“Dove iniziano i Balcani”, in risposta a Božidar Stanišić
Le due autrici di "Dove iniziano i Balcani", Francesca Cosi e Alessandra Repossi, rispondono a Božidar Stanišić nel merito della recensione che lo scrittore bosniaco ha fatto de loro libro e pubblicata su queste pagine
Buongiorno Božidar,
abbiamo letto la sua recensione al nostro volume “Dove iniziano i Balcani”, edito da Ediciclo, apparsa sul sito www.balcanicaucaso.org lo scorso giovedì 27 febbraio e ci siamo rese conto che oltre a travisare molte cose del nostro libro, si è anche mostrato irragionevolmente offensivo riguardo ad altre, per questo ci preme risponderle.
Il nostro libro non le è piaciuto, e va bene: non è possibile che piaccia a tutti.
Lo ha trovato privo di originalità, e va bene anche questo: è un libro di viaggio che presenta i paesi visitati a persone che li conoscono poco o per nulla. È naturale che se lei viene da uno dei luoghi presentati nel volume trovi poco originali alcune osservazioni (ad esempio il fatto che a Lubiana ci sia tanto verde, o la descrizione di cibi tipici come i ćevapčići e la rakija), ma quello che a lei appare banale, per altri che ne sanno meno di lei e che in quei paesi non hanno né vissuto né soggiornato può rappresentare la scoperta di aspetti culturali, storici e architettonici interessanti, aspetti che abbiamo cercato di approfondire e illustrare al nostro meglio. Tra l’altro diverse persone che come lei provengono dai paesi dell’ex Jugoslavia ci hanno detto di aver trovato il nostro libro ricco di spunti interessanti e di notizie che non conoscevano, quindi tutto sommato può raccontare qualcosa di nuovo persino a chi per nascita è già esperto della materia.
Ha anche individuato un []e, laddove si parla degli jugoslavi nelle colonie di Stato e non negli alberghi (anche se una cosa non esclude necessariamente l’altra): va bene anche questo, perché quale libro è senza []i? Lei può affermare in tutta sincerità che nei libri che ha pubblicato non ci sia nemmeno il più piccolo []e, nemmeno un refuso che le sia involontariamente sfuggito? Dell’imprecisione ci dispiace, certo, ma poi può essere corretta, come senz’altro faremo in questo caso se ci sarà una seconda edizione del nostro libro.
Ma a proposito di []i, ci preme segnalare a lei e ai lettori che purtroppo nella sua recensione ha distorto in diversi punti quanto da noi scritto, e ci teniamo a chiarire la nostra posizione e i reali contenuti del libro.
Riguardo alla questione dei Balcani, ad esempio, contrariamente a quanto lei afferma conosciamo bene il volume di Maria Todorova (lo trova infatti riportato in bibliografia) e le cose di cui lei ci accusa c’entrano ben poco con quello che abbiamo scritto. Per chi non avesse letto il nostro libro, nell’introduzione scriviamo infatti che in Italia (ed Europa) spesso usiamo la parola “Balcani” senza renderci conto né di cosa siano dal punto di vista geografico (e il punto di vista geografico, al contrario di quanto scritto nella recensione, lo conosciamo, visto che lo abbiamo presentato nel testo), né del fatto che le persone nate nei paesi denominati “Balcani” per vari motivi non amano essere etichettate con questo termine: allora il nostro invito è quello di viaggiare per incontrarle, lasciando perdere le etichette.
All’atto pratico il nostro viaggio si è svolto in Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia e Montenegro, che per l’appunto sono paesi della ex Jugoslavia: da qui la coincidenza da lei rilevata fra i Balcani del titolo e la ex Jugoslavia, che poi è stata inserita nel sottotitolo solo per chiarire meglio dove si fosse effettivamente svolto il viaggio (non perché siamo mai state convinte né abbiamo mai detto che le due cose coincidessero).
Le segnaliamo inoltre che nel testo non abbiamo affatto usato “con insistenza il termine ‘Balcani’” come da lei affermato (se non nell’introduzione in cui appunto lo mettiamo in discussione), ma lo abbiamo inserito solo quando si parlava di “guerra nei Balcani”, espressione con cui la guerra del decennio Novanta nella ex Jugoslavia è comunemente nota in Italia. Per il resto non lo abbiamo praticamente usato (e prima di risponderle abbiamo ricontrollato il pdf del volume), perché per mestiere siamo attente alle parole, e se questo viaggio ci ha insegnato qualcosa è stato proprio a non parlare con leggerezza di “Balcani”. L’unica eccezione è il capitolo sulla gastronomia, dove ci occorreva un termine ombrello che abbracciasse tutti i paesi da noi visitati: lì sì, lo abbiamo usato, ma il tema era “leggero” e ripetere ogni volta l’elenco dei cinque paesi di cui stavamo parlando avrebbe appesantito il testo.
Inoltre, lei afferma che non abbiamo fornito i riferimenti delle fonti relative al brutalismo, ma nemmeno questo corrisponde al vero e la invitiamo ancora una volta a leggere con attenzione il libro, in particolare la bibliografia, dove troverà citati i testi che cerca.
Le segnaliamo infine un’altra inesattezza riportata nella sua recensione: a suo dire in copertina si legge che abbiamo fatto questo viaggio “a piedi e in bicicletta”, e si stupisce perché poi parliamo delle multe che abbiamo preso. In realtà confonde il nostro profilo biografico, dove si dice che nella vita siamo “viaggiatrici a piedi e in bicicletta”, con il testo, dove invece chiariamo più volte che questo particolare viaggio lo abbiamo fatto in auto. La presunta incongruenza che (ancora una volta) le fa affermare che siamo poco attendibili deriva in realtà da una sua lettura disattenta, non da una nostra effettiva mancanza di attendibilità.
Sorvoliamo invece sul fatto che il nostro ritratto biografico di Tito sia a suo dire poco “onesto” e poco “completo”: abbiamo sintetizzato nel modo più attento possibile quello che abbiamo letto in varie biografie che troverà citate in fondo al volume, prima fra tutte quella a nostro parere ottima e documentatissima di Jože Pirjevec, Tito e i suoi compagni. Quanto alla completezza, come possono ben capire i lettori, il nostro libro non era certamente il luogo per fornire un ritratto esaustivo di un personaggio storico così importante: questo è compito degli storici, mentre noi ci siamo limitate a raccontare il viaggio e gli aspetti che viaggiando, leggendo e parlando con la gente del posto abbiamo potuto conoscere dei paesi attraversati e della loro storia.
E veniamo adesso alle cose inaccettabili, che nella sua recensione sono due: la diffamazione e il tono costantemente offensivo e sprezzante nei nostri confronti.
Per noi è diffamazione affermare, come lei fa, che avremmo fatto “un ampio ricorso al metodo del copia-incolla” e addirittura citato altri autori senza virgolettarli. Siamo autrici e traduttrici letterarie da tanti anni (se ritiene di perdere qualche altro minuto può visitare il nostro sito www.cosierepossi.com dove troverà buona parte dei nostri lavori), prendiamo molto sul serio il nostro lavoro, e ogni cosa che scriviamo o traduciamo la controlliamo e ricontrolliamo incrociando più fonti. Se citiamo un autore, quindi, lo virgolettiamo sempre. Perciò troviamo diffamante la sua accusa di aver “copiato” da altri: Rumiz lo abbiamo letto ma di certo non copiato, di Floramo abbiamo letto Balkan Circus ma per quanto interessante non lo abbiamo utilizzato come fonte per il nostro lavoro (e questa è la ragione per cui non lo trova riportato in bibliografia) ed Emilio Rigatti non lo abbiamo (ancora) letto, quindi non vediamo proprio come avremmo potuto copiarlo. Le chiederemmo di avere la nostra stessa onestà intellettuale e, prima di lanciare accuse gravi e infondate come queste, di segnalarci i paragrafi che secondo lei avremmo copiato: si sforzi di farlo e vedrà bene che non ce ne sono.
E veniamo infine al tono offensivo e sprezzante nei nostri confronti, con attacchi sia a livello professionale che personale: perché tanta virulenza, che cosa le abbiamo fatto con queste pagine? Avrebbe potuto scrivere la sua recensione criticando la “mancanza di originalità” e l’“[]e” e affermando che il libro “non le era piaciuto”, ma perché mai insultarci? Questo fatto, unito al suo frequente travisamento di quanto da noi scritto, ci fa pensare che in qualche modo il nostro scritto, anche solo per i temi di cui parla o per il fatto di esistere e ricevere qualche attenzione, abbia toccato in lei corde dolorose, causando rabbia e confondendole la mente, e se da un lato continuiamo a trovare inaccettabile il fatto di essere insultate, dall’altro ci dispiace per lei. Le auguriamo perciò di trovare la serenità e le gratificazioni umane e professionali che desidera. Chissà che a quel punto, riprendendolo in mano, non possa limitarsi a dire: “Non mi piace, è poco originale e c’è anche un []e” e poi chiuderlo e dimenticarlo come si fa con i libri che non ci sono piaciuti.
Pistoia, 29 febbraio 2020