Europee in Romania, vince l’opposizione

Per la prima volta la Romania ha chiamato i suoi 18 milioni di elettori alle elezioni parlamentari europee. Solo il 29% degli elettori si è recato alle urne. Vittoria dell’opposizione con in testa il Partito democratico, vicino al presidente Basescu

27/11/2007, Mihaela Iordache -

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La sala del parlamento europeo

Per la prima volta nella sua storia, in Romania si sono svolte le elezioni parlamentari europee. Più di 18 milioni di elettori sono stati chiamati a scegliere 35 parlamentari europei sui 551 candidati presentati da 13 partiti. Ma la maggior parte degli aventi diritto al voto non si è presentata ai seggi e di conseguenza la partecipazione è stata scarsa. Con una percentuale intorno al 29% è stata registra la più bassa affluenza alle urne tra tutte le consultazioni elettorali del periodo post rivoluzionario.

Il mandato degli eletti durerà solo un anno e mezzo perché nel giugno del 2009 si dovranno comunque tenere le elezioni in tutti i 27 paesi dell’UE. Su una scena politica già movimentata, le elezioni di domenica scorsa sono state un vero e proprio test per i partiti, con risultati che hanno prodotto uno tsunami politico per tre piccoli partiti presenti nel parlamento di Bucarest e che non sono riusciti a superare la soglia elettorale di sbarramento del 5% per quello europeo. Dato significativo soprattutto nella prospettiva delle elezioni politiche ed amministrative che si terranno l’anno prossimo.

Sorprese si sono avute anche per altre formazioni politiche, con la consacrazione di un nuovo partito forte, il Partito democratico, sostenuto tenacemente dal presidente delle Repubblica, Traian Basescu.

Secondo i risultati finali provvisori (non sono previsti grandi cambiamenti per quelli definitivi) forniti dall’Ufficio elettorale centrale (Biroul electoral central, BEC), il Partito democratico (PD – gruppo PPE) ha ottenuto il 28,81 % dei voti, il Partito social democratico (PSD, gruppo dei socialisti europei) il 23,11 %, il Partito nazional liberale (PNL – gruppo Alde al Parlamento europeo) il 13,44 %, il Partito liberal democratico (PLD) il 7,78 %, l’Unione dei magiari della Romania (UDMR – PPE) il 5,52 %, il Partito nuova generazione di Gigi Becali (PNG) il 4,85 %, l’indipendente Laszlo Tokes, pastore riformato ungherese, il 3,44 %, il Partito Romania grande (Partidul Romania mare, PRM) il 4,15 %, il Partito conservatore (PC) il 2,93 %.

Avranno quindi rappresentanti al Parlamento europeo PD, PSD, PNL, PLD, UDMR e l’unico candidato indipendente Laszlo Tokes (che ha superato la soglia del 3% riservata ai candidati indipendenti), mentre PRM e PNG sono le sorprese negative. Il partito dei rom "Pro Europa" non è riuscito a raggiungere la soglia di sbarramento del 5% e dunque non avrà nessun seggio all’europarlamento.

A sorpresa ha invece conseguito un risultato più che soddisfacente il Partito liberal democratico dell’ex primo ministro, Theodor Stolojan. Costituito l’anno scorso il PLD è riuscito a superare agevolmente il suo primo test elettorale e la soglia del 5%.

Sia i liberaldemocratici che i democratici sono vicini al presidente Basescu, noto per i suoi discorsi anticorruzione e dotato di un grande carisma sulla popolazione, che anche stavolta non è stata indifferente alle simpatie politiche del capo dello stato, nonostante sia accusato da altri partiti e da alcuni analisti di mancata equidistanza politica oppure di adottare un comportamento dittatoriale.

Dall’altra parte, con l’ascesa del Partito liberal democratico, ha perso voti il Partito democratico, formazione da cui proviene Basescu, il quale ora appoggia i due partiti preparati a continuare la lotta contro il nemico numero uno del capo dello stato ed ex alleato, il premier liberale Tariceanu.

E’ spettacolare anche il risultato dei partiti della coalizione che nel 2004 aveva vinto le elezioni politiche. I democratici, i liberal democratici e i liberali hanno ottenuto intorno al 50% delle preferenze degli elettori, un risultato doppio rispetto a tre anni fa, con la differenza che ora della vecchia coalizione sono rimasti al potere solo i liberali del premier Calin Popescu Tariceanu.

Con in testa il Partito democratico la vittoria di queste elezioni europee è tutta dell’opposizione, visto che i liberali e i magiari che si trovano al governo hanno insieme circa il 19-20%, cioè un governo senza maggioranza in parlamento. L’Unione democratica dei magiari della Romania riconferma la sua tradizionale percentuale intorno al 6 % .

L’elettorato romeno ha sanzionato senza diritto d’appello i partiti che portano avanti un discorso estremista, nazionalista, demagogico e populista come il Partito Romania grande di Corneliu Vadim Tudor e il partito nuova generazione di Gigi Becali che non superando la soglia del 5% non accedono al parlamento di Strasburgo.

La bassa affluenza al voto troverebbe spiegazione soprattutto nella mancanza di fiducia dell’elettorato nei confronti della classe politica. "Direi che ci posizioniamo nello specifico di alcuni stati di recente entrata nell’UE, dove la tematica europea è meno dibattuta", è stata una delle spiegazioni del capo dello stato in merito al massiccio assenteismo al voto. Un assenteismo che dimostra però anche l’incapacità dei politici nel riuscire a mobilitare l’elettorato, deluso dall’andamento delle riforme.

Ancora una volta l’elettorato rurale si riconferma più interessato di quello urbano che supera quest’ultimo in affluenza di oltre il 10%. Nei remoti villaggi romeni, privi di acqua corrente e strade asfaltate, dove l’agricoltura si pratica ancora con il cavallo e l’aratro, il voto per il parlamento europeo di Strasburgo (e comunque per le elezioni in genere) ha interessato più persone che nei grandi centri urbani. Nella classifica delle più basse affluenze al voto, tra i nuovi stati membri dell’Unione europea la Romania si trova al quarto posto dopo l’Estonia dove era stato raggiunto solo il 26,8 %.

Domenica scorsa si è votato in Romania anche per un referendum sull’introduzione del sistema uninominale, proposto dal capo dello stato, scontento della variante proposta dal governo liberale. Ma la scarsa partecipazione al voto non ha permesso di raggiungere metà più 1 del totale di elettori con diritto di voto e quindi il referendum è fallito, nonostante i votanti si fossero pronunciati nella stragrande maggioranza per la variante proposta dal presidente.

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