Destino d’immigrato

Andrea parla sette lingue, fa il cameriere in uno dei migliori hotel di Naxos, considera la Grecia la sua seconda patria e gli piacerebbe trovare un lavoro a tempo pieno, ma se non dovesse riuscirci non esclude la possibilità di ritornare a casa. Sogni e racconti di un immigrato. Nostra traduzione

28/12/2005, Redazione -

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Un'isola greca

Un’isola greca

Di Didalia Papakonstantinou – Le Courrier des Balkans
Traduzione a cura di Osservatorio sui Balcani
Poco importa quale fosse la loro vocazione nel paese natale, qui compiono il loro dovere in modo coscienzioso e senza lamentarsi. La maggior parte dei turisti stranieri non arriva nemmeno a sospettare che chi li sta servendo non è greco. L’assenza di tratti somatici differenti e spesso anche l’assenza di accento non svela l’origine straniera di questi lavoratori, a volte non se ne rendono conto neppure i turisti greci. Imparano velocemente e spesso bene la lingua e si adattano facilmente alla mentalità greca. Sbarcano sulle isole per lavorare. Quando la stagione si conclude, ripartono per trovare lavoro ad Atene, o in un’altra città, o in un altro Paese. Alcuni rimangono sulle isole, in attesa della stagione successiva. Ciascuno segue il proprio destino, ma sono tutti accomunati dall’essere immigrati per ragioni economiche.

Nel ristorante di uno dei migliori hotel di Naxos, il cameriere arriva senza far aspettare. E’ alto, bello, ha gli occhi azzurri e circa 35 anni. Poco prima parlava italiano con dei clienti seduti al tavolo affianco. Verso di noi si rivolge in un buon francese, io rispondo in greco. "Ah, siete greca!", si stupisce. Parla in greco con me ed in francese con il mio amico. Ancora convinta che si tratti di un cameriere greco gli chiedo quante lingue parli. "Sette" mi risponde, e poi aggiunge: "Sono albanese". Dopo il pasto, gli chiedo in modo discreto se non gli dispiacerebbe di dedicarmi un po’ del suo tempo libero per raccontarmi della sua vita di immigrato albanese in Grecia. Accetta volentieri ed il giorno dopo lo incontro durante la sua pausa pranzo tra un turno ed il successivo.

Diplomato in una scuola turistica in Albania Andrea ha un buon posto di lavoro in un Grand Hotel ed è soddisfatto della sua vita. Dopo la caduta del regime totalitario ha lasciato il proprio Paese con la prima ondata di emigrazione. Attraverso l’Italia è arrivato, nel 1991, in Grecia. Ha lavorato inizialmente in campo edilizio e poi ha trovato lavoro nella ristorazione. Da sette anni vive a Naxos e lavora come cameriere. Qui non occupa lo stesso posto che occuperebbe in Albania ma è contento di aver trovato lavoro. "Non si sputa nella minestra in cui si mangia", spiega. Come molti altri lavora solo l’estate. Gli inverni poi sono difficili perché occorre vivere esclusivamente di ciò che si è messo da parte. Considera la Grecia la sua seconda patria e gli piacerebbe trovare un lavoro a tempo pieno, ma se questo non gli dovesse riuscire, non esclude l’ipotesi di tornare "a casa mia", in Albania ed aprire una propria attività.
Precarietà e lavoro stagionale
Nonostante 15 anni passati da emigrato resta ancora legato al suo Paese natale. Se vi trovasse un’opportunità lavorativa lascerebbe volentieri la Grecia, anche se ne conserverà un buon ricordo. "Non so per gli altri, ma io ho passato dei bei momenti qui", afferma. L’unico problema è legato alla sua realizzazione professionale. Il lavoro stagionale che esercita non corrisponde alla sua qualifica e non gli permette di affrontare con tranquillità le sue spese quotidiane. "In Grecia non mi sono mai sentito come uno straniero ai margini della società. Non so se ho avuto solo fortuna o se questo dipende dal mio carattere espansivo, che mi rende bene accetto. Il mio unico problema è che non faccio il lavoro che vorrei e che ero abituato a fare in Albania".

I motivi alla base di questa situazione professionale sono complessi ma uno degli ostacoli principali è legato al fatto che, sino al 1998, la sua situazione di immigrato non era regolarizzata. Si sente ben integrato in Grecia, ma non vuole essere assimilato. "Sono albanese", ripete Andrea. Ciò che lo spingerà a rientrare nel proprio Paese sarà la ricostituzione di un chiaro quadro legale. Ritiene che la vita in Albania sia già in parte migliorata ed osserva con attenzione l’adeguamento delle leggi del Paese a quelle dell’UE. Il fatto che si tratti di un Paese piccolo permetterà ai cambiamenti di essere rapidi.
Un "buon" immigrato?
Andrea veicola le caratteristiche tipiche di un buon immigrato originario dell’est Europa. E’ un lavoratore, ottimista, possiede una forte capacità d’adattamento all’ambiente in cui si trova. Sembra far parte di quella categoria di onesti ingegnosi che, al posto di sprecare le proprie energie per lamentarsi, assumono uno sguardo positivo sulla realtà, sguardo che non può che migliorare la loro situazione. Ieri ha abbandonato il proprio Paese per cercare del lavoro, oggi è felice di averne uno (anche se non è il lavoro ideale) in un Paese vicino. E domani?

Partirà forse per l’America per ragioni puramente economiche. "Amo molto la Grecia, è un Paese magnifico, ma per i turisti, non per noi", spiega in modo molto sincero, senza rancori né ironia, ma nemmeno senza recriminazioni. "Oggi la patria è dove si vive meglio" e poi aggiunge "la patria nel mio cuore è l’Albania, ma la mia seconda patria è la Grecia".

Essere albanese lo ha penalizzato nel relazionarsi con i greci? "All’inizio sì. Mi guardavano un po’ di sbieco, anche perché alcuni miei compatrioti hanno fatto cose che non vanno. E’ come se per lungo tempo si fosse rinchiuso un animale in una gabbia, quando la si apre morde. Quando sono state aperte le frontiere, alcuni albanesi, ma non certo tutti, a causa di mancanza d’educazione, hanno commesso dei crimini ed hanno dato un’immagine negativa della nostra comunità".

Andrea pensa che se la situazione economica in Albania dovesse migliorare, gli immigrati albanesi in Grecia rientreranno nel loro Paese. Pensa inoltre che chi vorrà rimanere in Grecia non avrà problemi ad integrarsi perché sono già stati accettati. Gli chiedo se gli immigrati possano portare qualcosa di positivo al Paese e lui mi porta esempi di immigrati pieni di talento, di alta scolarizzazione, le cui competenze sono una grossa opportunità per il Paese che li accoglie.

L’invito che Andrea fa a tutti i popoli dei Balcani è quello di essere uniti. "I Balcani sono una botte, facilmente infiammabile a causa delle minoranze", afferma. Crede nel sogno dell’Europa unita della quale faranno parte tutti i Paesi balcanici.

Il sogno di Andrea, come quello di milioni di altri immigrati dell’Europa dell’est, si realizzerà? Lo mostrerà il futuro. Per ora si tratta di gente sradicata che si batte per sopravvivere e prova ad adattarsi alla realtà dell’esilio, tanto quello imposto che quello volontario. Molti tra loro sperano che il proprio Paese entri presto a far parte dell’UE in modo da poter lavorare più facilmente all’estero. Altri, per contro, aspettano con impazienza il giorno in cui nel proprio Paese verrà adottata una normativa europea e di conseguenza standard europei in modo che possano ritornare. Sogni di emigranti ….

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