Ex-Ju: i veterani e la pace

A dicembre reduci da tutta la ex Jugoslavia si sono ritrovati in una cittadina in Serbia centrale. Per ricordare Novica Kostić, anch’egli reduce, e il suo impegno per la pace. La storia del Centro di Azione Nonviolenta

02/02/2022, Dejan Kožul -

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Ad un'iniziativa di commemorazione di Novica Kostić - © CNA

(Pubblicato originariamente da Kosovo 2.0 il 14 gennaio 2022)

A metà dicembre 2021, gli ex belligeranti nelle guerre di successione jugoslava si sono riuniti a Vlasotince, una piccola città 300 chilometri a sud di Belgrado, per onorare uno dei loro. Gli ex membri dell’Esercito croato (HV), del Consiglio di difesa croato (HVO), dell’Esercito della Repubblica di Bosnia Erzegovina (ARBiH), dell’Esercito della Republika Srpska (VRS), dell’Esercito jugoslavo (VJ) e dell’Esercito popolare jugoslavo (JNA) erano lì per deporre corone di fiori sulla tomba di Novica Kostić e per firmare e presentare ai funzionari della città una petizione che chiede che la strada dove Kostić viveva sia rinominata in suo onore.

Kostić è morto all’età di 61 anni. Per decenni ha lottato con le ferite che ha subito nel novembre 1991 come riservista della JNA combattendo nella guerra d’indipendenza croata. È rimasto invalido e mentre la sua salute continuava a peggiorare ha subito numerosi interventi chirurgici.

Nella petizione, i veterani hanno scritto che Kostić si è impegnato nell’attivismo per la pace per decenni e le sue visite ai luoghi delle uccisioni di massa per parlare di pace lo hanno portato attraverso quella che una volta era la Jugoslavia.

"Non ha mai perso occasione di parlare degli orrori della guerra e di difendere la pace, la riconciliazione, la cooperazione e la solidarietà tra le persone che vivono sul territorio della ex Jugoslavia", si legge nella petizione firmata da più di 150 persone, compresi i vicini di Kostić e molti altri residenti di Vlasotince.

La missione di pace di Kostić faceva parte delle attività svolte dal Centro di Azione Nonviolenta (CNA), che dal 2002 lavora in Bosnia Erzegovina, Serbia, Croazia, Montenegro, Macedonia del Nord e Kosovo per costruire la fiducia tra le persone. Come parte delle loro attività, portano persone a visitare i luoghi delle esecuzioni di massa per onorare le vittime e chiedere che i colpevoli siano assicurati alla giustizia.

Il giorno della commemorazione a Vlasotince, il CNA ha proiettato un documentario in cui era stato intervistato Kostić. Nel film, egli riflette sul suo attivismo e sulla guerra, e dice che nessuna guerra ha un vincitore. "I partecipanti diretti sono solo persone comuni che sono cadute e hanno accettato di diventare vittime della guerra", ha detto. "Ora mi dà fastidio quando qualcuno dice ‘fedele alla patria’. Perché, per carità? Il paese è fedele a me? Cosa ha fatto quel paese per me?".

Oltre a numerosi veterani, alla commemorazione ha partecipato il figlio di Kostić, Danijel, che ha imparato da suo padre cosa significhi la parola pace. Il giovane Kostić si è detto grato che i presenti si fossero riuniti per "onorare Novica e la mia famiglia e per mostrare ancora una volta al mondo intero, e specialmente ai giovani, quali sono i veri principi, quali i veri valori, e cosa è più essenziale della vita stessa".

Kostić ha ricordato come per suo padre, impegnarsi con il Centro di Azione Nonviolenta era un’opportunità per dire a tutti che molti veterani erano solo persone comuni che sono state separate dalle loro famiglie e gettate nel fuoco.

"Voleva sentire l’altro lato, vedere cosa aveva da dire qualcuno della Croazia che aveva combattuto in guerra, sentire un bosniaco, per confermare la sua convinzione che questi erano tutti normali uomini di famiglia che erano stati costretti dal destino in quelle circostanze", ha detto Danijel Kostić. "Quando ha sentito parlare dell’idea della costruzione della pace, l’ha abbracciata come qualcosa di sacro. Era qualcosa in cui era pronto a essere coinvolto. Voleva dare il meglio di sé e renderlo un successo".

Sfidare i ruoli di guerra

Per molti versi, Novica Kostić era l’incarnazione del CNA. Era una delle loro persone chiave, essendo stata coinvolta nelle loro attività fin dai primi programmi di formazione nel 2004. Amer Delić, una delle persone più attive del Centro di Azione Nonviolenta e un veterano dell’ARBiH, ha ricordato che Kostić era uno dei suoi modelli e che è stato il suo esempio ad incoraggiarlo a impegnarsi nella sua comunità locale a Zavidovići, in Bosnia.

"La mia paura di parlare della mia esperienza di guerra è scomparsa, ho potuto dire che non tutto quello che siamo riusciti a ottenere in guerra aveva la dolcezza della vittoria o della liberazione", ha detto Delić a Vlasotince.

"Coinvolgendomi [nel CNA], ho iniziato a mettere in discussione il mio ruolo nella guerra, che fino a quel momento per me era senza macchia. Ero sul mio territorio, mi difendevo da un aggressore, quindi potevo crogiolarmi in questo. Tuttavia, non pensavo a quello che succedeva al di fuori delle mie immediate vicinanze, quali comunità erano colpite", ha detto Delić.

"D’altra parte, ci sono persone come noi", ha continuato. "Avevo il bisogno di parlare con qualcuno dopo la guerra, specialmente dei crimini. Sono andato in giro a cercare persone di altre etnie con cui parlare, ma nessuno voleva farlo. Argomento chiuso. Tutti dicevano solo: ‘Lascia stare’. Poi, in questo tipo di incontri, ho avuto la possibilità di parlare".

Delić ha imparato da Kostić a parlare della guerra in modo diverso. Ha detto di aver ascoltato Kostić ai forum dove discuteva apertamente del suo impegno militare e criticava l’attuale governo serbo, mandando un messaggio ai giovani: diceva loro che avevano delle alternative. Delić ricorda come Kostić invitava le giovani generazioni a non accettare mai di essere mandate a combattere.

Avendo rinunciato alla guerra, Kostić e altri veterani hanno combattuto per la pace.

Il Centro di Azione Nonviolenta

Questo tipo di impegno per la pace è quello che il Centro di Azione Nonviolenta fa da anni. È stato fondato nel 1997 a Sarajevo, in Bosnia. Dopo quattro anni di lavoro, ha aperto un altro ufficio a Belgrado. Le prime attività gestite dai due uffici furono dei forum chiamati "Four Views" e Kostić vi aderì fin dall’inizio. L’idea era di riunire i partecipanti alla guerra, i veterani, e aiutarli a parlare delle loro esperienze. I forum erano aperti al pubblico e attiravano altri veterani, così come le vittime della guerra.

Da questi forum sono nate altre attività, ma il focus è rimasto sull’attivismo per la pace e sul lavoro con i veterani.

Finora, secondo l’attivista del CNA Davorka Turk, hanno pubblicato più di 20 libri in diverse lingue, prodotto nove documentari (la maggior parte dei quali sono andati in onda su emittenti televisive nazionali) e organizzato tre conferenze internazionali, nonché diversi seminari regionali con la partecipazione di storici, giornalisti e attivisti.

"Abbiamo segnato 120 siti di uccisioni di massa precedentemente non segnalati. Inoltre, abbiamo elaborato una strategia nazionale per la costruzione della pace in Serbia, che noi – dopo che è stata respinta dal governo serbo – abbiamo dato al popolo serbo; crediamo fortemente che prima o poi sarà attuata", ha detto Turk.

Il CNA ha organizzato molte visite commemorative nel corso degli anni. All’inizio del 2020, per esempio, ci si è recati a Prijepolje per deporre fiori e rendere omaggio alle persone rapite e poi giustiziate dal criminale di guerra Milan Lukić e dai membri della sua unità "Osvetnici" ("Vendicatori"), che faceva parte delle forze armate serbe che combattevano in Bosnia.

Il rapimento ebbe luogo a Štrpci, vicino al confine tra Serbia e Bosnia, su un treno diretto da Belgrado a Bar, in Montenegro. Lukić e un gruppo di uomini armati fermarono il treno, entrarono e controllarono le carte d’identità dei passeggeri, dopo di che individuarono 20 bosgnacchi. Furono portati in una città vicino a Višegrad in Bosnia e giustiziati. Alcuni di loro erano di Prijepolje, mentre quasi tutte le vittime venivano dalla Serbia o dal Montenegro.

Nebojša Ranisavljević è stato condannato a 15 anni per questo crimine nel 2002 dalla Corte Superiore di Bijelo Polje, in Montenegro. Dopo aver ottenuto il patteggiamento, Mićo Jovičić è stato condannato a cinque anni di prigione in Bosnia. Dal 2014, quando sono stati arrestati altri 16 imputati, i processi sono pendenti nei tribunali bosniaci e serbi.

Entro la fine del 2019, la Procura della Bosnia Erzegovina ha depositato un atto d’accusa contro Milan Lukić, che è accusato di aver comandato le forze che hanno commesso il crimine. Anche questo processo è in corso.

Oggi, 28 anni dopo il massacro di Štrpci, le famiglie delle vittime sono rimaste senza nemmeno un risarcimento simbolico solo perché i loro cari sono stati uccisi sul territorio di un altro paese.

Tra i veterani che hanno reso omaggio alle vittime nel marzo 2020 c’era Novica Kostić che ha gridato: "Mai dimenticare e mai più!".

Anche Đoko Pupčević della città bosniaca di Šamac era presente alla commemorazione. Il giorno del massacro, l’ex soldato della VRS e amico di Kostić era a bordo del treno come passeggero. Ha tenuto un discorso a Prijepolje, in cui ha raccontato come uomini in uniforme abbiano preso d’assalto il treno.

"Alcuni uomini in uniforme entrarono nei nostri scompartimenti e pretesero che mostrassimo loro i nostri documenti", ha ricordato Pupčević. "Il treno non si è mosso per circa 40 minuti. Alla fine è arrivato il controllore dei biglietti, così gli abbiamo chiesto cosa stava succedendo. Ci ha detto che avevano portato via 15-20 persone. Non sapevo il motivo finché non sono arrivato a Podgorica. Ho sentito qualcosa al telegiornale. Solo allora ho scoperto di cosa si trattava".

"È straziante che i corpi non siano stati trovati ed è improbabile che lo saranno mai, visto che non sono stati più localizzati", ha detto Pupčević nel suo discorso. "Tuttavia, prego tutti coloro che sanno qualcosa di rivelare il luogo, in modo che le ossa e le anime di quelle persone possano finalmente riposare in pace e che le loro famiglie abbiano un posto per rendere loro omaggio".

Prendersi cura dei dimenticati

L’arrivo dei veterani sui luoghi dei massacri non è sempre gradito. Amer Delić ricorda come hanno dovuto aspettare che le delegazioni ufficiali e i rappresentanti della Comunità islamica della Serbia visitassero Prijepolje prima di avere l’opportunità di farlo.

"A volte ci dicevano anche di andarcene. Non volevano affatto averci lì", ha detto Delić, aggiungendo che a volte era persino vietato loro di deporre dei fiori. "Oggi, è cambiato. Ci invitano e si fidano di noi. Ci invitano senza secondi fini. Ci chiedono di venire ed essere presenti nei momenti difficili. Lo sentiamo".

Uno dei luoghi in cui si sono riuniti è Bradina, un villaggio vicino a Konjic, in Erzegovina. Nel maggio 2021, un evento commemorativo è stato tenuto lì in onore dei civili serbi che vennero uccisi negli anni ’90. Secondo la documentazione ufficiale, il 25 maggio 1992 e nei giorni successivi, le forze dell’ARBiH uccisero più di 40 persone, mentre decine furono fatte prigioniere e tenute per mesi nel campo di Čelebići dove furono sottoposte a torture.

I corpi di 25 persone sono stati riesumati da una fossa comune situata vicino alla chiesa locale, altri sono stati trovati altrove e cinque persone risultano ancora disperse.

Un totale di 13 sospetti è sotto processo per questi crimini davanti alla Corte di Bosnia Erzegovina. Il processo è iniziato l’8 maggio 2019, e le accuse includono l’omicidio, lo stupro e l’imprigionamento dei serbi di Konjic, nonché la pulizia etnica della zona in cui vivevano da secoli.

Delić menziona che le famiglie delle vittime che vivono ancora nella zona sono sole.

"Il governo della Republika Srpska non si cura di loro", ha detto. "Anche se Konjic gode dello status di ‘città eroe’, il governo locale non li vuole. Sono una seccatura. La gente si vergogna di averli trattati nel modo in cui li hanno trattati, cosa che giustificano dicendo che era un periodo di guerra e che dovevamo farlo".

"Questo gruppo di persone ha la sensazione che nessuno ha bisogno o si preoccupa di loro, quindi sono lasciati da soli", ha detto Delić. "Nelle conversazioni che abbiamo con loro, dicono che nessuno riconosce la loro sofferenza. Tuttavia, riconoscono il nostro impegno, quindi dicono: ‘Benvenuti! È un onore che tu senta il nostro dolore e voglia unirti a noi in questo giorno".

Delić nota che era una cosa impossibile da fare 10 anni fa.

"In alcuni posti, siamo passati attraverso cerimonie in cui gli oratori farneticavano di nemici, avversari, cetnici, ustascia e mujaheddin. Ma questo ha iniziato a cambiare, quindi questi discorsi sono un po’ più attenuati ora", ha detto.

La costruzione della pace è resa molto più difficile dalle narrazioni ufficiali dei paesi in cui il Centro di Azione Nonviolenta opera, narrazioni che esistono ancora, dice Delić, aggiungendo che "queste narrazioni sono costruite su solide fondamenta e sono ancora rafforzate da quelle persone per le quali è di fondamentale importanza che le narrazioni non vengano messe in discussione o cambiate".

CNA ha fatto piccoli passi all’inizio. "È necessario molto tempo per vedere dei progressi in qualsiasi processo, ma dopo 10 anni puoi fare un passo indietro e dire che sta venendo bene. Questo è il tempo che ci è voluto prima di mettere in pratica l’idea di visitare i luoghi degli omicidi di massa e di partecipare alle commemorazioni dedicate alle vittime", ha detto Amer.

Aggiunge che vanno in quei luoghi dove ci sono persone che possono capire il significato di ciò che il CNA fa. "Il punto è che non dovremmo più considerarci nemici l’uno dell’altro", ha detto.

"È importante sentire qualcuno che era dalla parte opposta dire che gli dispiace che qualcuno abbia commesso un crimine a suo nome. Ed è importante avere uno spazio dove questo è possibile. È un grande miglioramento", ha spiegato Delić.

Grazie al CNA e ai veterani che visitano i luoghi degli omicidi di massa, alcune delle domande che prima erano off-limits sono ora poste apertamente. Ma perché questo accada, hanno dovuto iniziare dalle loro stesse comunità.

"Quello che facciamo deve andare passo dopo passo, la fiducia deve essere sviluppata, ma sempre più giovani vengono coinvolti attraverso le comunità locali o attraverso l’ufficio politico a livello comunale. Per lo più siamo accolti con sostegno", ha detto Delić, aggiungendo che anche se c’è sempre bisogno di cautela nel loro lavoro, devono sempre insistere che tutte le storie siano raccontate.

Un’altra parte importante delle attività del CNA è la serie di raccolte di racconti Biber. Biber, che significa "pepe", è pubblicato in bosniaco/croato/serbo, macedone e albanese e i contributi sono presi tramite chiamate pubbliche. "Il numero di storie cresce ad ogni ciclo e recentemente abbiamo lanciato la nostra quinta raccolta, il che dimostra quanto ci vuole per riuscire a mettere in parole il nostro dolore e la nostra perdita, ma anche per osare immaginare come sia la riconciliazione e in che modo possiamo realizzarla", ha detto Davorka Turk.

La scomparsa di Novica Kostić può rappresentare un punto di svolta per il Centro di Azione Nonviolenta; con il tempo ci saranno sempre meno veterani di guerra. Coloro che sono coinvolti nel CNA si definiscono "fratelli per destino". Dicono che anche se una volta erano nemici, oggi sono in una battaglia comune per costruire e preservare la pace.

"Non sono sicuro che il lavoro per la pace possa essere discusso negli stessi termini con cui si misura il successo nel capitalismo", ha detto Turk. "Questo tipo di sforzo non porta alcun guadagno materiale e non costituisce un processo lineare. Richiede nervi d’acciaio e la capacità di guardare avanti con un occhio puntato sullo specchietto retrovisore. Per noi, la pace non è semplicemente l’assenza di guerra, ma la presenza di libertà di movimento, di pensiero e di azione, la presenza di sicurezza e giustizia, e l’assenza di oppressione, discriminazione e ingiustizia".

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