Elezioni in Turchia. Il voto dei giovani

Domenica prossima, oltre un milione e mezzo di diciottenni andranno a votare per la prima volta. Un’analisi delle tendenze tra i giovani in Turchia e dell’impatto che potrebbero avere sul risultato in vista di un appuntamento elettorale decisivo per il paese 

22/06/2018, Fazıla Mat -

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İstiklal Caddesi - Istanbul (foto L. Zanoni)

Il prossimo 24 giugno in Turchia si terrà uno degli appuntamenti elettorali più serrati degli ultimi anni. La posta in gioco è molto alta: ogni voto sarà di importanza cruciale nel determinare il risultato elettorale, come pure il futuro del paese. E il voto dei giovani non fa eccezione in questo quadro. Metà della popolazione è al di sotto dei 30 anni in Turchia, dove si può votare a partire dai 18 anni. Nelle consultazioni presidenziale e legislativa che avranno luogo domenica prossima voteranno per la prima volta oltre 1 milione e 585mila persone.

Il numero assume particolare rilevanza se si considera che l’attuale – e alquanto controverso – sistema presidenziale è stato approvato attraverso un referendum nell’aprile 2017 con un margine minimo,  di meno di 1 milione e 400mila voti. Tuttavia, è verosimile che la popolazione al di sotto dei 25 anni – un gruppo che rappresenta il 20% dell’elettorato totale – risulti piuttosto indifferente ai temi della politica. Una recente ricerca ha infatti rilevato che circa l’80% dei giovani in Turchia afferma di non esservi interessato.

Questo è in parte il risultato di una politica di stato portata avanti dopo il golpe militare del 1980, che ha portato a una massiccia depoliticizzazione della società turca e dei giovani in particolare. Sebbene un recente emendamento costituzionale abbia ridotto a 18 l’età per essere eletti come deputati, uno studio condotto dall’Associazione Habitat dimostra che esercitare il diritto di voto è l’unico modo di partecipare alla politica per il 78% dei giovani in Turchia.  

Gli eventi di Gezi del maggio-giugno 2013 hanno rappresentato un netto contrasto con simili  e tradizionalmente bassi livelli di partecipazione politica. Le proteste, partite da Istanbul ed allargate poi in diverse regioni della Turchia, sono state segnate da alti livelli di partecipazione giovanile alle proteste di strada contro le politiche del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP). D’altro canto, hanno dimostrato che i giovani turchi possono incidere sul corso politico e spingere per un sistema sociale diverso e più equo.

Secondo alcune compagnie di sondaggi il pro-curdo e progressivo HDP (Partito democratico dei popoli) e il suo co-leader Selahattin Demirtaş sono riusciti a catalizzare molte delle  richieste emerse dalle proteste di Gezi. Anche per questo nelle elezioni del giugno 2015, il partito è riuscito a superare la soglia elettorale del 10%, entrando in parlamento per la prima volta, mentre l’AKP ha perso la maggioranza assoluta. Durante le stesse consultazioni, l’HDP ha ottenuto il supporto di circa il 20% dei giovani che votavano per la prima volta, un dato che è stato confermato nelle elezioni successive del novembre 2015. Sarà dunque importante vedere se la stessa tendenza resterà invariata nella imminente tornata elettorale.

Un altro elemento che sembra particolarmente importante nel determinare il voto dei giovani elettori è l’abilità dei partiti politici di incanalare i sentimenti nazionalisti, profondamente radicati in Turchia. Ma il supporto dato dal 20% dei giovani elettori al Partito di azione nazionalista (MHP) nelle precedenti consultazioni – un sostegno di gran lunga superiore a quello generale goduto dal partito – potrebbe essere svanito dopo che il MHP ha deciso di supportare il presidente Recep Tayyip Erdoğan e il suo AKP nel 2016. È inoltre tuttora poco chiaro se IYI Parti (il “Partito buono”), quale nuova formazione della destra, sia riuscito ad accattivarsi questi elettori.

I giovani sono tra i gruppi che hanno maggiormente subito gli effetti dello stato di emergenza dichiarato dopo il tentato colpo di stato del luglio 2016. Numerosi studenti universitari sono stati privati dei professori, espulsi in forza dei decreti emergenziali, mentre altri si sono visti ridurre le attività extra curricolari – a causa di censura o di taglio del budget. Secondo dati forniti dal ministero della Giustizia nel 2017 si trovavano in prigione oltre 69mila studenti, condannati o in detenzione cautelare.

Un’altra questione urgente per i giovani in Turchia sono le prospettive occupazionali. Le statistiche riportano che un/una giovane su 5 è disoccupato/a e gli attuali indicatori economici puntano ad un futuro ancor più preoccupante. Tutti i candidati in lizza si rivolgono ai giovani, sia nei discorsi politici che sui social media, utilizzando un discorso umoristico e cercando di toccare le questioni più pregnanti per loro. Resta solo da vedere come da una parte questi giovani risponderanno all’eredità dei 16 anni di Erdoğan e alla prospettiva di un regime presidenziale autoritario, e dall’altra alle promesse dei candidati dei partiti di opposizione.

Scritto in collaborazione con l’Istituto per gli studi di politica internazionale

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