Elezioni amministrative in Serbia

Domenica 19 settembre si terranno in Serbia le elezioni amministrative. Per la prima volta i sindaci saranno eletti in modo diretto. Un distacco dall’eredità centralistica socialista e un banco di prova per la gestione del potere locale

16/09/2004, Danijela Nenadić - Belgrado

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Belgrado

Il 19 settembre i cittadini della Serbia voteranno i loro rappresentanti nei comuni locali e i presidenti dei comuni, cioè i sindaci, in carica per un periodo di quattro anni. Siccome i presidenti dei comuni verranno per la prima volta eletti direttamente, e ciò comporta una maggiore competenza e una procedura più complicata, l’interesse del pubblico e l’impegno dei candidati è maggiore rispetto alle elezioni locali tenutesi fino ad ora. Gli analisti valutano queste elezioni come particolarmente importanti, perché segneranno l’interruzione del sistema amministrativo centralizzato, eredità del periodo socialista. In tale senso, i sucessivi quattro anni saranno anche il banco di prova per i governi locali, cioè per il suo funzionamento indipendente, dato che, come considerano gli analisti, le amministrazioni locali "non hanno ancora smesso di desiderare di essere dirette dall’alto".

Le elezioni del 19 settembre si terranno secondo il sistema proporzionale, con uno sbarramento del 3 %, mentre i sindaci e i presidenti dei comuni verranno eletti secondo il sistema di due turni di ballottaggio. Secondo la legge in vigore l’elezione del presidente è diretta. Per ora si sono svolte le elezioni straordinarie per i comuni e per i rispettivi presidenti in una decina dei circa 150 comuni della Serbia centrale, mentre in tutti gli altri comuni i rappresentanti delle autogestioni locali saranno eletti per la prima volta in modo diretto il 19 settembre. Fra i comuni dove non si terranno le elezioni c’è anche la municipalità belgradese di Barajevo la quale sarà l’unica fra le 17 municipalità di Belgrado a non avere il presidente eletto in modo diretto. Il parlamento di belgrado ha deciso qualche mese fa, quando Barajevo aveva già scelto il presidente, di cambiare lo statuto della città ed è stato fatto nonostante le avvertenze che tale decisione avrebbe potuto essere rifiutata dal Tribunale Costituzionale della Serbia, e che quindi, in tal caso, il procedimento elettorale avrebbe dovuto essere ripetuto. Il Partito radicale serbo ha già presentato davanti al Tribunale costituzionale l’iniziativa per esaminare la costituzionalità di tale decisione, ma il Tribunale non l’ha ancora esaminata.

Una maggior attenzione, ovviamente, è rivolta all’elezione del sindaco di Belgrado, città in cui vive quasi un quarto di elettori di tutta quanta la Serbia. Presso l’opinione pubblica serba è convinzione generale che il sindaco di Belgrado sia il terzo uomo della Serbia, dopo il premier e il presidente, e che l’autorità la otterrà proprio grazie all’elezione diretta, mentre il potere dal fatto che dirige il maggior centro economico e culturale della Serbia. Il governo comunale, composto da 11 membri e dal presidente, fin ad ora eletti in base a una maggioranza nel parlamento comunale, in futuro sarà scelto sulla proposta del sindaco, il quale ha il potere di propore al parlamento alcuni atti e il modo di risolvere le questioni che il parlamento decide, di occuparsi dei lavori che gli organi della Repubblica affidano alla città, dirige e armonizza il lavoro dell’amministrazione comunale e di essere responsabile del bilancio. La sua destituzione puo essere chiesta dalla maggioranza parlamentare oppure dal 10% degli elettori, una cifra che a Belgrado ammonta a circa 150.000 abitanti con diritto di voto, e su tale richiesta si esprimeranno i cittadini durante il referndum. Il sindaco è destituito dalla funzione quando tale richiesta trasfmormata in referendum sarà sostenuta da più della metà degli elettori.

Per il sindaco di Belgrado ci sono nove candidati, e per i posti nel parlamento comunale addiritura 39 liste elettorali di partiti e di gruppi di cittadini, tra cui anche molti noti politici e funzionari statali, ma anche personaggi della vita culturale e pubblica serba. Tutti i sondaggi dell’opinione pubblica fino ad ora hanno mostrato che il primo uomo del capoluogo serbo non sarà scelto al primo turno, e che fra i partiti il miglior reiting lo ha il Partito radicale serbo (SRS) di Vojislav Seselj, seguito dal Partito democratico (DS) di Boris Tadic, dal movimento Forza Serbia del businesman Bogoljub Karic e dal Partito democratico della Serbia (DSS) di Vojislav Kostunica, il quale negli ultimi giorni si è avvicinato alla popolarità del partito di Karic.

La maggiore possibilità di passare al secondo turno, secondo le ultime analisi, è data al candidato dei radicali Aleksandar Vucic e all’attuale presidente del governo comunale Nenad Bogdanovic, che è fra l’altro il vicepresidente del Partito democratico. Al terzo posto, secondo i recenti sondaggi c’è il candidato del Partito democratico della Serbia nonché unon degli uomini più ricchi del paese, Zoran Drakulic, mentre al quarto posto Jasmina Mitrovic-Maric, candidata per il partito di Bogoljub Karic. Il presidente del Centro per il coordinamento del Kosovo e Metohija, Nebojsa Covic, candidatosi all’ultimo per la poltrona del sindaco, secondo le stime degli analisti potrebbe sottrarre dei voti a Bogdanovic e a Jasmina Mitrovic-Maric, ma non ci si aspetta che abbia possibilità maggiori di quelle del candidato del Partito per il rinnovamento serbo (SPO) e attuale ministro della cultura, Dragan Kojadinovic o ai candidati dei socialisti, del G17 Plus e del Partito democratico popolare: Zarko Obradovic, Branka Bosnjak e Slobodan Vuksanovic.

Le promesse della maggior parte dei candidati per il sindaco per lo più sono "dello stesso tipo" e vanno dalla risoluzione dei principali problemi comunali fino agli investimenti in ambito culturale e sociale ed è probabile che la maggior parte degli elettori sceglieranno in base alla appartenenza o l’inclinazione dei partiti rappresentati dai singoli candidati, mentre la minoranza voterà per i candidati come personalità. La campagna, fino ad ora, è stata generalmente positiva e senza grandi attacchi contro i candidati rivali, a parte qualche sporadico attacco reciproco tra quei candidati che si rivolgono al medesimo gruppo di elettori.

Il candidato dei radicali Vucic, nonostante le solite promesse sulla risoluzone dei problemi comunali e infrastrutturali della città, si raccomanda agli elettori confermando che Belgrado necessita di un cambio del potere a causa della debolezza di quello attuale, mentre Bogdanovic, come il secondo candidato più forte, insiste proprio sul fatto che il potere comunale attuale abbia fatto più di tutti negli ultimi 20 anni e che, se riceverà un’altro mandato continuerà là dove si interrotto. Zoran Drakulic, fino a queste elezioni sconosciuto alla maggior parte del pubblico, sottolinea che come uomo d’affari riuscito, la cui azienda è rappresentata in 12 stati, garantirà gli investimenti per la città di Belgrado, mentre ai cittadini offrirà una maggiore possibilità di impiego. La sua azienda, "Ist point Holding", che si occupa di produzione, lavori minerari, commercio, stoccaggio, trasporti, edilizia e finanza, realizza uno scambio annuo di 350 milioni di dollari e ha un capitale azionario di 52 milioni di dollari, mentre Drakulic afferma, nel caso diventasse sindaco, di essere pronto a ritirarsi da tutte le aziende di cui è proprietario di maggiornaza e di minoranza.

Jasmina Mitrovic-Maric, come pure Karic alle elezioni presidenziali di giugno, afferma che per il posto di sindaco è consigliabile l’operatività e la capacità menageriale. Il partito di Karic è l’unico che ha concepito la campagna elettorale per il sindaco sotto forma di meeting, quando gli altri candidati principalmente visitano quartieri delle città e le aziende, incontrandosi coi i cittadini e eventualmente organizzano un incontro dove presentano i candidati. Nejbosa Covic, che in qualità di quadro dei socialisti di Milosevic per quasi sei anni, dal 1992 al 1997, fu presidente del governo della città e sindaco, sostiene che la maggior parte dei candidati fa promesse irreali, e considera se stesso come la miglior scelta possibile, perché ha amministrato Belgrado nei "momenti più difficili".

Davanti alla nuova tornata elettorale in Serbia, questa volta locale, rimane una forte impressione che i candidati e i partiti facciano promesse irreali nella speranza di ottenere il maggior numero di voti, e che i cittadini si disinteressino sempre più alla vita politica quotidiana e alle elezioni, scegliendo l’astensione come forma d’epressione del malcontento rispetto a ciò che offrono i partiti in Serbia.

Tuttavia, anche queste elezioni finiranno in un clima totalmente refenderario – ancora una volta si annuncia la situazione simile alle elezioni presidenziali tenutesi a giugno, quando i cittadini al secondo turno dovevano scegliere tra la "nuova, democratica e progressiva Serbia" raggruppata in un blocco democratico, e quella "ritardata, autoritaria e anti-occidentale" incarnata, soprattutto, nel Partito radicale serbo.

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