Faruk Begolli, tra Belgrado e Pristina

E’ uno degli attori più famosi di tutta la ex Jugoslavia. Faruk Begolli ha amato tanto Pristina, dove è nato, che Belgrado, dove ha trascorso buona parte della sua vita

08/02/2018, Jeton Neziraj -

Faruk-Begolli-tra-Belgrado-e-Pristina

Faruk Begolli (wikimedia )

A quanto pare, Faruk Begolli è stato l’ultimo albanese di Pristina che ha continuato a guidare "Yugo" e fumare sigarette "Drina" dopo la guerra. La sua "Yugo" era arrugginita e decrepita, i freni andavano schiacciati forte, ma lo serviva ancora bene. Le "Drina" gli venivano portate dalla Serbia, da chiunque ci andasse.

L’anno scorso era il decennale dalla sua morte.

Tra gli anni ’70 e ’80, Begolli era tra gli attori più richiesti dell’intera Jugoslavia. A quei tempi, c’erano suoi fan club in varie città. Ha recitato in 70 film di varia durata e in dozzine di spettacoli teatrali. All’età di 33 anni aveva già al suo attivo 33 film, diretti dai migliori registi jugoslavi dell’epoca.

Incontro ancora persone che piangono a sentir nominare Faruk Begolli. A Pristina viene ricordato con nostalgia da tutti, soprattutto dai suoi ex studenti. Ricordo che, ogni volta che attraversavamo il confine tra Kosovo e Montenegro, i poliziotti montenegrini cambiavano espressione e diventavano più gentili non appena scorgevano Begolli in macchina, e iniziavano a ricordargli i suoi film.

"Temo che scoppierei in lacrime se andassi a Belgrado"

Begolli era solito raccontare che durante gli studi di recitazione a Belgrado aveva incontrato due persone che sarebbero diventate gli amici di tutta la vita: Josif Tatić – Tale o Jataganac, come lo chiamava Begolli, e Laslo Svirtlih – Laci, entrambi attori.

"Spesso passavamo anche 20 ore al giorno insieme… Abbiamo spesso vissuto insieme. Tutto ciò che abbiamo fatto, l’abbiamo fatto insieme. Siamo diventati inseparabili… Questa nostra amicizia dura dagli anni ’60, quindi da oltre 45 anni" (Faruk Begolli, 2007).

Faruk Begolli sposò Zoja Djoković, una donna brillante di cui parlava con grande ammirazione. Zoja, ballerina professionista al Teatro Nazionale di Belgrado, ora defunta, prese il cognome del marito. Durante gli anni del loro matrimonio lei fu, come disse Begolli in una vecchia intervista, "il pilastro della casa". Eppure, dopo 17 anni, Begolli divorziò.

"Negli ultimi anni ho smesso di parlare d’amore, perché un vero amore c’è stato ed è risultato nel matrimonio. Siamo stati insieme per 17 anni. Lei ha mantenuto il mio cognome. Ma quando è finita è finita, sfortunatamente. Siamo rimasti amici. Parliamo al telefono di tanto in tanto. Parlavamo più spesso durante la guerra. Ma, da quando ci siamo resi conto che stiamo entrambi bene, parliamo più raramente. Sono felice di quell’amore, di avere avuto quella donna. Le sono grato di avermi dato questo meraviglioso amore, quell’amicizia e quel meraviglioso pezzo di vita" (Faruk Begolli, 2007).

Dopo gli anni ’90 e le turbolenze politiche, i contatti di Begolli con gli amici dell’università divennero sempre più rari, ma non cessarono mai completamente. Una volta, l’intera classe si riunì in un ristorante, per ricordare i vecchi tempi. Telefonarono a Begolli dal ristorante e ciascuno parlò con lui personalmente:

"Mi sono rallegrato. Sono tornato molto indietro nei miei ricordi… Fortunatamente, ho dei bei ricordi di quei giorni. Il mio amico Josif Tatić mi invita sempre ad andare lì. Temo che scoppierei in lacrime se andassi a Belgrado" (Faruk Begolli, 2007).

Begolli e i media

Molte persone ricordano ancora oggi la frenesia mediatica attorno a Faruk Begolli. Nel 1982, una sua dichiarazione fece infuriare molte persone in Kosovo. In un programma televisivo dedicato alle manifestazioni studentesche in Albania del 1981, Begolli – rispondendo a una domanda fatta in un contesto completamente diverso – dichiarò che gli piaceva Belgrado e che si sentiva molto meglio lì. In seguito a questa affermazione, completamente fraintesa e decontestualizzata, molti lo giudicarono un "traditore della patria". Begolli spiegò l’accaduto in un’intervista rilasciata ad un giornale del Kosovo diversi anni dopo:

"Non ritiro la dichiarazione che feci allora. Dissi che avevo passato la maggior parte della mia vita a Belgrado. Ho i miei ricordi, bei ricordi, indipendentemente dagli atteggiamenti umilianti dei politici locali verso gli albanesi. Quando accettai l’offerta della televisione di Belgrado, non ero stato informato dell’obiettivo di quel programma. Mi fu detto di parlare della mia affermazione a Belgrado e dei sentimenti che provo per Belgrado. Non avevo idea del retroscena politico che avevano in mente. Poi, la mia affermazione è stata modificata e ‘macellata’. Se fosse stata trasmessa per intero sarei stato applaudito, ma quello che è successo è successo e…" (Begolli, 2007).

L’ex studente e collega di Begolli, Enver Petrovci, dice oggi che non capisce perché la gente del Kosovo si sia offesa.

"Era poco dopo il 1981, quando la televisione e i giornalisti serbi ci provocavano costantemente. Faruk disse che si sentiva bene a Belgrado, che si sentiva un figlio di Belgrado. Perché no? Non so perché la gente abbia strumentalizzato la sua affermazione. Né Faruk, né Bekim Fehmiu hanno mai negato di essere albanesi. Durante i miei incontri con Faruk, nei ristoranti, per strada, nei teatri o ovunque a Belgrado, parlavamo sempre albanese e mai in serbo. Dopotutto, c’è un albanese che ha vissuto a Belgrado su cui la gente qui in Kosovo non abbia pregiudizi? Persone che un tempo erano il nostro orgoglio, proprio perché si erano fatte un nome a Belgrado, sono diventate bersagli" (Enver Petrovci, 2007).

Tuttavia, molti anni dopo, Begolli parlava ancora del suo amore per Belgrado. "Non importa che qualcuno possa fraintendermi, io amo ancora Belgrado" (Faruk Begolli, 2007).

Secondo il filosofo Shkelzen Maliqi, la fama di Bekim Fehmiu e Faruk Begolli ha cambiato la tradizionale percezione degli albanesi come alieni nello spazio jugoslavo, "incolti", "arretrati", "boscaioli"…

Operazione Belgrado

Durante i primi giorni di bombardamenti NATO, la televisione di Belgrado trasmetteva film sulla Seconda guerra mondiale, molti dei quali interpretati da Faruk Begolli. E, mentre sullo schermo era un coraggioso partigiano che combatteva fascisti e collaboratori, nella realtà aspettava che la polizia serba lo espellesse con la forza da casa sua. Fu espulso due volte, ma ogni volta tornò con la sorella a casa di suo fratello Adil e rifiutò di andarsene.

"Un giorno, mentre la televisione trasmetteva Operazione Belgrado diretto da Žika Mitrović, in cui interpreto un impavido liberatore di Belgrado, i poliziotti serbi sono venuti e ci hanno cacciati di casa" (Faruk Begolli, 2007).

I suoi amici di Belgrado e di altre città fuori dal Kosovo riuscirono a trovare il suo numero di telefono. Josif Tatić – Jataganac, uno dei suoi migliori amici di Belgrado, mantenne costantemente i contatti con lui. Telefonava ogni due o tre giorni. Comprendendo ciò che accadeva in Kosovo, Jataganac e molti altri fecero un grande sforzo per evacuare Begolli da Pristina. Seguirono tutti i canali possibili e provarono persino ad inviare un autobus per evacuare non solo Begolli, ma tutta la sua famiglia. Gli sforzi dei suoi amici per farlo uscire dall’inferno confortarono e incoraggiarono Begolli, ma non riuscirono a convincerlo a lasciare il Kosovo.

Gli anni della guerra registrarono un altro episodio terribile. In un normale giorno di guerra, Faruk Begolli stava trascorrendo la giornata con suo fratello Adil. Due poliziotti serbi, che conducevano il censimento della poca popolazione rimasta a Pristina, entrarono nel loro appartamento e, ovviamente, riconobbero Begolli.

"…fu orribile. ‘Dai, volevi l’Albania…", ci dicevano. All’inizio tremavo, naturalmente. Poi dicevano: "…voi due ci avete attaccato, ora vi uccideremo’. Tali molestie durarono circa due ore. Poi è scattato qualcosa, e gli ho detto: forza, portatemi dove volete, fate quello che volete…uccidetemi…" (Faruk Begolli , 2007).

Fortunatamente, tuttavia, tutto si concluse senza una tragedia. I poliziotti chiesero a Begolli di comprar loro il pranzo. Presero 200 marchi tedeschi e se ne andarono.

Dopo la guerra, Begolli lasciò raramente il Kosovo. Non tornò più a Belgrado, né a Zagabria o Lubiana. Sarebbe arrivato a Sarajevo molto più tardi, con "King Lear".

"Non devo pensare a Belgrado. I miei amici continuano a chiamarmi. Pensano persino che abbia paura. Ma ho interrotto una vita meravigliosa. Ora ho eretto una sorta di muro e non voglio più pensarci, perché ho amato moltissimo Belgrado. Ho paura. Desidero mantenere i bei ricordi che ho" (Faruk Begolli, 2007).

Nel 2007, quasi tutti i media dell’ex Jugoslavia, ma anche alcuni importanti media internazionali, riferirono della morte di Faruk Begolli definendola "una grande perdita". Poche persone, dopo le guerre in questa regione, sono state universalmente celebrate dai media serbi, croati, sloveni, albanesi, bosniaci, montenegrini e macedoni. Persone e artisti come Begolli, con la loro grandezza, hanno vinto l’odio e il nazionalismo. Non solo con la loro vita, ma anche con la loro morte, hanno diffuso messaggi di pace, comprensione, sofferenza comune, amore e amicizia. Sembra che, quando i grandi artisti muoiono, pistole e odio siano messi a tacere, almeno per un momento. Così è stato per Faruk Begolli e Bekim Fehmiu.

Begolli trascorse gli ultimi vent’anni della sua vita a Pristina, ma visse a Belgrado altrettanto a lungo. Sia fisicamente che spiritualmente, la sua vita fu divisa tra Pristina e Belgrado. Era amato e popolare a Belgrado tanto quanto a Pristina. In questi intricati rapporti serbo-albanesi, pieni di odio e disprezzo, Begolli è forse una rara eccezione, un ponte e una connessione che le due nazioni hanno costruito e preservato. Ha vissuto e creato come artista, in contrasto con molti altri artisti di queste parti che volevano essere non solo artisti, ma anche patrioti.

I grandi artisti sono figli del mondo. La loro patria è l’arte che rappresentano e lasciano ai posteri. Begolli ci ha lasciato una ricca eredità sia come artista che come professore e uomo. Quando noi, albanesi e serbi, saremo riusciti a curarci dalla febbre del nazionalismo e del primitivismo, Begolli meriterà questa iscrizione: era un grande artista che amava Belgrado e Pristina, ma soprattutto l’umanità!

 

Questo testo è stato scritto nell’ambito del progetto Beyond Enmity: Changing Serbian-Albanian Perceptions , realizzato da Qendra Multimedia di Pristina in collaborazione con l’Istituto di filosofia e teoria sociale di Belgrado. Il progetto ha ricevuto il sostegno dell’ambasciata svizzera a Pristina e del progetto Perform, che sostiene la riforma delle scienze sociali nei Balcani occidentali.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta