Dalla crisi alla Jugosfera del volo?

Nei cieli dell’ex Jugoslavia è in corso una vera e propria rivoluzione. Con le compagnie di bandiera in perenne rosso e l’arrivo dei voli low cost. Come resistere alla crisi? C’è chi guarda agli emiri e chi progetta un vettore regionale

30/10/2012, Matteo Tacconi -

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Montenegro Airlines (dal web)

Ventisette milioni di euro. Tanti ne ha persi nel 2011 JAT, la compagnia di bandiera serba. È solo l’ultimo dei bilanci in rosso che JAT ha inanellato negli ultimi anni. Il precedente governo di Belgrado, presieduto da Mirko Cvetković, aveva cercato di privatizzare il vettore nel 2008. Nessuno s’era fatto avanti. Due anni più tardi è partita una trattativa con Turkish Airlines e i lettoni della Baltic Aviation Systems. Fumata nera.

JAT non è l’unico vettore ex jugoslavo alle prese con buchi finanziari. Tra il 2010 e l’anno scorso anche Montenegro Airlines ha cercato la via della privatizzazione, mettendo sul mercato il 30% delle sue quote. Hanno chiesto informazioni le israeliane El Al e Arkia, più Etihad, compagnia degli Emirati Arabi. Senza però approfondire il discorso.

Ancora più traballante la situazione della slovena Adria. È finita senza acquirenti la recente asta con cui il governo, azionista di maggioranza, aveva cercato di salvarla. Così si è varata la ricapitalizzazione. Che stenta a prendere forma. A metà ottobre l’amministratore delegato Klemen Boštjančič ha infatti affermato che senza l’iniezione da nove milioni di euro promessa arriverà la bancarotta.

Il resto delle flotte è quello che è. La macedone MAT ha cessato le operazioni nel 2009, Kosova Airlines non opera voli propri e coordina il traffico su Priština e da Priština verso gli scali europei. BH Airlines, due soli vettori e una manciata di destinazioni, aveva ottenuto una boccata d’ossigeno nel 2008 con l’ingresso al 49% di Turkish Airlines. Il matrimonio è durato poco. L’investimento non ha portato utili e i turchi sono usciti dalla società. L’unica azienda che sembrerebbe reggere è Croatia Airlines, anch’essa tuttavia con le sue gatte da pelare.

La prospettiva “federativa”

Lo scorso maggio, in Montenegro, si è tenuto un vertice dei capi di JAT, Adria, Montenegro Airlines e Croatia Airlines. L’ha riportato Tim Judah, sull’Economist . L’ordine del giorno: creare un’unica compagnia regionale.

L’idea non sarebbe fantapolitica. In questi ultimi anni i paesi dei Balcani occidentali, stimolati anche dalla prospettiva di adesione all’Unione europea e dalle condizioni imposte da quest’ultima, su tutte la cooperazione regionale, hanno dato vita a progetto congiunti in svariati campi, inclusi i trasporti. L’accordo contratto nel 2010 tra Slovenia, Croazia e Serbia sulla collaborazione nel trasporto merci ferroviario, che ha abbassato da 57 a 35 il tempo di percorrenza della tratta Ljubljana-Istanbul, indica che non solo è possibile lavorare assieme, ma è anche vantaggioso.

Tuttavia, come spiegato lo scorso aprile dal sito Centre for Aviation un conto sono le intese ferroviarie, un altro discorso è la fusione dei vettori aerei, dove a differenza delle prime si pone lo spinoso tema della scelta di un hub principale. Quello più attrezzato sarebbe l’aeroporto di Zagabria, sia in termini infrastrutturali che di traffico. Ma l’eventualità di una compagnia nuova con baricentro croato scontenta Adria, JAT e Montenegro Airlines. Senza contare che Zagabria, geograficamente parlando, non è centrale, nell’ex Jugoslavia, come potrebbe esserlo Belgrado. La discussione, così, s’è arenata.

Arrivano gli emiri? 

Nel frattempo, dopo l’interesse a entrare in Montenegro Airlines, poi rientrato, si riparla molto di Etihad. La compagnia sarebbe interessata a fare un po’ di campagna acquisti anche nelle repubbliche dell’ex patria comune degli slavi del sud, dopo una serie di recenti investimenti strategici volti a incrementare il proprio pacchetto azionario in Air Berlin (29%) e Air Seychelles (39%) o a rilevare azioni nell’irlandese Air Lingus (3%) e in Virgin Australia (10%).  

Notizia credibile? Si direbbe di sì, visto che Etihad ha recentemente aperto a Belgrado un ufficio per i Balcani occidentali. Le cronache riferiscono inoltre che il governo serbo, che punta a rinnovare la flotta della JAT con 12 nuovi aerei, sgravando la compagnia dai debiti pregressi e investendo 140 milioni di dollari, starebbe cercando proprio la sponda degli emiri. Così come BH Airlines, nel suo ramo controllato dalla Federacija Bosne i Hercegovine, l’entità croato-musulmana della Bosnia. Si vedrà.

Intanto è giunta una buona notizia sul fronte Adria. Il vettore sloveno ha raggiunto un accordo con Land Rover, in base al quale metterà a disposizione voli charter per l’azienda automobilistica britannica. Il contratto vale cinque milioni di euro. Denaro che serve a tenere su la baracca in attesa della ricapitalizzazione e dell’ipotesi federativa sopra accennate o di partner strategici.

I cieli sono low cost

L’impressione generale è che nessuna delle due prospettive sul tavolo – nuova compagnia regionale o investitori – sia dotata di una particolare forza. Il fatto è che, nei cieli dell’ex Jugoslavia, c’è stata in questi anni una vera e propria rivoluzione. Moltissime compagnie low cost hanno aperto rotte. Basti pensare a Belgrado, da dove decollano o dove atterrano Niki (austriaca), Aviogenex (serba), Fly Dubai (Emirati Arabi), Sky Work (svizzera), Germanwings (tedesca) e Wizzair (ungherese).

Le statistiche indicano che i voli economici calamitano oltre la metà degli undici milioni di passeggeri che transitano, ogni anno, negli scali dell’ex Jugoslavia. Per le compagnie locali riconquistare fette di mercato appare dunque difficile, considerando inoltre che negli ultimi tempi un colosso come Turkish Airlines (32 milioni di passeggeri l’anno) ha incrementato notevolmente le proprie rotte, seguendo – viene da dire – la politica di penetrazione politico-economica inaugurata nella regione dal governo di Ankara. Turkish Airlines intenderebbe anche aprire delle tratte che colleghino gli Stati Uniti ai Balcani, con l’obiettivo di servire l’emigrazione ex jugoslava in America.

In tutto questo guazzabuglio di tattiche, concrete o ipotetiche, manca purtroppo l’Italia. L’unico paese ex jugoslavo presente nella lista destinazioni di Alitalia è la Serbia. Da Roma e Milano, se si vuole andare a Zagabria, Sarajevo, Skopje o Podgorica, bisogna spesso fare scalo altrove o appoggiarsi a uno dei rari voli low cost in servizio (diversi su Mostar/Medjugorje) o ancora, atterrare a Budapest o Bucarest e da lì proseguire sulla strada ferrata o sull’asfalto verso la meta.

I clienti, tra l’altro, ci sarebbero. Ci sono quelle migliaia e migliaia di piccoli e medi imprenditori che si sono radicati ormai da tempo nello spazio post-jugoslavo, così come un bacino di turisti sempre più interessato all’oltre Adriatico.

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