Dimitrije Tucović: un socialista, una piazza e la Prima guerra mondiale

L’attesa rivisitazione architettonica di piazza Slavija, una delle principali di Belgrado, ha molto a che fare con la figura di Dimitrije Tucović, importante esponente del Partito socialdemocratico serbo ad inizio ‘900. L’intreccio tra storia, politica e architettura nel centenario della Grande guerra

16/01/2014, Marco Abram -

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Il rendering di uno dei progetti per la nuova piazza

Nel centro della piazza più trafficata di Belgrado – Slavija – si trovano da più di sessant’anni anni il busto commemorativo e la salma di Dimitrije Tucović. Il leader politico ed esponente di primo piano del Partito socialdemocratico serbo di inizio Novecento fu trasferito nella capitale il 20 novembre del 1949, trentacinque anni dopo la sua morte. Lì venne sepolto accompagnato dalle note dell’Internazionale, alla presenza di centinaia di belgradesi e dei vertici del Partito comunista provenienti da tutta la Jugoslavia.

La piazza assunse allora il nome di Dimitrije Tucović e la scelta portò a compimento agli occhi dei funzionari del Partito un ideale percorso storico: dai primi passi del movimento dei lavoratori alla presa di potere comunista dopo la Seconda guerra mondiale. Oggi conosciuta soprattutto per gli ingorghi e per il "primo Mcdonald’s dell’Europa orientale" (marzo 1988), la piazza era infatti all’epoca considerata uno dei luoghi più significativi per il socialismo serbo e jugoslavo, dove fin da inizio secolo si erano tenute le manifestazioni per il primo maggio e dove nel 1919 era stato fondato il Partito comunista della Jugoslavia.

Con tutta probabilità nei prossimi mesi piazza Slavija, punto d’arrivo del principale asse urbanistico cittadino, vivrà un’attesa ristrutturazione urbanistica ed architettonica. Tuttavia, del destino del monumento e dei resti di Dimitrije Tucović, si è parlato molto poco. Il fatto che il 2014 vedrà, oltre al centenario dell’inizio del Primo conflitto mondiale anche quello della sua morte, avvenuta combattendo in una guerra che aveva fortemente osteggiato, non è per il momento oggetto di dibattito pubblico.

Per quanto oggi la consapevolezza della sua esperienza e del suo pensiero siano ridotti ad ambienti circoscritti, Dimitrije Tucović rimane una figura di indubbia rilevanza nella storia politica della regione.

Nato in un paese della Serbia meridionale nel 1881, all’età di diciott’anni si trasferisce a Belgrado per motivi di studio e comincia a frequentare gli ambienti socialisti. Quando nel 1903 viene fondato il Partito socialdemocratico serbo ne diventa uno dei principali esponenti e nel decennio successivo si dedica ad un intenso attivismo che, oltre all’impegno nella scena politica locale, lo vede protagonista di numerose iniziative promosse dal movimento socialista internazionale. Il 1912 e lo scoppio della Prima guerra balcanica inaugurano lunghi anni di guerra per la Serbia. Tucović, come molti suoi connazionali, viene mobilitato e partecipa alla spedizione in Albania; l’esperienza si ripete nel luglio 1914, quando deve rivestire la divisa per difendere il paese dall’offensiva austro-ungarica seguita all’attentato di Sarajevo.

In quegli anni, alla guida dello sparuto proletariato della Serbia dell’epoca, si batte per i diritti dei lavoratori e per una maggiore giustizia sociale, mentre in politica estera è schierato in difesa del diritto della Serbia alla propria indipendenza, denunciando l’"imperialismo" asburgico e ottomano. Diversamente da altri socialdemocratici slavo-meridionali dell’epoca non trova particolare interesse nell’idea jugoslava, ma sostiene con forza la necessità di promuovere una federazione di tutti i popoli balcanici, basata su rispetto e collaborazione, come unico modo per garantire un futuro alla regione di fronte alle politiche delle grandi potenze europee. Soprattutto dopo l’esperienza delle guerre balcaniche, critica duramente anche quello che considera l’imperialismo dei paesi balcanici – non diverso da quello occidentale – condannando le mire espansionistiche dei neonati stati della regione, il militarismo e le violenze sui civili da parte degli eserciti. Si scaglia in primo luogo contro la “propria borghesia”, contro la “politica granserba” di Belgrado, scrivendo che la Serbia nelle guerre balcaniche “non ha raddoppiato solo il suo territorio, ma anche i suoi nemici esterni”. Particolarmente forti sono quindi le pagine di denuncia della brutalità dell’esercito di cui fa parte nei confronti della popolazione albanese durante la campagna militare del 1912.

Nel 1914 riesce a dare alle stampe “Serbia e Albania”, il suo testo certamente più noto, che oltre a sistematizzare tali riflessioni, studia per la prima volta in modo approfondito i rapporti dell’epoca tra i due popoli balcanici. Sono tuttavia mesi particolarmente frenetici e l’estate porta con sé il cosiddetto “entusiasmo d’agosto”, che accompagna in Europa i preparativi all’imminente conflitto. Di fronte ai venti di guerra la stessa Seconda internazionale – che riuniva i partiti socialisti e socialdemocratici europei – finisce per sfaldarsi e i partiti socialisti dei più grandi paesi europei sposano le rispettive cause nazionali, allineandosi alle posizioni dei propri governi. Il piccolo Partito socialdemocratico serbo di Tucović è tra le poche formazioni del continente a sottrarsi a tali logiche, rimanendo fedele ai principi dell’antimilitarismo socialista e votando in parlamento contro i cosiddetti “crediti di guerra”. Nei dibattiti in aula e sulla carta stampata condanna le responsabilità del governo serbo nell’attentato di Sarajevo e lo accusa di condurre il popolo serbo ad una guerra disastrosa.

La piazza nel 1951

Sono comunque numerosi i dirigenti e i militanti che finiscono al fronte a combattere le forze austro-ungariche, tra questi anche Dimitrije Tucović che cade il 20 novembre dello stesso anno nella battaglia della Kolubara. La sua memoria viene recuperata dopo la Seconda guerra mondiale, soprattutto con il rilancio da parte di Tito dell’idea di federazione balcanica ed in seguito alla rottura tra la Jugoslavia e l’Unione sovietica di Stalin, che riporta l’attenzione sulla tradizione socialista autoctona. A lui vengono intitolate scuole e vie in tutto il paese.

Nel corso degli anni il busto collocato a Belgrado vede però la piazza intorno a sé trasformarsi in snodo viario e commerciale privo di qualsivoglia carattere monumentale. Con la transizione degli anni novanta e duemila la piazza riottiene quindi la tradizionale denominazione Slavija e, come per tutta la capitale, si progettano grandi ristrutturazioni sia urbanistiche che ideologiche. Sono con ogni probabilità le difficoltà economiche a lasciare Tucović al proprio posto fino ad oggi, in stato di semiabbandono e ricordato solo in occasione di qualche sporadica manifestazione sindacale.

Se i tempi saranno rispettati, il 2014 sarà l’anno in cui quest’importante area cittadina comincerà ad intravedere il proprio futuro urbanistico-architettonico. Un concorso pubblico ha raccolto nei mesi scorsi molti progetti e secondo quanto programmato dalle autorità cittadine i lavori dovrebbero iniziare in estate.

Il centro della piazza, dove oggi è collocata la salma di Tucović, ospiterà una grande fontana, mentre il monumento verrà spostato in uno spazio verde adiacente, proprio di fronte alla nuova sede della  Banca nazionale. Per quanto riguarda le spoglie si è accennato alla possibilità di un trasferimento nel cimitero di Belgrado, nell’area che ospita i personaggi pubblici.

È però evidente che nell’ambito delle commemorazioni del 2014 in Serbia, dedicate al centenario dello scoppio della Grande guerra, non è al momento prevista una riflessione su una delle vittime più illustri di quel conflitto. Il pensiero di Tucović viene confinato in un tempo politico e ideologico considerato ormai lontano e superato, ma non sembrano essere solo queste le ragioni di tale marginalità: la fede comunista non ha impedito ad Aleksandar Ranković – per molti anni ai vertici della struttura di potere titina – di essere ricordato l’agosto scorso, nel trentennale della sua morte. Se la figura di Ranković viene riabilitata da più parti sostanzialmente in senso patriottico, l’eredità del leader socialdemocratico fatica ad essere presa in considerazione nella sua complessità, non sempre accomodabile rispetto a questioni che riguardano ampiamente la storia serba del secolo scorso e l’odierno rapporto con essa. L’anno del centenario, il 2014, farà forse finalmente chiarezza sullo spazio fisico e ideale che la Serbia democratica vuole dedicare alla memoria di Dimitrije Tucović.

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