Eulex, il lato oscuro
Le rivelazioni della procuratrice britannica Maria Bamieh sulla corruzione all’interno di Eulex appaiono prive di fondamento. L’assoluzione della missione europea per uno scandalo circoscritto, tuttavia, non significa che Eulex non debba essere sottoposta ad un’indagine complessiva sul suo operato
Si dice che, quando si punta alla luna, l’attivista medio del PDK guarda il dito. Le rivelazioni di Maria Bamieh sono le dita che puntano ad una cosa grande, rotonda, chiara e visibile come la luna piena in una limpida notte d’estate: il fallimento di sei anni di Eulex. Allora, perché così tante persone – membri del Parlamento europeo, commentatori, utenti Twitter kosovari – guardano invece il dito?
Questa è la domanda alla quale cercherò di rispondere. Prima, però, qualche parola sulle rivelazioni di Bamieh. E, prima di iniziare, un avvertimento: presumo che chi legge sappia qualcosa del Kosovo, e un bel po’ su questo recente scandalo. Se non ne siete a conoscenza, vi basterà leggere prima questo eccellente articolo di BIRN ; se non vi va, meglio non continuare.
Non ho motivo di dubitare della veridicità di quanto dichiarato da Bamieh. Le sue rivelazioni appaiono selettive, come ho già sostenuto, ma presumibilmente veritiere (con una sola possibile eccezione minore). Il punto è il significato degli episodi che ha rivelato: non solo perché sono le dita, e non la luna, ma anche perché il dito principale sembra essere rivolto altrove. Questo dito, naturalmente, è la tangente di 300.000 Euro che si afferma essere stata pagata all’ex giudice Eulex Francesco Florit da (o per conto di) imputati in un caso di omicidio a lui preposto (i casi di omicidio erano in realtà due e coinvolgevano gli stessi tre sospetti; i miei contatti e disaccordi con il giurista italiano sono descritti qui ).
Si noti, in via preliminare, che Bamieh non sostiene di avere informazioni dirette sul pagamento di tale tangente, né che Florit sia colpevole: dice solo di avere dichiarazioni formali da parte di chi avrebbe pagato la tangente e intercettazioni telefoniche, ottenute in un altro caso, che sembrerebbero confermare questa storia, anche se indirettamente. Quindi il vero problema è l’evidente riluttanza di Eulex a indagare la questione in modo appropriato a seguito di un rapporto che Bamieh ha fatto ai suoi superiori: lo scandalo, per ora, è la copertura. Questa è precisamente la linea del citato articolo di BIRN: “le prove della corruzione possono non essere inequivocabili”, scrivono, “ma gli indizi che EULEX abbia inizialmente ignorato i sospetti di un proprio pubblico ministero sono molto più forti”. E questo sembra essere del tutto vero.
Ma ora immaginate, per amor di discussione, che le segnalazioni e le intercettazioni avessero detto che Florit aveva ordinato l’assassinio di Francesco Ferdinando d’Asburgo. Se Bamieh avesse presentato un esposto su tale affermazione, Eulex avrebbe avuto l’obbligo di indagare con attenzione? O sarebbe stato più opportuno riconsiderare la sua idoneità alla funzione di procuratrice?
Il mio ragionamento è che c’è un punto, nel continuum tra prove incontrovertibili e accuse estreme e implausibili, al di sotto del quale aprire un’inchiesta è solo una perdita di tempo e un danno inutile alla reputazione dei sospetti. Il punto è allora se le accuse riportate a Bamieh devono essere poste al di sopra o al di sotto di questo punto. Bamieh, BIRN, altri commentatori, alcuni utenti Twitter kosovari e alcuni membri del Parlamento europeo sembrano sicuri che vadano messe al di sopra. Io non lo sono altrettanto.
L’articolo di BIRN, che è chiaro e completo, delinea gli elementi di prova conosciuti e ne riconosce correttamente le debolezze. Ma una volta che si mettono insieme tutte le debolezze, si rimane con qualcosa di poco più concreto del fantasma dell’arciduca.
In primo luogo, la tangente è di 300.000 euro: francamente, non una somma che possa cambiare la vita di un professionista dell’Europa occidentale, e pari al massimo a quattro volte lo stipendio annuo al netto delle imposte di un giudice italiano che serve Eulex. La tangente, per di più, doveva essere versata in 30 rate mensili di € 10.000 ciascuna. Ma che garanzia aveva il giudice che gli imputati avrebbero pagato le quote rimanenti, dopo essere stati assolti? E che cosa avrebbe potuto fare in caso contrario: far loro causa? Noleggiare un uomo dello Shik come sicario?
Così, per credere a questa storia si deve essere pronti a credere che un giudice di mezza età, vicino all’apice della sua carriera e stipendio, rischierebbe tutto questo e la propria reputazione in cambio di quanto segue: 1) la certezza di ricevere le poche tranche prima dell’assoluzione, diciamo 30.000 euro (una manciata di stipendi mensili netti); e 2) la speranza incerta di ricevere il resto nei prossimi due anni. Sarebbe plausibile da parte di una persona mediamente razionale, di un giudice? Difficile. A meno che, naturalmente, si pensi che il giudice non fosse al primo episodio di corruzione: se questa era solo una di tante tangenti, allora la storia avrebbe un senso (ma non il calendario mensile dei pagamenti); ma nessuno sostiene questo, nemmeno le persone intercettate.
In secondo luogo, due degli imputati sono stati condannati a 25 anni dalla giuria presieduta da Florit. Quindi dovremmo credere che il giudice, dopo aver corso il rischio di cui sopra, lo avrebbe aumentato in modo esponenziale condannando due dei tre corruttori (che, per inciso, sarebbe peggio di condannarli tutti, poiché suppongo che anche nel mondo della corruzione vi sia un elementare senso di equità: "Perché lui sì e noi no, il giudice la pagherà cara", sarebbe stata la più probabile reazione dei corruttori delusi).
È vero che la giuria decide a maggioranza, e il voto di Florit non contava più di quello degli altri due giudici (uno Eulex e uno kosovaro). Così si potrebbe obiettare che Florit potrebbe semplicemente essere stato messo in minoranza su due condanne, ma questo apre un’altra incongruenza logica: se gli imputati avevano 300.000 euro per Florit (e non volevano spendere una somma simile per l’altro giudice Eulex), perché non pagare una tangente (20.000 euro sarebbero stati verosimilmente sufficienti) anche al giudice kosovaro, in modo da garantire il loro investimento principale? Se hanno pagato la tangente, perché non lo dicono, per corroborare le loro accuse contro Florit? E se hanno tentato di corrompere il giudice del Kosovo, ma questi si è rifiutato, perché questi, da persona retta e coraggiosa che ha rifiutato la tangente, non ha fatto o fa denuncia? E se non sono riusciti a corrompere il giudice kosovaro, perché hanno corrotto Florit, se non poteva garantire i risultati auspicati? L’unica soluzione a tutte queste domande è presumere che Florit controllasse di fatto la decisione. Se è così, però, siamo di nuovo al punto di partenza: perché far condannare due dei tre corruttori e scatenare inevitabilmente lo scandalo? In qualsiasi modo la si guardi, la storia non ha senso.
In terzo luogo, i presunti corruttori che ora accusano il giudice hanno un chiaro interesse a farlo, perché se il giudice è sospettato di aver preso una tangente la loro condanna a 25 anni cade (perché il giudice, in quanto corrotto, era inadatto a trattare il caso), e tutto ciò che rischiano è una condanna più breve, presumibilmente 3-5 anni, per corruzione. Che cosa scegliereste: cinque anni di carcere o cinque volte cinque?
In quarto luogo, tutta la storia ha delle spiegazioni alternative piuttosto plausibili: 1) le persone intercettate hanno mentito agli imputati sulla tangente al giudice, per estorcere loro denaro o per far credere loro di essere potenti, influenti e ben connesse; 2) la sentenza (due condanne e un’assoluzione) riflette semplicemente il fatto che le prove contro un imputato erano troppo deboli. Questa è una spiegazione immaginaria, naturalmente, ma sembra la più naturale. Il rasoio di Occam sconsiglia di abbracciarne altre e più complesse: "E’ stata pagata una tangente; a rate, vero; ad un solo giudice, vero; con solo due condanne, vero; vi è un conflitto di interessi, vero; ma tutto ha un senso perché [seguono molte parole] – a meno che non vi siano buoni motivi per scartare la spiegazione più ovvia”. Eppure non ne conosco. Ma alcune persone non sembrano chiedersi perché dovremmo scartare la spiegazione più ovvia o considerare le incongruenze che ho descritto sopra.
La credibilità di questa storia sembra quindi molto bassa, direi ben al di sotto del punto in cui ogni persona ragionevole posizionerebbe il punto di ‘sufficiente credibilità’ nel continuum che ho citato sopra. Non è del tutto priva di credibilità, perché abbiamo le dichiarazioni dei corruttori e le intercettazioni telefoniche (che Bamieh ha fatto bene a riportare, poiché Eulex avrebbe potuto avere altri elementi contro Florit), ma priva di sufficiente credibilità per essere presa sul serio.
Quindi è difficile criticare la riluttanza o anche il rifiuto di Eulex di dare peso alla relazione Bamieh sulla tangente da 300.000 euro. E qui cade la lettura offerta dall’articolo di BIRN e da molti altri: "La tangente non è dimostrata, ma si tratta di insabbiamento!". Non si è presumibilmente trattato di insabbiamento, ma di difendibile archiviazione di accuse illogiche, incoerenti e infondate, provenienti da persone portatrici di un colossale conflitto di interesse e minor credibilità dell’individuo medio, in quanto condannati per omicidio e corruttori, oppure fabbricanti di articolate menzogne).
Questo è un peccato, perché non credo che Eulex sia al di sopra dell’insabbiare scandali, e probabilmente ne ha insabbiati un bel po’ (almeno quello di Bllaca e della Banca centrale). E anche perché un’indagine indipendente su questa tangente rischia di scagionare Eulex e ridurre l’urgenza di un’inchiesta complessiva sulla missione, il che è un gran peccato.
Si noti, infine, che non sto dicendo che la lettura che critico sia certamente sbagliata, ma solo che, in base a quanto emerso, è molto meno plausibile dell’alternativa più ovvia. Questa storia non è quindi né la luna, né un dito che la indica: si tratta di un dito puntato nella direzione sbagliata.
Perché così tante persone guardano in quella direzione? In primo luogo, perché la storia è stata riferita da fonti molto autorevoli: Koha Ditore, in primo luogo, e poi BIRN e il programma televisivo Jeta ne Kosove, forse le voci più competenti, indipendenti e coraggiose del Kosovo. Questa spiegazione vale soprattutto per il grande pubblico, che si basa sulle fonti credibili per informazioni e analisi, e per quegli utenti Twitter che non hanno il tempo di riflettere su quello che twittano. In secondo luogo, perché la storia è molto inquietante e, una volta scoppiato lo scandalo, molte figure di spicco si sono sentite in dovere di reagire con indignazione per non apparire indulgenti in tema di corruzione giudiziaria: questo vale soprattutto per i membri del Parlamento europeo, diplomatici e personaggi pubblici. In terzo luogo, perché conviene convogliare l’attenzione su uno scandalo circoscritto, privo di ogni fondamento reale, e lasciare la luna ben fuori dalla vista.
Questa terza spiegazione vale soprattutto per Eulex, quelle diplomazie occidentali che hanno avuto più influenza su di esso, e chi ha supervisionato la missione da Bruxelles nel corso degli ultimi sei anni. Ma vale anche per le élite del Kosovo, per due motivi. In primo luogo, per quanto debole possa sembrare ora, Eulex è ancora una potenziale minaccia per loro: le élite del Kosovo preferiscono quindi vedere la missione indagare la corruzione al proprio interno piuttosto che nel governo del Kosovo. In secondo luogo, la luna ha due facce: se Eulex "non ha fatto nulla", ne deve seguire che la criminalità organizzata e la corruzione politica rimangono diffuse in Kosovo, come lo erano quando il loro livello è stato giudicato così intollerabilmente alto da giustificare il dispiegamento di una missione grande e costosa come Eulex. La seconda faccia della luna, in altre parole, è quella dove tutti possono vedere le istituzioni politiche ed economiche del nuovo stato come realmente sono, spogliate dei loro abbellimenti superficiali, e all’élite non piace essere vista nuda.
Presumo che questa seconda faccia della luna sia quella che anche altre persone non vogliono vedere o lasciar vedere. Questo gruppo comprende un segmento di opinione pubblica del Kosovo, che teme ancora per l’indipendenza del proprio stato, alcuni utenti Twitter kosovari affetti da patriottismo o interessata cecità intellettuale e quei governi, politici, diplomatici e commentatori occidentali che hanno pesantemente investito sul Kosovo. Questo vasto gruppo di persone non vuole sentirsi dire che fra i politici che sono solite votare, incontrare o addirittura elogiare (ad esempio per il loro sostegno alla multi-etnicità e alle relazioni di buon vicinato) ci sono più criminali di quanto sia ufficialmente riconosciuto o auspicabile ammettere. Va benissimo, ovviamente, tanto più che i membri kosovari di questo gruppo costituiscono ancora la maggioranza dell’elettorato attivo. Tuttavia, credo che il Kosovo non possa maturare in una democrazia aperta fino a quando questo gruppo di persone non sarà disposto a guardare direttamente l’altra faccia della luna.