Dubioza Kolektiv

Otto artisti che mescolano il linguaggio della musica a quello della politica. I Dubioza Kolektiv si servono di reggae, hardcore, hip hop, rock ed ethno per superare le divisioni interne del paese e trasmettere la volontà di cambiamento ai giovani della Bosnia Erzegovina

Dubioza-Kolektiv

Qual è la storia dei Dubioza Kolektiv ?

Ci siamo incontrati 4 anni fa, abbiamo cominciato a lavorare insieme, e, uno dopo l’altro, sono arrivati tutti gli 8 membri attuali della band. Alcuni di noi sono di Mostar, altri di Sarajevo e altri ancora di Zenica. Tutti uniti dalla voglia e dal bisogno di parlare della situazione politica e sociale del paese. Non avevamo deciso che genere di musica fare, sapevamo semplicemente che era importante esprimere ad alta voce le proprie opinioni e parlare della realtà che viviamo. La musica era per noi un ottimo mezzo per trasmettere un messaggio. Tutti avevamo qualche esperienza musicale alle spalle e così, dopo solo 6 mesi, abbiamo registrato il nostro primo album, "Dubioza Kolektiv", 2004. In questi quattro anni abbiamo registrato 4 album ("Open Wilde", 2004; "Dubnamite", 2006; "Firma ilegal", 2008) e abbiamo tenuto circa 250 concerti. Cerchiamo di essere molto attivi e presenti sulla scena musicale.

Quali influenze hanno ispirato la vostra musica ?

È molto difficile parlare di influenze precise perché ogni membro ha portato il suo contributo. Dub, reggae, hardcore, hip hop, rock, ethno… usiamo i diversi generi musicali per trovare il miglior modo di esprimerci. Non facciamo riferimento ad un solo genere di musica e lo stile varia a seconda del pezzo. A volte questo crea un po’ di problemi, come ad esempio quando si tratta di suonare ai festival dedicati ad un certo genere di musica. In ogni caso suoniamo molto. Viaggiare suonando è un ottimo modo per promuovere la nostra musica, ma c’è un aspetto negativo: il problema dei visti, con cui tutti i bosniaci devono fare i conti.

È difficile avere il visto come musicista?

Sì, in generale è difficile. Richiede molto tempo e mille documenti. Inoltre, se veramente vuoi essere un artista, non hai molto tempo per lavorare come impiegato da qualche parte. La maggior parte di noi, quindi, non ha un lavoro fisso e vive di musica. Questo non facilita la richiesta del visto, perché ambasciate e consolati temono che non si torni in Bosnia perché non c’è la garanzia di un lavoro fisso. Di solito cambiamo il passaporto ogni anno a causa dei vari visti e timbri. È una procedura di circa un mese che purtroppo quest’anno ci ha causato dei problemi. A settembre abbiamo avuto l’opportunità di suonare all’estero, ma mancavano dei passaporti e abbiamo dovuto rifiutare l’invito. Questo è uno dei motivi per i quali è importante andare in giro, cantare e parlare con le persone di quanto accade qui, perché di certi problemi non si parla in televisione.

Come descriveresti l’attuale scena musicale di Sarajevo?

Preferirei parlare della Bosnia in generale, perché troppo spesso si tende ad associare Sarajevo al resto del paese. Negli ultimi anni sono successe molte cose fuori Sarajevo e questo viene ignorato con facilità. Ci sono molti gruppi attivi a Mostar, Banja Luka, Bihać e Tuzla ed è una scena molto viva. Penso che la scena musicale in Bosnia sia attualmente una delle più forti e interessanti dell’area, perché le persone sentono il bisogno di parlare dei problemi politici e sociali. La situazione sta peggiorando, ma molti si sono ormai stufati di questa situazione e trasmettono con la loro arte o la loro musica un messaggio politico. I temi principali sono la corruzione e il pessimo modo di governare questo paese. Il pubblico che viene ai concerti si mostra interessato a queste tematiche.

Da artista, che rapporti hai con la tua città, Sarajevo, e il tuo paese?

Sarebbe utopico credere che la musica da sola possa cambiare le cose, è solo un mezzo di comunicazione. Se si prende in considerazione la Bosnia, si vede un paese totalmente diviso da linee etniche di separazione. Per noi questo è uno dei problemi fondamentali. I partiti della destra usano i concetti di "etnia" e "separazione" per restare al potere e proteggere gli interessi del proprio gruppo nazionale. La paura è il mezzo con il quale i politici, del tutto incompetenti, mantengono le loro posizioni. È una situazione davvero pessima, e per questo insistiamo nel parlare dell’identità bosniaca, dei suoi valori positivi ma anche di quelli negativi, come l’estrema destra e il nazionalismo. Solo se si accetta la Bosnia Erzegovina nel suo insieme come un’identità si può andare avanti, altrimenti non è possibile. Se la gente continuerà a dichiararsi bosgnacca, croata o serba, non si andrà da nessuna parte.

Cosa ci puoi dire del concetto "urbana kultura" ?

Per me è una definizione senza senso. Cos’è allora la cultura rurale? Perché bisogna enfatizzare qualcosa che è urbano? Per me cultura è cultura, non importa da dove viene e come viene definita. Il problema è la mancanza di dialogo tra l’urbano e il rurale, di uno scambio di cultura, che semmai è limitato all’interno dei vari gruppi etnici. La Bosnia non ha un unico ministero della Cultura per tutto il paese, ce n’è uno per la Federazione e uno per la Republika Srpska, ma non esiste a livello federale. Questo ci dovrebbe far preoccupare.

Spesso si considerano gli anni ’80 come l’età d’oro per la scena musicale a Sarajevo.
Credi che questo passato abbia un’influenza sulla scena di oggi?

Non credo ci sia una grande connessione tra gli anni ’80 e i nostri tempi, questi due periodi sono stati profondamente divisi dalla guerra. E’ mancato un normale scorrere del tempo. Gli artisti di oggi sono in gran parte artisti nuovi, anche se c’è ancora qualcuno che ha lavorato prima e durante la guerra e che ancora oggi è molto importante. Ma in generale non vedo molti legami tra questi due periodi.

Il vostro primo album era in inglese, l’ultimo in bosniaco. Perché avete deciso di
cambiare lingua?

Dopo le elezioni del 2006 abbiamo deciso che era giunto il momento di cantare in una lingua che qui tutti potessero capire. Per noi è importante che le nostre canzoni e i nostri video diano una testimonianza dei tempi nei quali viviamo. Così, spesso usiamo estratti di discorsi dei politici o di interviste a persone comuni all’interno delle nostre canzoni. Vogliamo che la gente veda e senta quello che succede, e che cominci a pensare con la propria testa. Ad ottobre ci saranno le elezioni amministrative e le fasi pre-elettorali sono sempre periodi difficili, perché si crea un’atmosfera di paura e di diffidenza, i media trasmettono solo certe notizie, e il risultato è che tutti votano per coloro che li proteggono dai "cattivi", cioè dalle altre etnie. Se la gente avesse la possibilità di votare senza avere paura, forse le cose cambierebbero.

Alcuni vostri pezzi hanno fatto da "soundtrack" alle proteste della società civile tenutesi a Sarajevo nella primavera 2008 …

Dubioza Kolektiv, come gruppo musicale, ha sempre cercato di dare supporto alle voci del popolo con la musica, i video e i concerti. Le ultime proteste erano importanti perché la gente ha chiesto ad alta voce le dimissioni del premier del cantone di Sarajevo Samir Silajdžić e del sindaco Semiha Borovac, che sono responsabili della sicurezza. C’è un alto tasso di delinquenza, ci sono stati degli omicidi, e la gente ha finalmente chiesto che i politici si assumano le loro responsabilità. Ma questi hanno semplicemente ignorato tutto. Così, abbiamo deciso di girare un video che cominciasse con le dichiarazioni di questi politici. Sembra che si siano arrabbiati tanto da vietarci di suonare ad un festival a Goražde. Hanno semplicemente cancellato la nostra performance. Quest’anno è diverso dagli altri anni, la gente è arrabbiata e non vuole più vedere ripetersi la stessa storia. È il momento giusto per uscire allo scoperto e per diffondere le nostre voci attraverso i media, sperando che le nuove generazioni cambino qualcosa.

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