portata via un ponte pedonale in legno costruito da poco). È questa, dunque, la parte più selvaggia del corso d’acqua, dove non ci sono campeggi sulle rive e nemmeno grandi centri abitanti. Il primo paese sul fiume è Brod na Kupi, 26 km a valle, con meno di 200 abitanti. Per il resto, la Kupa lambisce solo gruppi di case isolate e traccia già il confine tra Croazia e Slovenia, un confine che, come vedremo, esiste solo dal 1991.
Un turismo da inventare
In un mattino d’autunno, la città di Delnice appare sonnacchiosa. Il capoluogo del Gorski Kotar, dove abitano poco più di 5mila persone (quasi mille abitanti in meno rispetto al 2011), non ha più quel ruolo di centro di transito sulla via che da Zagabria porta a Fiume, bypassata com’è dall’autostrada che sfreccia poco lontano. Quasi due secoli prima dell’inaugurazione dell’autostrada nel 2008, a Delnice si costruiva la Lujzijana, a lungo una delle strade più importanti della Croazia asburgica. Di quella strada, così come delle altre due costruite tra Settecento e Ottocento nella regione (Karolina e Jozefina), rimangono tante pietre miliari e una storia affascinante. Ma il suo ruolo è oggi più turistico che strategico.
Oltre all’industria del legno, all’allevamento e all’agricoltura, l’economia di Delnice e, del Gorski Kotar in generale, sta infatti cercando di orientarsi in chiave turistica, sperando di intercettare una parte dei grandi flussi che ogni anno attraversano la Croazia e fermare così lo spopolamento dell’area, che pare inarrestabile. In questa riconversione, molto (se non tutto) è legato alla natura, il vero grande potenziale del Gorski Kotar. Boschi, fiumi, laghi, piste da sci e anche alcune proposte di rafting sulla Kupa (ma non prima di Brod na Kupi) sono quello che la regione ha da offrire a viaggiatori che vogliono concedersi un diverso tipo di lusso. Per i meno attivi, c’è lo strudel con i frutti di bosco e la panna, che comunque da solo vale il viaggio.
Anche il Parco nazionale di Risnjak partecipa a questa trasformazione regionale. Nell’ambito del programma di cooperazione Interreg tra Croazia e Slovenia , è stato ad esempio finanziato un progetto di promozione delle varietà di mela tipiche della regione (si producono almeno dieci varietà diverse), così come la tutela degli uccelli locali che frequentano i frutteti. Un altro progetto che ha visto la collaborazione di croati e sloveni è “Veze prirode ”, le connessioni della natura, che ha ottenuto più di 2,5 milioni di euro dal programma Interreg con lo scopo di preservare e ristabilire la biodiversità dell’area a cavallo tra i due paesi, partendo dalla constatazione che «specie e habitat non conoscono confini».
Veze prirode ha permesso di fare ricerca su alcune specie mirate, come lontre, coleotteri, anfibi e una trentina di specie diverse di farfalle. L’habitat di questi animali è stato migliorato con interventi lungo la Kupa e altri fiumi, dove sono stati piantati nuovi alberi, o tramite lo sfalcio e la pacciamatura di alcuni terreni, il collocamento di tronchi di albero (per i coleotteri) o ancora con la creazione un’area di passaggio per gli anfibi lungo il fiume Sutla (un altro affluente della Sava che segna il confine tra i due stati nei pressi di Zagabria). Ci sono state poi attività di mappatura e la creazione di base dati che permetteranno in futuro uno studio migliore dell’habitat dell’area.
Nel proseguire il viaggio lungo la Kupa, vedremo però che se per queste specie il confine effettivamente non esiste, per altri animali di taglia più grossa, la frontiera è diventata negli ultimi anni molto reale. Passata la sua parte più montuosa e torrentizia, la Kupa rallenta e si allarga, diventando un fiume che è possibile attraversare, in barca (čamac è il nome croato dell’imbarcazione tipica) o a nuoto, pur facendo attenzione alla forte corrente. Ad attraversare la Kupa, negli ultimi anni, sono stati anche tanti rifugiati provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa e per fermare il loro passaggio il governo sloveno ha disposto a fine 2015 una rete con filo spinato lunga più di 50 chilometri. Per i mammiferi del parco, che attraversavano la Kupa o vi si abbeveravano, la nuova barriera rappresenta un ostacolo insormontabile. E per i rifugiati, purtroppo, il fiume è diventato spesso sinonimo di morte.
(Vai alla seconda del reportage dedicato alla Kupa)
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai ai materiali "Work4Future"