Danas’, il «Pioniere dei media liberi»

Intervista con Grujica Spasovic, caporedattore e responsabile del quotidiano belgradese ‘Danas’, dopo l’assegnazione del premio internazionale ‘Pioniere dei media liberi’.

17/06/2002, Ada Soštarić - Belgrado

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– Volete raccontare un po’ la storia del giornale, come tutto è iniziato e come si è arrivati all’uscita del primo numero del quotidiano ‘Danas’ il 9 giugno 1997?

Tutto iniziò ancora prima della Ottava seduta della Lega dei Comunisti, all’incirca negli anni 1986-87. A quel tempo a capo del giornale ‘Borba’ arrivò Stanislav Stasa Marinkovic e iniziò a raggruppare una equipe di giovani, cercando di far rivivere un giornale che era già clinicamente morto.Quello fu un periodo veramente importante per lo sviluppo del giornalismo serbo e jugoslavo, perché all’epoca esisteva ancora il sistema monopartitico, ma anche perché la Jugoslavia iniziava a frantumarsi. Dietro ‘Borba’ c’era il vertice federale (lo stato della ex Jugoslavia). Ciò significa che se da un lato era possibile respirare un po’ più facilmente, ossia scrivere in modo aperto e libero – visto che il governo di Ante Markovic sosteneva politicamente il quotidiano – dall’altro lato iniziarono a litigare le oligarchie delle repubbliche (ex Jugoslavia). Per esempio se ci avesse attaccato qualcuno di Zagabria, Belgrado ci avrebbe difeso, se invece ci avesse attaccato Ljubljana ci avrebbe difeso Sarajevo.

Cosicchè noi siamo sempre riusciti – in quel labirinto e nelle loro risse – a resistere e a creare davvero il primo, non posso dire proprio indipendente, ma il primo giornale un po’ più emancipato, rispetto a quel potere monopartitico che esisteva allora.

Noi siamo stati veramente l’unico giornale che sin dall’inizio si è dichiarato contro Slobodan Milosevic. Non siamo mai stati accusati di anti-comunismo, di anti-jugoslavismo, qualche volta lo siamo stati di unitarismo e, qualche volta perfino di nazionalismo, benché ci si battesse soprattutto contro quest’ultimo.

Stanislav Stasa Marinkovic morì relativamente presto e quello fu un duro colpo. Tuttavia siamo rimasti aderenti al suo orientamento anche in seguito, quando fu nominato al suo posto Manojlo Vukotic e dopo Vukotic, Slavko Curuvija, e dopo ancora Gordana Logar. Così durò fino alla fine del 1994, quando il potere di Milosevic decise di buttarci fuori e di occupare l’edificio di ‘Borba’. A quel tempo nacque la cosiddetta ‘Brcinka’ (intesa come la redazione di Brcinak, ndt), perché arrivò Dragutin Brcinak a rilevare il giornale e ne divenne il caporedattore, mentre noi, insieme con un businessman di Novi Sad, fondammo ‘Nasa Borba’.
‘Nasa Borba’ iniziò ad uscire nel febbraio 1995. Tuttavia constatammo immediatamente che quell’uomo era un imbroglione, un ladro e che non gli interessavano affatto i media in quanto tali, ma piuttosto il modo in cui poteva arricchirsi.

Pertanto, dopo soli sei mesi dall’uscita di ‘Nasa Borba’, iniziammo uno sciopero che ci portò al licenziamento. Ma un’altra dozzina di persone del nucleo del giornale e gli uomini più importanti della Borba ‘di Stasa’ ci diedero il loro appoggio, così che fummo pronti per iniziare insieme l’avventura che ci avrebbe portato alla creazione del nostro giornale.

Tra questi Gordana Logar, che fu l’ultima caporedattrice di ‘Borba’ prima che Milosevic se lo ‘prendesse’ e la prima caporedattrice di ‘Nasa Borba’, poi Ivan Torov, Nikola Burzan, che purtroppo è morto due anni fa, Radivoj Cvjeticanin come vice caporedattore, ed io stesso pure in qualità di vice caporedattore.

Iniziammo così con la preparazione del nuovo giornale. Ricevemmo l’aiuto del Sindacato ‘Nezavisnost’ (UGS) e in quella sede ci stabilimmo provvisoriamente. Tuttavia avevamo un problema, un ‘piccolo’ problema irrisolvibile, ossia il denaro. Noi ovviamente non prendevamo lo stipendio e quando iniziammo a riceverlo era veramente basso.

Il sindacato oltre alla sede ci mise a disposizione il telefono, ma ovviamente non era sufficiente.
Ci rivolgemmo poi in cerca di aiuto a molti soggetti, a diverse organizzazioni non governative, sia straniere che locali, ma fino alla fine del 1997 non avevamo neanche un dinaro. Non avevamo nemmeno un computer. In realtà l’unica cosa di proprietà era il mio computer di casa, un ‘286’.

A quel tempo il Norvegian People Aid ci diede centomila marchi tedeschi. Noi avevamo calcolato che avremmo potuto iniziare se avessimo avuto almeno 300.000 marchi. Ciò significa che ricevemmo solo un terzo del denaro necessario, oltre a qualche altra promessa, rimasta tale.
Era anche il periodo in cui la Banca Popolare della Jugoslavia (NBJ) prese una decisione secondo la quale tutte le ditte che possedevano sul conto corrente un qualche capitale in valuta straniera, dovevano utilizzarlo nel corso dei successivi tre mesi, altrimenti la NBJ aveva il diritto di disporre di tale denaro e di restituirlo – secondo il corso ufficiale – soltanto nel momento in cui la ditta stessa ne avesse avuto bisogno. A quel tempo c’era già una grossa differenza tra il corso ufficiale e quello non ufficiale.

Se avessimo lasciato trascorrere quei tre mesi, la NBJ avrebbe preso i nostri 100.000 marchi tedeschi e non avremmo certamente più potuto – nel caso il progetto del giornale non fosse decollato – restituirli ai donatori, e comunque, anche qualora si fosse deciso per l’inizio dell’attività, a quel punto i soldi che ci sarebbero stati restituiti dalla NBJ non sarebbero più stati 100.000 marchi, ma 50.000 o 60.000. Fu così che prendemmo quella rischiosa decisione di iniziare ad ogni costo. E fu, diciamo, come se due persone fossero uscite a cena all’Hotel Hajat con due dinari in tasca e avessero ordinato aragosta e il miglior champagne francese.

Per fare alcuni esempi, all’epoca a Belgrado iniziò ad uscire il quotidiano ‘Blic’ e prima ancora che uscisse il primo numero avevano già speso tre milioni di marchi; a Zagabria all’incirca in quello stesso periodo partì il quotidiano ‘Jutarnji List’ e anch’essi prima che uscisse il primo numero avevano speso 12 milioni di marchi. Quindi, comparate con queste esperienze e provate a pensare come poteva apparire un giornale con un budget di partenza di 100.000 marchi tedeschi.
Noi ovviamente spendemmo quei soldi ancora prima che uscisse il primo numero. Con un terzo dei soldi comprammo un computer, con un terzo pagammo la prima stampa e con la restante parte affittammo lo spazio in via Jagic. Quel giorno, quando uscì il giornale, non avevamo nemmeno un dinaro.

L’inizio fu veramente pessimo, difficile. Per fortuna più tardi arrivò altro aiuto. Dapprima, nel momento più critico, ci appoggiarono per lo più i paesi scandinavi – prima di tutto Norvegia e Svezia – poi anche Soros (il Fondo per la società aperta), ed infine si aggiunsero in seguito anche la Commissione Europea e l’Unione Europea.
– Com’è oggi la situazione finanziaria? Specialmente tenendo in considerazione il fatto che ‘Danas’, durante il regime di Milosevic, è stato spesso penalizzato con multe in denaro ingenti e che tali somme sono state restituite, dopo il cambio del regime, senza gli interessi?
Senza interessi e non tenendo in considerazione la differenza del corso attuale del denaro, il che è anche peggio. Quando ci hanno restituito i soldi hanno tenuto conto del rapporto tra marco e dinaro al momento della restituzione, ma noi nei diversi periodi avevamo avuto vari valori del corso. Ci è stato restituito solo un terzo, avremmo dovuto ricevere indietro più di 240.000 marchi tedeschi e ne abbiamo ricevuti 80.000 e spiccioli.
Il governo ha effettuato una mossa di marketing, come per dire: ecco ve li abbiamo restituiti. Ma in realtà non lo hanno fatto.

Anche adesso non siamo in una posizione migliore, perché tutto ciò che serve per mandare avanti un giornale è aumentato di parecchio. Solo il prezzo della carta non è aumentato, ma il telefono, l’elettricità, il trasporto, gli onorari, gli stipendi, invece lo sono.

La cosa peggiore è che la Serbia è forse l’unico paese in Europa che non effettua una differenziazione nella politica delle tasse quando si tratta di media e altre attività. Così qui da noi, quando si fa la grappa o quando si fa un giornale, sia quello serio che quello pornografico, si paga la stessa tassa che è pari al 20%.

In Europa invece, specialmente al nord, questa tassa è stata tolta, anche in Slovenia per esempio. E dove esiste ancora è compresa fra il 4 e il 10%, al massimo il 12%. Persino durante il periodo di Milosevic, questa tassa era del 12%, mentre ora è del 20.

Già da un anno Djelic (ministro delle finanze) ci ha promesso un abbassamento della tassa, ma come dice il detto: campa cavallo che l’erba cresce…
In sostanza, la situazione finanziaria è molto difficile e la sopporteremo con difficoltà se la tassa non verrà abbassata, e ciò non riguarda solo noi ma anche gli altri media della carta stampata.Noi abbiamo 52 impiegati, al quotidiano ‘Politika’ ce ne sono 400, al ‘Vecernje Novosti’ ce ne sono più di 300, e a ‘Blic’ circa 150; tutti i quotidiani hanno lo stesso prezzo, e tutti sono presenti nelle edicole. Una cinquantina di persone (di ‘Danas’), nonostante siano fenomenali e lavorino parecchio, non possono rendere la stessa qualità come se fossero in 400.

Quindi si tratta di seri problemi finanziari, mentre quelli politici ovviamente non esistono più. Abbiamo lottato e infine ottenuto questo status di indipendenza e abbiamo il diritto di dire a tutti quello che pensiamo, anche se ciò non significa che abbiamo sempre ragione.

– Il premio ‘Pionir slobodnih medija’ (Pioniere dei media liberi) oltre ad essere un riconoscimento internazionale cos’altro comporta?

A dire il vero non siamo abituati ai premi, fino ad ora abbiamo ricevuto solo multe e bastonate. È la prima volta che riceviamo un premio – lo ripeto sempre – la prima e per giunta internazionale. Questo premio per noi significa molto. In Serbia non abbiamo mai ricevuto alcun premio.

Bisogna sapere che tre quarti dei nostri lettori è composto di laureati, ciò significa l’élite, cioè la parte più colta di questo paese, di questa società. Sono persone che decidono in tutti i campi: dalla cultura, al business, alla politica, ecc. E’ persino meno importante l’orientamento politico dei lettori. Siamo letti, ci leggono sia a sinistra che a destra, sia nazionalisti che mondialisti. Alcuni ci leggono perché ci odiano, altri perché ci amano, ma tutti hanno il bisogno di farlo e questo è un bene.

Circa il 40% dei lettori del quotidiano ‘Politika’ ha finito l’università, un po’ meno di noi quindi, ma il problema serio che riguarda ‘Politika’ è che i suoi lettori appartengono ad una generazione di dieci anni più vecchia dei nostri. Si tratta di quei dieci anni che Milosevic ha loro rubato, si tratta di un grosso buco ed impiegheranno anni e anni per colmarlo, dovranno lottare, perché ‘Politika’ non è più un’istituzione nazionale, perché sono cresciute generazioni che hanno letto altri testi, iniziando così a considerare ‘Politika’ come l’organo della propaganda ufficiale, della provocazione alla guerra, all’odio, allo sciovinismo, ecc. Tutte cose che sono appartenute a ‘Politika’.

Per la seconda volta questo premio, ‘Pioniere dei media liberi’, è stato dato ad un media di questa regione, la prima volta venne dato a Radio B92 nel 1998. Ed è la prima volta a livello internazionale, da quando esiste questo premio, che viene assegnato ad un quotidiano. Ad ogni modo è un’ottima cosa, sia per la tiratura che per gli inserzionisti, e infine ciò che è molto importante e che ci importa di più è la reputazione del giornale. Tuttavia quest’ultima non comporta immediatamente alcuna conseguenza finanziaria, perciò ci aspettiamo che questo stato e questo governo cambino la politica nei confronti dei media.

Quali sono i piani per il futuro?

Creare una società di azionisti, introdurre il capitale straniero e far arrivare abbastanza capitale fresco per poterci sviluppare di conseguenza.

L’altra cosa molto importante è che ci indirizziamo sempre verso nuove aree tematiche e che ci rivolgiamo ad un ambito di persone con un’alta istruzione. Tuttavia questi progetti vanno pensati congiuntamente al reperimento di risorse finanziarie.

Per esempio adesso partiamo con l’inserto Nova skola (Scuola nuova), che è interamente dedicato ai cambiamenti del sistema scolastico, dalle elementari all’università. Dal prossimo autunno uscirà ogni settimana.
Sempre a partire da quest’autunno avremo anche l’inserto Evropa Danas (Europa oggi) che conterrà tutto quello che questo paese deve compiere per adempiere all’integrazione europea.

Poi c’è Pravo (il diritto), sulla riforma completa del sistema giudiziario e di tutti i problemi inerenti.

Credo che con un maggior numero di pagine riusciremo ad attirare altri lettori e probabilmente troveremo una nuova tipografia, magari a Belgrado. Adesso stampiamo ancora a Novi Sad. Siamo l’unico giornale belgradese che non stampa a Belgrado. Questo è uno dei nostri problemi, perché dobbiamo chiudere la stampa prima degli altri quotidiani a causa del tempo necessario per il trasporto fino alle piazze di Belgrado.

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