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ESI: lettera aperta a 125 membri ed ex membri dell’Assemblea del CoE
Riceviamo e volentieri pubblichiamo la versione italiana della lettera aperta che l’ESI ha inviato a 125 membri ed ex membri dell’Assemblea del Consiglio d’Europa per chiedere venga risolta la questione dei prigionieri politici in Azerbaijan prima che quest’ultimo assuma la presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, il prossimo 14 maggio
Lettera aperta a:
Theodora BAKOYANNIS, già Ministro degli Esteri, Grecia
Deniz BAYKAL, già presidente del Partito Popolare Repubblicano (CHP), Turchia
Jean-Marie BOCKEL, già Segretario di Stato alla Giustizia, Francia
Mevlüt ÇAVUSOGLU, Ministro agli Affari Europei, già Presidente dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Turchia
Agustín CONDE, membro del parlamento, Spagna
Mikulas DZURINDA, già Primo Ministro, Slovacchia
Cheryl GILLAN, già Segretario di Stato per il Galles, Regno Unito
Pasquale NESSA, già membro del Senato e dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Italia
Luca VOLONTÈ, Direttore della Fondazione Novae Terrae, già membro del Parlamento e presidente del gruppo del Partito Popolare Europeo all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Italia
Jordi XUCLÀ, presidente del gruppo ALDE all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Spagna
Robert WALTER, capo delegazione all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Regno Unito
e 114 altre personalità, membri o ex membri dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa
Parigi/Vienna, 23 aprile 2014
Stimati rappresentanti,
più di un anno è passato dal vostro fatidico voto alla sessione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa del gennaio del 2013, quando respingeste la proposta di risoluzione preparata dal relatore sulla questione dei prigionieri politici in Azerbaijan, nominato dalla vostra stessa assemblea nel 2009. La proposta fu bocciata da una maggioranza di 125 voti contro 79.
La risoluzione intendeva allertare l’opinione pubblica europea sull’irrisolta questione dei prigionieri politici in Azerbaijan, sottolineando come "politici ed attivisti legati all’opposizione, così come giornalisti, bloggers e pacifici manifestanti" continuassero ad essere sistematicamente imprigionati.
Questo voto ha mandato uno sventurato segnale alle autorità dell’Azerbaijan. Alla vigilia del voto sulla risoluzione, il 26 dicembre 2012, il Presidente Ilham Aliyev aveva ritenuto opportuno concedere l’amnistia ad alcuni prigionieri politici. La bocciatura della risoluzione e la mancata nomina di un nuovo Relatore hanno invece segnato l’inizio di una nuova ondata di arresti.
Molte organizzazioni per la tutela dei diritti umani avevano avvertito che questo rischiava di accadere. E questo avevano fatto anche i membri dell’Assemblea Parlamentare che si sono schierati a favore della risoluzione. Come affermato da Viola von Cramon-Taubadel (Germania):
“La tattica per zittire i giornalisti indipendenti è una sorta di porta girevole. Vengono arrestati, rilasciati e poi arrestati nuovamente, per poi essere rilasciati e ri-arrestati poco dopo. Tutti sanno che prima o poi potrebbe toccare anche a loro.”
Non sempre un voto nell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa ha conseguenze immediate. Ma in questo caso, purtroppo, le conseguenze non hanno tardato a manifestarsi. Gli sviluppi successivi alla bocciatura della risoluzione hanno portato all’arresto persino di persone su cui gli stessi organi del Consiglio d’Europa avevano fatto affidamento per le proprie attività in Azerbaijan.
Conoscete probabilmente il caso di Ilgar Mammadov, un leader dell’opposizione e direttore della Scuola di Studi Politici che il Consiglio d’Europa sostiene a Baku; come pure quello di Anar Mammadli, presidente di un importante gruppo di monitoraggio elettorale che aveva collaborato col Relatore dell’Assemblea sul problema dei prigionieri politici. Entrambi avevano riposto fiducia nel Consiglio d’Europa; ed entrambi sono stati arrestati nel 2013. Mammadov è stato condannato nel marzo scorso a 7 anni di carcere, mentre il processo a Mammadli è stato avviato il 21 aprile 2014. È come se le autorità di Baku avessero deciso di testare i limiti dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa.
Tra gennaio e marzo dell’anno scorso, la polizia ha inoltre arrestato dozzine di giovani che avevano protestato chiedendo chiarezza sui decessi di militari in zone non di conflitto. Inizialmente accusati di detenzione illegale di armi, è stato poi loro contestato di complottare insurrezioni di massa. Sette di loro sono membri del NIDA ed uno del Free Youth Movement, due organizzazioni giovanili pro-democrazia e diritti umani. Rischiano condanne tra i 6 anni e mezzo e gli 8 anni e mezzo di carcere.
Ora otto giovani attivisti incarcerati, tutti tra i 18 e i 30 anni, hanno cominciato uno sciopero della fame. Rischiano la loro salute, forse la vita – e lo si sarebbe potuto evitare. E lo si può ancora evitare.
Speriamo che vi siate resi conto che il voto del gennaio 2013 è stato un []e. L'[]e è stato fidarsi di un regime repressivo, ed il costo umano di quell'[]e è alto, con rischi che continuano a crescere. Tutti e otto i giovani attivisti, così come Mammadli e Mammadov, sono stati riconosciuti come “prigionieri di coscienza” da Amnesty International.
Alla luce del drammatico deteriorarsi della situazione e dello sciopero della fame di questi giovani, vi chiediamo di fare uno sforzo per correggere le conseguenze della decisione già presa. In particolare, speriamo che vogliate considerare la possibilità di fornire il vostro personale sostegno:
- Rivolgendovi al Presidente Ilham Aliyev affinché conceda l’amnistia a Ilgar Mammadov, Anar Mammadli e agli otto giovani attivisti ora in sciopero della fame – prima che l’Azerbaijan assuma la presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 14 maggio 2014;
- Rivolgendovi al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, affinché si rechi urgentemente in Azerbaijan e parli in modo persuasivo e deciso a favore di questi e dei molti altri prigionieri politici;
- Appoggiando la nomina di un nuovo Relatore sul problema dei prigionieri politici, che indaghi sulla crescente ondata di arresti e incarcerazioni in Azerbaijan dopo il voto dell’Assemblea nel gennaio 2013.
L’amara ironia è la seguente: l’Azerbaijan che si prepara ad assumere la presidenza del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa non ha mai avuto più prigionieri politici di ora. Sono molti di più oggi che al tempo del vostro voto – ed in uno stato membro del Consiglio d’Europa non dovrebbero essercene. Dal gennaio del 2013, il Consiglio d’Europa pare aver voltato lo sguardo altrove: ma speriamo che vogliate aiutarci a cambiare questa realtà, prima che sia troppo tardi.
Cordiali saluti,
Gerald Knaus e Kristof Bender e Emin Milli