Delta del Danubio, salvare lo storione
Ambiziosi progetti europei sostengono la protezione dello storione, pesce simbolo del Danubio. Tuttavia senza il supporto della comunità locale e compensazioni per i pescatori l’obiettivo di salvare il pesce più iconico del grande fiume resta lontano

Delta-del-Danubio-salvare-lo-storione
© Pavel Filatov/Shutterstock
Con il suo aspetto preistorico, la sua vita lunghissima e misteriosa e le enormi dimensioni – ma soprattutto con il suo tesoro, il caviale, che ha promesso (e raramente mantenuto) favolose ricchezze – lo storione è sicuramente il pesce più iconico del Danubio. Nel Delta, è anche una delle fonti principali di sostentamento e una componente importante della cultura locale.
Dopo essere state portate sull’orlo dell’estinzione dalla pesca eccessiva e dalla distruzione degli habitat, le specie presenti nel grande fiume sono finalmente protette, grazie a intensi sforzi di conservazione, in gran parte realizzati con fondi europei in tutto il bacino del fiume. Tra questi un progetto, focalizzato sul Delta, ha cresciuto in una stazione galleggiante ormeggiata al porto di Tulcea 25mila giovani pesci.
Tuttavia senza il coinvolgimento della popolazione locale, e soprattutto senza adeguate misure di compensazione con i pescatori privati della loro fonte di reddito principale, il futuro di questi animali resta incerto.
Chi sono gli storioni e perché sono in pericolo
Il Danubio è uno degli ultimi fiumi d’Europa dove gli storioni si riproducono ancora naturalmente. Nelle sue acque ne vivono 4 specie (erano 5 fino a qualche anno fa): lo storione russo, lo stellato, lo sterletto, e naturalmente il “beluga”, il grande storione bianco. Si dice ne siano stati pescati esemplari di 9 metri, anche se oggi raramente raggiungono i 5.
Abituati a vivere sui fondali, gli storioni sono difficilmente osservabili, e della loro vita fino a pochi anni fa non si sapeva molto. Sono quasi tutti anadromi, cioè vivono gran parte della vita in mare ma risalgono i fiumi per riprodursi (tranne lo sterletto, che resta sempre nel Danubio). Possono vivere oltre i 50 anni (a volte fino a 100) e sono cambiati pochissimo negli ultimi 200 milioni di anni, meritandosi il soprannome di “fossili viventi”.
La caratteristica che ha portato alla loro rovina (la maggior parte delle specie è in pericolo critico o già estinta) è però un’altra: il caviale. Una singola femmina ne può contenere dai 2 ai 5 chili, fruttando migliaia di euro. Non sorprende quindi che l’85% delle 26 specie esistenti sia a rischio estinzione. A peggiorare la situazione è la stessa caratteristica che rende questa merce così costosa: la rarità. Pochissimi tra gli esemplari catturati la possiedono: iniziano a riprodursi tardi (anche dopo i 12 anni), e i maschi sono indistinguibili dalle femmine.
Nel Danubio la pesca di queste specie è stata proibita nel 2006, e dal 2021 il bando è permanente, ma il bracconaggio resta diffuso.
La pesca illegale non è però l’unica minaccia. “La costruzione di dighe come quella delle Porte di Ferro, che hanno interrotto il percorso di migrazione degli storioni, è stata determinante nel declino di questi pesci. Pesa anche la distruzione degli habitat, come quando si approfondisce un canale per rendere il fiume navigabile”, spiega Cristina Laura Munteanu, coordinatrice nazionale per la conservazione dello storione per il WWF Romania.
“Ogni forma di rettifica ai corsi d’acqua li rende più veloci, e gli storioni non sono grandi nuotatori”. Dal 2024 si è tornati a parlare di una nuova diga sul Danubio a Nikopol. “Se venisse realizzata – commenta Munteanu – sarebbe una pessima notizia”. Su tutto incombe il cambiamento climatico: “Sicuramente le temperature più alte potrebbero modificare i periodi riproduttivi e causare ulteriore stress, soprattutto in estate, ma finora non c’è stato modo di quantificare gli effetti”.
Gli sforzi per la salvaguardia
Nel Danubio, la pesca dello storione ha iniziato a crollare verso la fine del ‘900, con un’accelerazione a partire dagli anni ‘80, e un ulteriore peggioramento nei ‘90. Nel frattempo, però, a livello globale, europeo e anche regionale la sensibilità aumentava. Oltre alla Romania, che ha proibito la pesca nel 2006, anche i paesi vicini (Bulgaria e Ucraina) hanno adottato misure simili.
È nato un piano d’azione pan-europeo per gli storioni e sono state intraprese molte altre iniziative, in gran parte aderenti al programma LIFE, con la partecipazione di associazioni ambientaliste come il WWF, tra cui LIFE for Danube Sturgeons tra il 2016 e il 2020, e LIFE-Boat4Sturgeon , attualmente in atto, coordinata dall’Università BOKU di Vienna.
Questa iniziativa si concentra sul ripopolamento lungo tutto il corso del fiume attraverso il rilascio di piccoli allevati in una stazione galleggiante. Alcuni progetti rientrano nell’ambito delle politiche europee di coesione, come MonStur , appena inaugurato e che si propone di operare a livello dell’intero bacino.
La stazione galleggiante nel Delta
Ormeggiata lungo le rive del Danubio a Tulcea, una stazione galleggiante dalla prua piatta e ricoperta di pannelli solari sembra una piccola nave scientifica. È il cuore del progetto Dezvoltarea Stației de monitorizare a peștilor migratori: sturioni și scrumbie – Isaccea , finanziato con fondi di Coesione per monitorare, proteggere e allevare due specie simbolo del grande fiume: gli storioni e l’alosa del Danubio, anch’essa oggi vulnerabile per la pesca eccessiva.
Sviluppato in due fasi, con un budget complessivo di circa 15 milioni di euro, il programma è guidato dall’Amministrazione della Riserva della Biosfera insieme all’Istituto Nazionale di Ricerca-Sviluppo del Delta di Tulcea. Partito nel 2023, si concluderà alla fine di quest’anno.
Nel corso di tre anni i ricercatori hanno incubato e rilasciato oltre 25mila giovani pesci in diverse sezioni del Delta, all’interno di tre siti Natura 2000. Non solo: hanno catturato esemplari adulti per impiantare un minuscolo microchip sotto la pelle, in modo da seguirne i movimenti e ricostruire le rotte migratorie. Sforzi particolari, raccontano i responsabili, sono stati dedicati allo storione russo, la specie più minacciata.
Accanto alle attività scientifiche, il progetto ha aperto le porte alle comunità locali e alle scuole, con eventi e incontri per spiegare l’importanza di queste specie e coinvolgere le nuove generazioni. Perché, sottolineano i ricercatori, senza consapevolezza e partecipazione, anche le tecnologie più avanzate rischiano di non bastare a salvare gli antichi giganti del Danubio.
Senza la comunità lo storione non si salva
“I progetti per la salvaguardia degli storioni sono fondamentali e cominciano a dare risultati: dal 2023, ad esempio, abbiamo accertato la riproduzione naturale dello storione russo”, spiega Munteanu. “Ma il problema non sarà mai davvero risolto se non si affrontano le gravi conseguenze che il divieto di pesca ha avuto sulle comunità locali”. Nei villaggi del Delta, infatti, il bracconaggio non è solo diffuso ma è socialmente accettato.
La pesca allo storione, ricorda, ha un enorme valore economico ma anche un profondo significato culturale. “È sempre stata un’attività difficile, che richiede abilità e tecniche raffinate. I pescatori si sentivano l’orgoglio del Delta, ma da un giorno all’altro si sono trovati a essere additati come criminali”.
Il problema, aggiunge George Caracas (Project Manager delle iniziative del WWF Romania dedicata agli storioni), è che a oggi non c’è nessuna compensazione reale per i mancati introiti. “Molti rifiutano il divieto, ma bisogna capire che da quando è stato imposto non sono mai stati consultati. Nel 2006, durante il primo bando, le compensazioni erano previste; nel 2012, quando fu rinnovato, non è successo nulla, e nella legge che oggi lo rende permanente non c’è traccia di indennizzi”.
Le istituzioni, aggiunge, pensano che i pescatori possano orientarsi verso altre specie, come l’alosa. “Ma non è la stessa cosa: il valore è completamente diverso”. Le compensazioni spetterebbero allo Stato, mentre l’amministrazione della Riserva non ha poteri in materia.
“I pescatori hanno citato in giudizio lo Stato più volte, ma finora non hanno ottenuto risultati. Qui è difficile ottenere qualcosa dal governo. Se i fondi arrivassero dall’Unione europea, forse, ci sarebbe più speranza”.
Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Cohesion4Climate" cofinanziato dall’Unione europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.
Galleria fotografica
Tag: Cohesion for Climate














