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Donne in Nero e Balcani: un volto del pacifismo italiano

In occasione della Giornata internazionale della Donna, OBC propone una galleria fotografica sulle Donne in Nero, rete transnazionale di attiviste impegnate per la pace. I materiali presentati sono stati raccolti nel corso della ricerca “Cercavamo la Pace”. Un fotoracconto a cura di Marzia Bona

A partire dal 1988, alcune pacifiste israeliane e palestinesi adottano una modalità fortemente simbolica per manifestare contro il governo israeliano, scendendo in piazza le une affianco alle altre, in silenzio e vestite di nero. La forza di questa forma di protesta colpisce l’immaginario di molte pacifiste nel resto del mondo, che lo trasferiscono nei rispettivi paesi, per promuovere una cultura di pace ed opporsi alla guerra, al militarismo ed altre forme di violenza. Alle azioni negli spazi pubblici si accompagna l’elaborazione politica, che fa della comune appartenenza di genere la base da cui partire per opporsi al nazionalismo dilagante e al militarismo.

I primi gruppi di Donne in Nero si attivano in Italia nel 1990 e le loro iniziative vertono inizialmente sulla guerra del Golfo. “A partire dall’estate del 1991, abbiamo sentito il bisogno di occuparci della crisi Jugoslava per capire meglio quello che stava succedendo”, si legge nell’auto-storia delle Donne in Nero di Mestre-Venezia. Da quel momento, iniziano viaggi di conoscenza che portano molte Donne in Nero italiane ad attraversare lo spazio della ex-Jugoslavia per conoscere, capire e manifestare la propria solidarietà alle persone colpite dalle guerra.

Non è facile “dare un volto” ai movimenti sociali, ma nel caso delle Donne in Nero si può individuare una pratica che contraddistingue il loro attivismo: sono le così dette vigils, una forma di protesta silenziosa per esprimere dissenso verso le azioni dei propri governi e solidarietà verso le vittime dei conflitti.

"Nelle nostre riflessioni sulla guerra, era già emerso il desiderio di incontrare donne che vivessero quei conflitti concretamente nella loro quotidianità. Noi siamo qui soprattutto per ascoltarvi, perché non è facile sostenere il pensiero della vostra vita, da una parte una donna che vive “sotto l’occupazione”, ogni giorno un’ingiustizia, un sopruso, un’offesa, dall’altra “una donna che porta il lutto della sua gente che opprime e uccide un’altra gente, i vicini, i fratelli di terra, i nemici. […] Partendo dal nostro spaesamento, originato dall’esilio dalla storia e dal linguaggio, intraprendiamo il nostro viaggio nel mondo e per fare questo dobbiamo scoprire e produrre la nostra origine ed appartenenza, non tanto come riscoperta delle radici, quanto come costruzione collettiva di una radice di genere".

Donne in Nero di Mestre e Venezia, 24 aprile 1991

Nel luglio 1991 alcune Donne in Nero italiane partecipato ad incontri in Croazia, Slovenia e Serbia, e pochi mesi dopo gli incontri si ripetono durante la Carovana della Pace da Trieste a Sarajevo (settembre 1991). Il 9 ottobre 1991, un fax da Belgrado informa che anche lì, le donne hanno iniziato a manifestare in piazza, in silenzio e vestite di nero. Da Belgrado questa forma di protesta si diffonde rapidamente in molte altre città della ex-Jugoslavia e diventerà una delle forme più visibili e persistenti di resistenza alla guerra durante gli anni ’90.

"L’adesione delle donne di Capodistria è stata tanto pronta da colpirci. Appena le nostre compagne Jugoslave hanno steso gli striscioni bilingue "Fuori la guerra dalla storia", mentre ci allineavamo lungo uno dei lati della piazza Tito, un folto gruppo di donne del posto si è aggiunto a noi e per tutta l’ora il nostro numero non ha smesso di crescere. Di tratto in tratto un’altra passante ci raggiungeva e prendeva posto tacitamente accanto a noi, all’estremità della fila".

9 ottobre 1991, una Donna in Nero di Venezia-Mestre

Ai primi incontri segue la creazione di uno spazio di incontro per le donne provenienti dalle diverse Repubbliche della Federazione Jugoslava, che nel 1992 sono già divise dai confini della guerra. Nel febbraio 1992, a Venezia, si tiene un incontro fra le donne della ex-Jugoslavia – uno spazio di dialogo che non è disponibile nei territori coinvolti nel conflitto. La comunicazione fra Serbia e Croazia è infatti interrotta dal settembre ’91. Questo spazio di incontro civico anticipa altre esperienza di facilitazione del dialogo fra esponenti dell’opposizione, come il Verona Forum.

Al primo incontro a Venezia, seguono i convegni internazionali organizzati annualmente a Novi Sad.

“Le donne si vestono in nero per la morte delle persone vicine. Invece noi ci vestiamo in nero per la morte delle persone sconosciute e conosciute, vittime di questa guerra. Ci vestiamo di nero per protestare contro i “leader” irresponsabili e nazionalisti, responsabili per le vittime di questa guerra. Il silenzio l’abbiamo scelto per dimostrare che silenzio non significa approvazione. Il colore nero e il silenzio esprimono il nostro rifiuto di questa guerra e di ogni guerra.”

Belgrado, 9 ottobre 1991

Donne in nero contro la guerra

"La nostra politica femminista vuole esprimere il carattere pubblico della resistenza politica. Il 9 ottobre 1991 ci siamo organizzate come Donne in Nero: da allora in poi ogni mercoledì siamo in strada…e ripetiamo: “Non parlate a nostro nome. Noi parliamo a nome nostro”. Non abbiamo fermato la guerra, ma neppure abbiamo ceduto all’impotenza e alla rassegnazione. […] Il nazionalismo non ci ha separate, ma ha generato in noi, donne della ex-Jugoslavia, difficoltà diverse. Abbiamo voluto recuperare la fiducia solidale anche attraverso lettere e piccoli “grandi” incontri internazionali. Abbiamo cercato di creare lo spazio per esprimere e riconoscere le differenze".

Belgrado, 3 novembre 1996

Donne in Nero contro la guerra

"Non vogliamo ghettizzare la nostra esperienza di donne come “questione di donne”: Non ci rassegniamo a diventare vittime del militarismo, ma con piccoli e perseveranti atti di resistenza non violenta, vogliamo mettere in difficoltà i principi e gli ingranaggi militari".

Belgrado 3 ottobre 1996

Donne in Nero

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