Elbasan l’inquinata

I cinesi lo costruirono, il crollo del muro di Berlino segnò la sua fine. E’ il grande impianto metallurgico di Elbasan, la cui presenza incombe ancora su chi vi abita vicino. Un reportage dalla città più inquinata d’Albania

24/10/2012, Marjola Rukaj -

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Elbasan - foto di Marjola Rukaj

Elbasan si trova a circa 50 chilometri da Tirana, nell’Albania centrale. Più ci si avvicina più i colori d’autunno si saturano e la capitale, alle mie spalle, viene avvolta dalla foschia che s’addensa ai piedi delle montagne. Vado ad Elbasan per la prima volta ma conosco già lo skyline del complesso metallurgico che vi aveva sede: si staglia nel paesaggio e lo si può spesso scorgere durante il decollo o atterraggio degli aerei da e verso l’aeroporto Madre Teresa di Tirana.

Arrivata in città mi sembra di essere stata trasportata indietro nel tempo: le stradine d’asfalto malconcio si coprono di polvere a ogni passaggio di macchina, alcuni uomini siedono silenziosi sotto la veranda di una baracca dove si vendono utensili meccanici. Più in là si vedono operai abbronzati che trasportano blocchi di metallo multicolore, quasi delle installazioni astratte d’arte contemporanea. L’atmosfera ha qualcosa che ricorda alcuni film educativi e noiosi dell’Albania degli anni ‘80.

Poi però, all’interno della zona industriale, si passa repentinamente al set di un film di Tarkovskij: archeologia industriale invasa da piante selvatiche, atmosfere rarefatte, la natura che invade rapidamente gli ambienti urbani una volta abbandonati dall’uomo.

Diversamente da quanto può sembrare, questa non è però terra di nessuno. Me lo fa capire un signore scorbutico, che non ha l’aria di essere un operaio. Chiede di vedere il mio tesserino da giornalista, lo esamina e con tono più calmo cerca di capire le mie intenzioni. Noto che come spesso mi succede ultimamente essere giornalisti in Albania vuol dire essere indesiderati ma anche temuti e rispettati. “La storia dell’inquinamento è roba vecchia, ormai superata, se è questo il motivo per cui è qui”, mi dice senza aspettare le mie domande. Mi spiega che è il responsabile di una delle aziende che sono sorte dopo il crollo del regime nella zona industriale.

“L’inquinamento è stato causato ai tempi del comunismo, ora noi ricicliamo e smaltiamo i rifiuti con tecnologie all’avanguardia, vada a chiedere in città, come è cambiata la situazione”. Poi se ne va, con la sua macchina, e mi lascia avvolta in nuvole di povere.

Il tempo delle ciminiere cinesi

Tutto è iniziato ai tempi in cui il regime comunista si era prefisso di trasformare gli albanesi da popolo di contadini a nazione di proletari. Erano i tempi della grande amicizia con la Cina, e dell’industrializzazione d’importazione. A Elbasan grazie ai cinesi venne costruito tra gli anni ’60 e ’70 il Metalurgjiku, il fiore all’occhiello dell’industria albanese, in cui avveniva la lavorazione di metalli pesanti con i quali poi si riforniva l’intera industria albanese.

Poi fu la volta di un grande cementifico, sul finire degli anni ’60, nel 1981 degli impianti di lavorazione del nickel e nel 1988 del ferrocromo.

Elbasan – già centro urbano importante di questa parte del mondo dall’antichità sino ai tempi post-ottomani – divenne quindi meta di tecnici provenienti da tutti gli angoli del paese. “Quando è stato costruito il Metalurgjiku non c’era grande consapevolezza sul tema inquinamento. Solo nei decenni successivi gli impianti nel resto del mondo vennero forniti di filtri per smaltire le sostanze nocive”, mi spiega Albert, un ex lavoratore nel complesso industriale, che dopo il crollo del regime si è reinventato facendo il cameraman ai matrimoni.

Filtri che non vennero mai applicati a Elbasan: era arrivato l’isolamento, gli anni dell’Albania contro tutti, fedele allo stalinismo e costretta ad andare avanti con le tecnologie sovietiche e cinesi che già aveva in casa. Queste ultime vennero spremute e sfruttate sino al crollo del regime, quando le grandi fabbriche smisero di funzionare.

Elbasan era ormai diventata una città pesantemente inquinata. Malattie, tumori, aria intossicata e mutazioni genetiche hanno spesso fatto parlare di Elbasan nei media albanesi sin dai primi anni ‘90. “Vitelli a tre zampe, capre a due teste, neonati malformi, è la nostra normalità anomala”, spiega Albert.

Scorie del regime

L’eredità comunista è pesante. Non solo nella città di Elbasan ma anche nel circondario, a Librazhd, cittadina di 10.000 abitanti nella regione di Elbasan, operava un’azienda di lavorazione del ferro e del nickel, a Prrenjas, poco distante, una di arricchimento di minerali e a Gramsh, sempre nella contea di Elbasan, un deposito di batterie.

"Nel reparto 12 del Metalurgjiku si produceva concentrato di ferro, in 12 anni si sono lavorate 6 milioni di tonnellate di ferro e nickel, scaricando nell’aria il 25% di esse", si afferma in un rapporto redatto dall’UNDP (United Nations Development Programme) nel 2003. E poi vi sono i 2,6 milioni di tonnellate scaricate nell’aria dalla Termocentrale a carbone di Elbasan nel corso di 24 anni di attività o i 2 milioni di tonnellate di scorie di metalli pesanti rilevati nei pressi del fiume Shkumbin, che attraversa Elbasan. Ad oggi non è mai stata attuata alcuna bonifica.

"Uno studio realizzato nel 1996 ha mostrato come i terreni attorno a queste produzioni sono contaminati dai 30 ai 50 cm di profondità, la parte che riguarda la coltivazione agricola, quindi i prodotti agricoli sono contaminati", specifica un ingegnere albanese, coinvolto in attività di ricerca sull’inquinamento nella regione di Elbasan, che ha richiesto l’anonimato. "Bonificare questi terreni costa moltissimo e non si è mai fatto. Vi era stato un progetto di bonifica, che si sarebbe dovuto realizzare nel 2005-2006, ma poi non se n’è fatto nulla per mancanza di finanziamenti. Gran parte del territorio inquinato è sotto la giurisdizione di singoli comuni, che non dispongono di mezzi per poter garantire questi interventi, continua l’ingegnere. "Di fatto non è stato mai fatto neppure uno studio comprensivo sull’inquinamento a Elbasan. Ad oggi non possiamo dire quanto la città sia inquinata", chiosa l’ingegnere.

Archeologia industriale in offerta speciale

Ma le cause dell’inquinamento a Elbasan non sono ascrivibili esclusivamente al passato comunista. Il fatto che gli impianti del Metalurgjiku dalla tecnologia datata siano ora tutti dismessi non ha infatti posto fine all’inquinamento.

Nella zona industriale si è avviato il processo di privatizzazione. E sono arrivate varie aziende. Tra queste ad esempio la ECM, cementificio, ora di proprietà libica o la Darfo Albania, poi rilevata, nel 2007, dalla austriaca DCM DECOmetal e la russa Terwingo. Ma tra le storie più emblematiche per capire l’inquinamento degli anni 2000 c’è senza dubbio quella della turca Kurum. 

Kurum

Quest’ultima è l’azienda leader in Albania nel settore del riciclo dei metalli. E’ attiva in Albania dal 1999. A partire dal 2007 è stata oggetto di proteste sempre più strutturate da parte di cittadini e autorità di Elbasan. Il prefetto, Shefqet Delialliasi, commentando sull’impatto che Kurum ha sulla città di Elbasan parlava in quegli anni di “nuvole nere di fumo che sovrastano la città perennemente”.

A causare questo tipo di inquinamento secondo le autorità locali era il fatto che la compagnia in questione aveva evitato di investire nelle necessarie strutture di smaltimento degli effetti collaterali del processo di riciclo dei metalli. Le autorità locali sono entrate in tal modo in conflitto con Kurum e con il ministero dell’Ambiente, responsabile dei permessi e del monitoraggio delle società con impatto ambientale. E, come purtroppo raramente avviene in questa parte del mondo, le proteste hanno avuto esito positivo. Nel 2008 Kurum ha provveduto a inserire le strutture richieste.

Tutto risolto? Nient’affatto. Elbasan rimane comunque avvolta da quelle che sembrano nuvole grigiastre di fumo. Chiedo ad alcune persone in centro città se la situazione è cambiata dal 2008 in poi. Un medico dietro il bancone della sua farmacia veterinaria sorride, si rifiuta di rispondere e mi chiede perché mai mi rivolga proprio a lui. La stessa reazione la hanno anche alcuni anziani che si stanno leggendo una folta pila di giornali e riviste in un caffè. Frustrazione, ma anche quella sindrome da “sigurimi” (servizi segreti durante il regime, ndr) che spesso caratterizza gli albanesi quando si tratta di denunciare misfatti di politici e imprenditori.

“Non è cambiato nulla, ora i filtri ci sono ma si cerca di risparmiare. Vengono attivati solo ogni tanto per qualche mezza giornata. Ma io non sono nessuno. Perché devo parlare proprio io?”, dice alla fine uno di loro. Della stessa opinione un tecnico alle dipendenze dell’ente che si occupa della privatizzazione della Metalurgjiku, che ha chiesto di rimanere anonimo. “I filtri ormai ce li hanno e le autorità non possono dire nulla, ma li utilizzano a tempo limitato. Quindi durante la mattinata l’aria in città è accettabile, poi però si inquina come prima”.

Dati falsi

Dopo l’installazione dei filtri da parte della Kurum, l’Agenzia regionale dell’ambiente, un ente alle dipendenze del ministero dell’Ambiente, ha pubblicato dei dati secondo i quali la città di Elbasan presenta la stessa situazione ambientale non problematica che si ha ad esempio a Durazzo. Il sindaco di Elbasan Qazim Sejdini ha però in più occasioni contestato tali dati. “In questa città le statistiche ospedaliere riportano che ogni giorno muoiono quasi due persone, di cui solo una per cause naturali. Nel solo 2011 vi sono stati 200 nuovi casi di malati di cancro. Non si può chiudere un occhio davanti a questi fatti”.

Ne parlo con Sazan Guri, uno degli ambientalisti più coerenti ed attivi in Albania, e a capo di un centro studi ambientali. Accusando l’Agenzia regionale dell’ambiente di aver falsato i dati commenta: “L’inquinamento dell’aria a Elbasan è di 440 mg/m3, 5 volte superiore alla soglia di tolleranza nella legislazione albanese, e ben 10 volte superiore alla soglia di tolleranza nell’Unione europea”.

“La situazione è preoccupante – continua – a Elbasan 250 persone muoiono di cancro ogni anno, un’incidenza dieci volte maggiore che in una città non inquinata come Permet”. Come il sindaco, anche gli ambientalisti accusano il ministero dell’Ambiente di indifferenza e troppa tolleranza. “Questi impianti inquinanti vengono costruiti senza alcuno studio di impatto ambientale, il ministero non dispone di analisi approfondite sulle zone in cui vengono permesse queste produzioni”, spiega Xhemal Mato, un ambientalista di Tirana.

Inquinamento d’importazione

Da qualche anno, Elbasan come anche il resto dell’Albania, si trova a dover fare i conti non solo con l’inquinamento locale, ma anche quello che gli ambientalisti definiscono “inquinamento d’importazione” per via dei rifiuti importati dall’estero per sottoporli al processo di riciclo presso aziende private. I rappresentanti di Kurum hanno dichiarato ai media albanesi che solo il 10% del materiale che viene riciclato presso la loro compagnia proviene dal territorio albanese, il resto deve essere importato. L’importazione dei rifiuti costituisce una delle aree grigie meno monitorate da parte delle autorità.

Lavdosh Ferruni, a capo di un movimento ambientalista che lotta per il monitoraggio dei rifiuti importati menziona un altro aspetto di non poca importanza: “In Albania non ci sono le infrastrutture per controllare i rifiuti importati. Molti di questi metalli importati, contengono mercurio e materiale radioattivo che non viene isolato prima della lavorazione. Questo si aggiunge all’inquinamento che si ha dalla lavorazione stessa. Ma le nostre autorità fingono di non sapere”.

Sazan Guri, analizzando la questione delle importazioni, conclude: "Al Metalurgjiku sono stati creati 400 posti di lavoro, al costo di importare inquinamento e scorie di metalli pesanti. Mentre la parte riciclata del materiale lavorato viene di nuovo venduta all’estero da parte delle compagnie private“.

Tra passato comunista, capitalismo selvaggio, e gestione irresponsabile Metalurgjiku sembra essere una sorta di metafora dell’Albania contemporanea. La novità che fa sperare in positivo è l’emersione del movimento ambientalista che sembra meno sporadico e rassegnato che in passato.

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