Dalla Bulgaria al mondo, sempre ricercando
Non ha la risposta pronta quando le si chiede da dove viene, ma Marta Kovatcheva sa benissimo dove vuole andare. È già direttrice di un innovativo laboratorio di ricerca e vuole formare nuove generazioni lasciando con esse il segno nella società

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Marta Kovatcheva © Anthony Kuey
Cerca nuove strategie terapeutiche per malattie croniche e oncologiche associate all’invecchiamento anche se ha meno di 40 anni. È stata selezionata come “role model” per future ricercatrici di scienza e tecnologia dall’associazione Women&Tech, anche se di role model da giovane non ne ha trovate. Dirige il programma di ricerca “Plasticità cellulare e invecchiamento” presso IFOM (Istituto AIRC di Oncologia Molecolare) a Milano, anche se non è di Milano e nemmeno italiana.
Si chiama Marta Kovatcheva e le sue origini sono bulgare, ma oggi si sente cittadina del mondo, del mondo della scienza. Lì si sente a casa, ovunque geograficamente risieda: l’importante è poter fare ricerca e trasmettere quanto è bello farla insieme, senza barriere di genere, lingua e ideali.
La biologia come scienza umana
Nella biografia di Kovatcheva si trovano studi sulla evoluzione delle cellule senescenti e sulle tecniche di rigenerazione dei tessuti. Scorrendo le sue pubblicazioni, si intuisce la sua spiccata determinazione nel voler aprire, nuove strade non solo accademiche ma anche mediche e applicative. Nonostante l’evidente longevità anagrafica conquistata dalla specie umana, infatti, Kovatcheva sostiene che “ci sia ancora molto da ricercare anche su malattie comuni come il cancro, per capire cosa si nasconde dietro il loro esacerbarsi”.
A far brillare i suoi occhi ed averla spinta fino a dove è già ora arrivata, non è un interesse puramente scientifico. Ad attirarla e motivarla, è infatti la confluenza tra medicina e società che proprio il suo campo di studi mostra in modo sempre più evidente, man mano che l’invecchiamento influisce sul PIL dei Paesi e sui diritti umani dei loro cittadini.
“Sono una biologa molecolare, amo studiare nel dettaglio come funzionano le cellule perché so che capirlo può avere un impatto trasversale sulle vite umane – spiega – potenzialmente migliorandone la qualità sia per i singoli che per la società”.
Pur avendo cambiato tante sedi, Kovatcheva non ha mai cambiato filone di ricerca e interessi e, guidata da passione ed entusiasmo, ha girato vari Paesi. Prima il Canada, poi gli Stati Uniti, e a seguire la Spagna, per poi arrivare in Italia, “ma senza particolari shock culturali, perché li avevo già vissuti tornando dall’America al Mediterraneo” racconta.
Diversità scientifica in crescita
Pur sempre muovendosi in un ambiente in cui tutti parlano in inglese, Kovatcheva ammette che in Europa ha notato maggiore collaborazione e gioco di squadra rispetto agli Stati Uniti. “Io mi sono trovata bene anche là, ma in generale c’è un ambiente più competitivo – spiega – in Italia mi trovo molto bene con tutti i colleghi, ci si aiuta a vicenda e si costruiscono progetti comuni. Se non fosse per la burocrazia. È stata ed è tuttora una sfida personale tutta italiana e aggiunge alla quotidianità un livello di stress evitabile”.
Iter documentali “made in Italy” a parte, nelle vesti di giovane ricercatrice a capo di un laboratorio scientifico innovativo, Kovatcheva riconosce con soddisfazione che, per le donne che si dedicano alla scienza, “la situazione è molto cambiata”.
“Quando ho intrapreso questa strada, davanti a me non avevo alcuna figura di riferimento, c’erano pochi esempi di donne in posizioni alte – ricorda – e non è facile credere nelle proprie scelte quando non vedi una rappresentazione di te stessa che ti aiuta a immaginare come sarà il tuo futuro”.
Vedendo sempre più donne comparire in posizioni importanti e rappresentative, Kovatcheva vuole credere nell’effetto trasformativo che questa dinamica potrà avere sulle generazioni presenti e future. “La diversità nel mondo della ricerca sarà sempre più necessaria e utile, l’unione di varie esperienze ci permetteranno di aiutare più persone, di imparare nuove nozioni e di includere tutti nelle strategie anche di cura” afferma la biologa.
Sapori gentili permanenti
Nonostante i tanti confini geografici attraversati, guarda al Paese in cui è nata, Kovatcheva ne sente ancora i sapori, quelli che ha assaggiato i primi giorni della sua vita e che istintivamente associa anche a una mentalità e a una cultura che ha portato con sé ovunque le sia finora capitato di abitare.
“L’ospitalità e la gentilezza, i valori con cui sono cresciuta sono e resteranno sempre parte della mia vita” ammette, pensando alla sua infanzia ma anche ai giorni che trascorre in Bulgaria ogni anno.
“Gran parte della mia famiglia è ancora lì, il mio Paese di origine culturalmente mi ha molto influenzato, è ancora e sarà sempre parte di me” racconta. Quando le persone le chiedono da dove arriva, però, Kovatcheva ammette di non avere la risposta pronta.
“Sento di non avere un’identità molto forte perché il mio patrimonio culturale nativo e la mia famiglia mi hanno segnato – spiega – ma tutti i luoghi dove ho man mano vissuto e tutte le società con cui ho interagito mi hanno trasformato. Oggi mi è difficile dire chi sono o da dove sono”.
Però sa bene dove vuole andare: “voglio continuare a fare ricerca e far crescere il mio gruppo laboratorio, accogliendo studenti di dottorato e di post doc per formarli – spiega – voglio contribuire alla creazione della prossima generazione di scienziate e scienziati. L’idea mi emoziona molto e penso che insieme potremo fare importanti passi avanti”.
Questo articolo è stato prodotto nell’ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell’Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell’Unione europea.
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