Festival di Locarno: sguardo a sud-est
La storia di tre donne emigrate dalla ex-Jugoslavia in Svizzera. Le vicende del giovane militare Costi durante la rivoluzione romena dell’89. Un documenatrio sulla vita di un giudice internazionale in Kosovo. Al Festival di Locarno si parla di Balcani
Vengono dai Balcani e dintorni e sono fra i film più interessanti presentati in concorso alla 59esima edizione del Festival di Locarno. Das fräulein, della regista svizzera di origine serba Andrea Staka, racconta la storia, anzi le storie, di tre donne emigrate dalla ex Jugoslavia in Svizzera. Tre generazioni a confronto segnate e unite dallo stesso pesante marchio della guerra.
Ruza, l’attrice serba Mirjana Karanovic famosa per i tanti film con Kusturica, gestisce con precisione e severità una mensa di Zurigo lavorando fianco al fianco con l’anziana Mila, che sogna di tornare a vivere in Croazia. Un giorno arriva la giovane Ana in cerca di un impiego e porta con sé una ventata di energia, di gioia e di calore umano. Fra datrice di lavoro e dipendente si instaura un delicato rapporto filiale, attraverso cui le due riescono in parte a liberarsi dai fantasmi del passato: Ruza abbandona il senso di chiusura nei confronti del mondo esterno a cui l’aveva portata il dovere cavarsela da sola in un Paese straniero, Ana decide di ricoverarsi per curare la leucemia che era stata trascurata dai medici di Sarajevo. E anche Mila comprende che la sua vita è ormai quella di Zurigo.
Con una sensibilità estranea a retorica e convenzioni, il film traccia tre percorsi paralleli che partono dalla separazione, dall’estraneità rispetto a luoghi, persone e a un passato con cui è difficile fare i conti, per arrivare a una pacificazione che viene dalla solidarietà.
Hirtia va fi albastra (The Paper Will Be Blue) del rumeno Radu Muntean, è ambientato a Bucarest durante la rivoluzione del dicembre 1989, quando il popolo e parte dell’esercito si ribellarono alla dittatura di Ceausescu. Mentre gli studi della televisione nazionale sono presi d’assalto da "t[]isti", il giovane militare Costi viene preso per uno dei rivoltosi e tenuto prigioniero per diverse ore dalla Milizia. Scoperto lo sbaglio, è riportato a casa dove padre, madre e fidanzata lo aspettano preoccupati. Ma l'[]e, l’incomunicabilità, la confusione regnano sovrani a ogni livello, dallo scambio di persona alla parola d’ordine che i militari, a cui è stato ordinato di tenere sotto controllo la rivolta popolare, riescono a trovare solo dopo diversi tentativi, e che dà il titolo al film: "Il foglio sarà blu".
Da un regista georgiano, Dito Tsintsadze, e una produzione tedesca, è Der mann von der botschaft (The Man From the Embassy). All’ambasciata tedesca a Tiblisi lavora un uomo che vive solo in un appartamento, non conosce la lingua del posto e trascorre il tempo libero con un videogioco di realtà virtuale o con la donna sposata di cui è l’amante. Un giorno, al mercato, blocca una ragazzina che gli sta rubando il portafoglio e da quel momento nasce fra i due, poco a poco, una commovente amicizia, fraintesa dagli occhi del mondo come una storia di pedofilia. L’uomo dell’ambasciata sarà costretto a partire per qualche tempo per mettere fine alla questione.
Due film che parlano della giustizia sui crimini della ex Jugoslavia nelle altre sezioni del festival. Nella Piazza Grande, in una proiezione aperta al pubblico, è stato proiettato il documentario di Marcel Schüpbach La lista di Carla, ritratto di Carla Del Ponte, procuratore al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia, che ripercorre gli ultimi dieci anni impegnati a catturare e processare criminali di guerra quali Ante Gotovina, Milan Lukic, Sredoje Lukic e Dragan Zelenovic. Nei Cineasti del presente Rule of Law – Justiz im Kosovo dell’americana Susanne Brandstätter, che racconta la storia di Claudia Fenz, giudice inviato dall’Onu in Kosovo per la ricostruzione democratica del Paese e costretta a scontrarsi con regole, usi e costumi di una società patriarcale.