Erdoğan in calo ma non fuori gioco
Il presidente turco Erdoğan e il suo AKP sconfitti al recente turno elettorale ma non per questo perdenti. Quali saranno le mosse successive del presidente turco ora che l’AKP non ha la maggioranza assoluta in parlamento? E cosa farà l’UE? L’analisi di Joost Lagendijk per EuObserver
(originariamente pubblicato da EuObserver l’8 giugno 2015, titolo originale Erdogan down but not out )
I sondaggi hanno azzeccato le previsioni. La maggior parte degli Istituti demoscopici turchi avevano predetto un calo del governativo AKP del presidente Recep Tayyip Erdoğan e del primo ministro Ahmet Davutoğlu e una vittoria sonante per il partito pro-curdo HDP di Selahattin Demirtaş.
Ciononostante l’AKP è comunque risultato il principale partito politico del paese, col suo 41% dei voti (in calo rispetto al 50% del 2011) mentre l’HDP è riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10%, ottenendo il 13% dei consensi.
L’AKP, al potere dalla fine del 2002, è stato punito per aver posto al centro della sua campagna elettorale l’introduzione di un presidenzialismo in stile turco, senza cioè la contemporanea introduzione di un efficace sistema di controllo e bilanciamenti.
Il presidenzialismo è ciò che Erdoğan desidera disperatamente ma la maggior parte dei turchi, tra loro anche elettori dell’AKP, preferiscono evidentemente restare incollati al sistema parlamentare attuale. Non vogliono semplicemente che la Turchia divenga un one-man show.
Altri fattori che hanno portato alla sconfitta dell’AKP sono stati il rallentamento economico, e le preoccupazioni crescenti sulle tendenze autoritarie di Erdoğan.
L’HDP è stato invece premiato per il suo coraggio nell’affrontare la soglia di sbarramento elettorale più alta in Europa e per aver deciso di aprire ad un elettorato più ampio, di turchi di sinistra e liberali, andando oltre il suo bacino tradizionale curdo.
Inoltre, il suo carismatico leader, Demirtaş, è stato in grado di convincere molti curdi tradizionalisti che in passato hanno votato AKP ma che erano sempre più scontenti per l’incedere strascicato di Erdoğan sulla soluzione della questione curda, a passare al suo partito.
La sconfitta di Erdoğan
Molti osservatori concordano sul fatto che la sconfitta dell’AKP sia di fatto una sconfitta di Erdoğan. Il problema è che il presidente è stato eletto l’anno scorso per un mandato di cinque anni e che non ha alcuna intenzione di fare passi indietro.
Le speculazioni su cosa può accadere ora dipendono, in larga misura, da cosa decide di fare lo stesso Erdoğan. Nonostante, secondo la legge, dovrebbe agire come presidente imparziale, la campagna elettorale ha ben dimostrato che non ha alcuna intenzione di confinarsi in quel ruolo.
E’ ancora adesso la figura dominante all’interno dell’AKP e le sue decisioni saranno cruciali. Farà ricadere la colpa per la perdita di 4 milioni di elettori sul premier Davutoğlu e lo rimpiazzerà con qualcun altro? Deciderà che l’AKP formi un governo di minoranza per poi trovare accordi su ogni singolo dossier con le altre forze in parlamento?
O preferirà tentare la strada di un governo di coalizione, in particolare cercando l’accordo con i nazionalisti dell’MHP? Oppure, come molti temono, bloccherà ogni tentativo fatto dai partiti in parlamento per formare un governo – hanno 45 giorni per farlo – in modo da poter andare a lezioni anticipate?
Potrebbe essere indotto a tentare la sua fortuna e quella del suo partito un’altra volta, perché non vuole essere un presidente passato lentamente allo spiedo, per poi ritrovarsi, una volta terminato l’incarico, davanti ad una corte turca accusato di corruzione ed abuso di potere.
Cosa dovrebbe fare l’Unione europea?
Con tutte queste incertezze che dovrebbe fare l’Unione europea?
Deve interpretare il risultato elettorale come un’espressione della vitalità della democrazia turca – certamente lo è – e rienergizzare il processo di accesso aprendo nuovi capitoli che si focalizzano sulla democrazia e lo stato di diritto?
Questa dovrebbe essere la reazione più partecipe e certo sarebbe la benvoluta dai democratici turchi.
Ma sfortunatamente è probabile che Bruxelles preferisca invece aspettare per verificare cosa accadrà.
Il risultato del voto di domenica potrebbe anche essere una coalizione tra AKP e MHP, il partito più euroscettico e maggiormente anti-curdo nel parlamento nazionale. Questo potrebbe portare al blocco di ogni riforma richiesta dall’UE e potrebbe fare deragliare il già precario processo di pace con i curdi.
Gli elettori turchi hanno dimostrato di non volere una Turchia guidata da un uomo solo e che lentamente si allontana dall’Europa. La ricompensa di Bruxelles per questa decisione coraggiosa, purtroppo, è probabile che arrivi quando tutta la polvere si sarà posata.
Joost Lagendijk è stato in passato europarlamentare ed è ora editorialista per i quotidiani turchi Zaman e Today’s Zaman.