Fiume, quando la storia è pubblica
Combinare ricerca scientifica, divulgazione e partecipazione; raccontare la storia di Fiume con molteplici linguaggi. Sono questi gli obiettivi di un progetto internazionale di cui OBCT è partner, in vista di Fiume – Capitale europea della cultura 2020
Mancano ormai poche settimane alla proclamazione ufficiale di Fiume Capitale Europea della cultura per il 2020. I preparativi sono in pieno svolgimento, numerosi i soggetti mobilitati e lo scorso 30 ottobre si è tenuta la cerimonia ufficiale di presentazione del programma delle attività per il prossimo anno. Al contempo, Fiume, la sua identità e la sua storia non smettono di essere al centro di dibattiti in Croazia e in Italia. Archiviate, quantomeno sugli organi di informazione, le polemiche scaturite dal centenario dell’“Impresa di Fiume” di D’Annunzio, le vicende cittadine sono recentemente tornate al centro del dibattito politico in Croazia, sempre più vivacizzato dall’avvicinarsi delle ormai prossime elezioni presidenziali. In questo caso, a scatenare la polemica sono stati i commenti di Kolinda Grabar-Kitarović sulla squadra di calcio locale. La Presidente croata, parlando a Spalato, aveva definito il Rijeka degli anni Ottanta una squadra satellite del Partizan e della Stella Rossa di Belgrado. Le reazioni al riferimento alla presunta insufficienza di patriottismo croato del centro quarnerino hanno spinto Grabar-Kitarović, originaria della zona, a fare rapidamente marcia indietro. Tuttavia, sembra che le diverse interpretazioni della complessa storia cittadina e dello slogan “porto di diversità”, scelto per la manifestazione del prossimo anno, non mancheranno di dare adito a nuove polemiche e strumentalizzazioni.
In queste settimane, OBC Transeuropa entra ufficialmente a far parte del partenariato di un ampio progetto internazionale dedicato alla storia e alla memoria della città di Fiume. L’ente capofila è l’Università della British Columbia Okanagan, ma il progetto coinvolge studiosi di diversi paesi e altre istituzioni come il Dipartimento di Studi culturali dell’Università di Fiume e il Center for Advanced studies – South East Europe. Proprio tale istituzione ha ospitato lo scorso luglio una partecipata conferenza internazionale, volta ad inquadrare le vicende fiumane nella più ampia esperienza di quelle regioni e città europee, ma non solo, che hanno cambiato sovranità in seguito a spostamenti di confine.
Oltre a studiare la storia di Fiume dopo la Seconda guerra mondiale, il progetto si propone di valorizzare la partecipazione attiva dei cittadini e delle comunità alla ricostruzione delle vicende cittadine. Si tratta di un approccio alla base di quella che viene definita la Public history, disciplina che ha cominciato a riflettere sull’importanza per gli storici di aprirsi alla collaborazione e al dialogo con i professionisti di altre discipline divulgative e soprattutto con il pubblico, “condividendo l’autorità”, ma senza per questo rinunciare al rigore delle proprie analisi. In linea con tale visione, il team di ricerca ha lanciato una mappa interattiva online che permette a chiunque di aggiungere frammenti di storia e memoria cittadina. E’ un aspetto centrale del progetto, che si propone di riempire il più possibile questo contenitore comune di storie fiumane. Già oggi, navigando la mappa, è possibile attingere ad immagini, audio e testi caricati dagli utenti in diverse lingue (croato, italiano e inglese): scoprire luoghi inediti come il sito del vecchio cimitero ortodosso cittadino, oggi parco giochi; vedere i progetti originali del Circolo rionale fascista “Giardini”, che attualmente ospita la sede di un’azienda locale; leggere la vicenda di David Cherbaz, giustiziato nel 1945 per ordine del Tribunale dell’Armata jugoslava con l’accusa di aver collaborato alla distruzione della grande sinagoga cittadina nel 1944; oppure rintracciare i graffiti dedicati solo qualche anno fa al compositore croato Antun Mihanović.
Dalla collaborazione tra ricercatori di diverse discipline sta inoltre prendendo forma un secondo prodotto: una app per smartphone in grado di mettere a disposizione dei cittadini e dei visitatori che vorranno esplorare Fiume nei prossimi mesi i risultati delle ricerche svolte sulla città da parte degli storici coinvolti. Il team sta lavorando in queste settimane all’assemblaggio dei materiali. Sarà possibile venire a conoscenza di caratteristiche meno note dei luoghi più conosciuti di Fiume: dal Palazzo del governatore, fondamentale luogo di potere cittadino, fino a Piazza Tito, costruita dopo la Seconda guerra mondiale per unire Fiume a Sušak. Ma anche luoghi per lo più ignorati, il cui specifico interesse è emerso seguendo le diverse piste di ricerca. L’app permetterà non solo di accedere a documenti e materiali d’epoca, ma anche di seguire itinerari tematici incentrati su specifici aspetti della storia cittadina.
Brigitte LeNormand, professoressa associata presso l’Università della British Columbia e Principal investigator di “Rijeka in flux”, ha spiegato a OBC Transeuropa la genesi del progetto e la sua evoluzione:
Ci può spiegare come la storia della città di Fiume è diventata oggetto di studio nell’ambito di un importante progetto in un’università canadese?
Le università canadesi, e in particolare l’Università della British Columbia, hanno un orientamento globale. Fiume è un caso di studio che pone domande interessanti che vanno oltre il contesto locale. Che impatto hanno sui luoghi i cambiamenti di confine? Il Ventesimo secolo è attraversato da esempi di confini e sovranità che mutano. Studiando la storia di Fiume, possiamo elaborare teorie applicabili anche ad altri casi. Nello sviluppare la app per smartphone Rijeka in Flux, ci stiamo anche chiedendo: come possiamo trasmettere la conoscenza delle città contese in modi efficaci ma aperti, che spingano il pubblico a confrontarsi con la complessità? La nostra app vuole quindi risultare adattabile a molti altri contesti. Tuttavia per me, come storica, il caso di Fiume è interessante anche nello specifico: una città che ha vissuto diversi cambiamenti di confine ed enormi trasformazioni demografiche, economiche ed ideologiche dopo la Seconda guerra mondiale.
Il progetto è intitolato "Rijeka in flux", qual è l’idea alla base di questo titolo?
È un gioco di parole: Rijeka e Fiume, i due nomi della città, significano entrambi "fiume" e "flux" fa riferimento allo scorrere. C’è tuttavia un significato più profondo: la ricerca sulle città che hanno vissuto lo spostamento di un confine si è concentrata soprattutto sugli interventi top-down, dal punto di vista dell’urbanistica, dell’architettura e dell’appropriazione del patrimonio culturale, ad esempio attraverso il cambiamento dei nomi delle vie. Pur considerando questi aspetti, vogliamo pensare ad altri modi in cui i confini trasformano le città, in particolare capire come vengono incorporate in nuove reti e come si modificano i flussi di persone, merci, idee e capitali. La mia ricerca nell’ambito del progetto si concentra sulla trasformazione di Fiume in porto principale della Jugoslavia socialista e sull’impatto che ciò ha avuto sulla città. Altri colleghi affrontano il tema in modo diverso: con particolare attenzione alla migrazione, ad esempio, o all’esperienza della minoranza italiana in città.
"Rijeka in flux" è quindi principalmente un progetto di ricerca, caratterizzato da un pronunciato interesse nella divulgazione e nel lavoro con le comunità. Come pensa sia possibile portare fuori dal mondo accademico il lavoro degli storici e costruire una fruttuosa interazione con il pubblico?
Questa è una domanda molto importante e va oltre il ricorso ai soliti strumenti, come tenere conferenze o scrivere per un pubblico più generalista. Per noi è una domanda di ricerca: in che modo le nuove tecnologie ci permettono di raccontare le storie in forma diversa e più efficace? Come possono stimolare nuove riflessioni che non sarebbero possibili con le metodologie tradizionali? Le mappe aiutano ad incorporare nella storia la dimensione spaziale, come abbiamo già esplorato nella prima fase del progetto. Ma nello sviluppo di questa mappa, vogliamo trovare nuove modalità di coinvolgimento dei cosiddetti "cittadini scienziati". Nel nostro caso, i “cittadini scienziati” sono le persone anziane che hanno storie personali da condividere e gli storici non-professionisti che hanno raccolto informazioni preziose. Inoltre con questo nuovo progetto – sfruttando le potenzialità degli smartphone – stiamo cercando di capire come sfruttare la “realtà aumentata” per dare vita alla storia dei luoghi della città e renderla facilmente accessibile.